Il ragazzo in soffitta
- Autore: Pupi Avati
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2015
Berardo Rossi, detto Dedo “ragazzo imperterrito” e Giulio Bigi, entrambi quindicenni, vivevano a Bologna, vicino a Santa Maria della Pioggia nel medesimo stabile e frequentavano la stessa classe al liceo Minghetti. Il primo era brillante e simpatico a tutti “anche se sono di Bologna tifo Milan” ma negato per il latino, e innamorato di Olimpia. Il secondo, Giulio, timido, alto, in sovrappeso, leggeva l’Eneide come fosse “Tutto sport” e indossava brutte cravatte, si era appena trasferito con la madre da Reggio Emilia. Anche Dedo viveva con sua madre “da quando nostro padre ci ha lasciato per un’altra più giovane”, e il fratello minore autistico Follo.
“Gli voglio bene proprio perché so che non guarisce”.
All’inizio i ragazzi non sembravano andare d’accordo ma quando lo studioso Giulio aveva cominciato a dare ripetizioni allo svogliato Dedo, i due avevano cominciato a conoscersi raccontandosi dei rispettivi padri. Il papà di Giulio stava sempre in ospedale per una malattia nervosa ma “dovrebbero dimetterlo presto”, quello di Dedo “sta con una che fa i bulbi dei fiori”. Davanti ai libri di latino e alla prima risata di Giulio per una battuta di Dedo, questi aveva intuito che “sia stato lì che è cominciata la nostra amicizia”. Giulio aveva confidato al suo nuovo amico che da piccolo aveva visto pochissime volte suo papà da lontano nel giardino dell’ospedale “prima di ammalarsi era un violinista molto considerato”. Il ragazzo si chiedeva quale tipo di rapporto avrebbe instaurato con quest’uomo per lui sconosciuto che stava per tornare a casa. Ora che il padre del suo amico era tornato in famiglia e abitava nella soffitta, Giulio aveva bisogno di sostegno morale e materiale e lo sfrontato ma leale Dedo era pronto a sostenerlo.
Pupi Avati, pluripremiato regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, qui al suo primo romanzo, ha recentemente dichiarato che la scrittura, al contrario del cinema, permette la digressione. Infatti, è possibile fermare il tempo, descrivere gli stati d’animo e il pensiero. “Il mio è un mestiere di narratore” ha aggiunto il neo scrittore bolognese, che con Il ragazzo in soffitta, intenso e profondo noir, vuole porre l’accento sul male, sulla figura dell’”orco” e sull’origine del suo comportamento malvagio e negativo.
“La ragione di questo racconto è il voler cercare di capire come si diventa da grandi dei mostri” chiarisce il concetto Pupi Avati. Dopo aver regalato al suo affezionato pubblico una cinquantina di pellicole con spesso presenti la sua infanzia, la giovinezza e il suo amore per il jazz, Avati accompagna il lettore attraverso una trama dal forte impatto psicologico, dove gli effetti di un male pervasivo e tossico ricadono da padre a figlio.
“Per sempre ci sarà nella sua vita quel male a renderlo infelice”.
Narrato su due piani temporali a Trieste e a Bologna, il romanzo si rivela carico di suspense a mano a mano che si procede nella lettura.
“Voler bene è un mistero che lo capisci solo se ci pensi molto”.
Il ragazzo in soffitta
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L’ho letto quasi tutto d’un fiato e la mia ammirazione per il grande Maestro Pupi Avati resta immutata. C’è tutta la genialità del Maestro nel costruire personaggi così veri che ti sembra di vederteli accanto mentre leggi. Tuttavia la concentrazione dell’autore sul "mostro" disegnato perfettamente dalla nascita alla morte, forse fa torto a Dedo. Sarà che ho fatto l’insegnante per tutta la vita (ora a riposo), ma sento che gli è mancato qualcosa; e mentre per Giulio, pur trascurato, c’è la giustificazione di fare comunque ’parte del mostro’, per Dedo sento un pò di disagio a vederlo incompiuto. Il Maestro poi mi perdonerà se aggiungo che il finale è frettoloso: sembra un film tagliato dal montatore per ragioni di produzione.