Il realismo in Albania. La storia dimenticata (1890-1990)
- Autore: Kesiana Lekbello
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Lo so che certe cose non si scrivono. Che se le scrivi finisce che ti becchi, come minimo, del dilettante. I toni apologetici vanno bene solo per i libri benedetti da Fazio & coorte officiante, ma il fatto che questo saggio di Kesiana Lekbello sulla parabola artistico-sociale dell’Albania socialista (Il realismo in Albania. La storia dimenticata (1890-1990) (La vela, 2024) dai salotti buoni delle televisioni nazionali non passerà mai, non ne riduce i meriti.
Se l’Italia fosse pluralista anche nella diffusione della cultura “Il realismo in Albania” sarebbe un saggio da accogliere coram populo con il dovuto slancio. Lo merita. Per taglio e passo. Lo merita per i contenuti inediti, e la sacrosanta ottica marxista (Il manifesto del Partito Comunista) con cui li inquadra.
A partire dall’immaginifica copertina - di derivazione supereroica socialista – conosce il fatto suo. Per l’esattezza dei toni "accademici" che non si sottraggono a toni più cazzuti & forzuti, si merita comunque la mia lode. Per il niente che vale l’apprezzamento convinto di un minuscolo revisore storico che scrive nella patria della democrazia alla Gladio, Sismi, stragi, retorica e torture di Stato.
Ho apprezzato questo saggio - in corsa sui binari paralleli del socialismo realizzato e delle sue espressioni artistiche – al punto da leggerlo di filato, dalla prima all’ultima pagina. Nemmeno si trattasse di uno di quei gialletti regionalistici tanto alla moda (che comunque - tranquilli - non leggo).
In 312 pagine senza infingimenti, Kesiana Lekbello scrive ciò che avrei sempre desiderato scrivere sulla storia, le sue mistificazioni, e il comunismo, nel modo in cui avrei sempre desiderato scriverlo. Come quando scrive che alle latitudini occidentali la demonizzazione del socialismo reale poggia, quasi sempre, da una decontestualizzazione storica dei fatti. Non è un punto di partenza da poco. Si consideri ad esempio l’ampollosità propagandista con cui si tramanda la storia del Muro di Berlino a vantaggio ideologico delle dittature fascio-liberiste instaurate in forma di pseudo democrazie. Divago, ma nemmeno tanto. Il saggio della Lekbello prevede infatti diversi riferimenti alla ineludibile (se si parla di socialismo realizzato) e quarantennale vicenda della smantellata Repubblica Democratica Tedesca (RDT).
Già che ci sono: a proposito di finte divagazioni e di Muro. Ci fosse qualcuno interessato a conoscere la versione dei fatti secondo il segretario generale dell’ex DDR Erich Honecker, può leggersi quanto segue:
La costruzione del Muro di Berlino fu il risultato degli avvenimenti politici che si erano sviluppati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le quattro potenze alleate contro la Germania fascista erano diventate nemiche. La guerra fredda rischiava di trasformarsi in guerra calda. In Germania si costituirono due Stati indipendenti, prima la Repubblica Federale e, in seguito, la Repubblica Democratica. E i due Stati tedeschi furono incorporati in opposte alleanze militari. Tutto ciò aveva condotto nel 1961 a una situazione in cui c’era il pericolo imminente di una guerra nucleare (…) Ed è in quella situazione che gli stati del Patto di Varsavia presero la decisione comune di proteggere i confini tra il Patto di Varsavia e i paesi della NATO, e in particolare il confine della RDT, ma anche altri, con i mezzi che in seguito furono adottati. Fu certo un fatto spiacevole, che colpì molte famiglie tedesche nei loro rapporti familiari. Ma nessuno può sapere quali sofferenze sarebbero state imposte ai tedeschi e agli europei se quelle decisioni non fossero state prese. Nell’ambito delle funzioni che ricoprivo all’epoca io giudicai quella decisione corretta e ad essa mi associai. Sono dunque disposto ad assumerne la corresponsabilità. Ma non sono disposto a farmi trattare da criminale né a tacere quando i miei compagni sono trattati da criminali.
Per tornare stricto sensu al saggio di Kesiana Lekbello: l’occidente atlantista dovrebbe cominciare a riflettere su un dato di fatto: l’idea che abbiamo dell’ex socialismo reale discende quasi esclusivamente dai livorosi cahier de doleance di dissidenti. O dalle manipolazioni storiche di media genuflessi al credo capitalista, che persino fuori tempo massimo va alimentando lo spauracchio del pericolo rosso e del marxismo. Una damnatio memoria che dopo l’implosione dell’URSS ha coinvolto anche la fiorente Albania del socialismo realizzato, argomento paradigmatico e meta-storico del volume della professoressa Lekbello. Che in Albania c’è nata. E pure cresciuta. E quindi saprà bene ciò che scrive. Quando scrive:
“Gli albanesi non hanno taciuto, hanno parlato con la propria storia socialista, ma non hanno parlato con la lingua liberal-occidentale. E’ odioso pensare che qui, in Occidente, esistevano i ‘buoni’ e, dall’altra parte, nei Paesi socialisti, i ‘cattivi’. Per studiare la storia socialista in Albania bisogna considerare due fattori: il primo, un leader da solo, per quanto possa essere buono o cattivo, ha bisogno, sempre e comunque, di essere aggregato a un Paese, a un popolo; in secondo luogo, non possiamo affidarci a risposte semplici e manichee senza occuparci della complessità della realtà storica durante la quale è stato costruito il socialismo in Albania”.
Al netto di giudizi aprioristici o funzionali alla condanna, è possibile tracciare dunque una contro-storia del realsocialismo. Tracciarla sulla scorta di un’oggettività che dall’assunzione del marxismo come punto di delegittimazione del Capitale e delle sue sopraffazioni, arrivi a considerare le ombre ma anche le luci delle forme di socialismo esistite quando esistevano ancora l’Unione Sovietica e il Muro di Berlino. Fra queste espressioni di realsocialismo, quello albanese. Né fausto né infausto.
Quanto meno non nei modi assoluti con cui lo si inquadra, persino in patria. Se si considera, come concreto, il dato che dal secondo dopoguerra l’Albania vive uno sviluppo mai conosciuto prima. Un floruit trasversale in quanto artistico. Culturale. Sociale. Per mantenermi ancora e giocoforza su temi generali (il libro è puntualissimo e argomenta le sue tesi con il sostegno di analisi sociali, filosofico-politiche, storia e storia dell’arte), leggete quanto dichiarato - con coraggio contro-informativo - dall’autrice a pagina 17:
“Questo libro si pone di presentare una ricerca essenziale, chiara e puntuale, al netto delle consuete divisioni manichee. Perché la storia è molto complessa e complicata per essere distorta a proprio piacimento. Ho ritenuto necessario evidenziare le relazioni tra il corso reale della storia politica/sociale e quella artistica del mio Paese, affidandomi anche al mio vissuto; un’epoca, quella socialista, che continua a provocare discussioni e distorsioni. A oltre trent’anni di distanza, in Europea alcuni muri non sono affatto crollati, semmai sono stati sostituiti; in quest’ottica è il caso forse di interrogarsi sul perché fu costruito il Muro di Berlino e sui motivi che portarono al suo abbattimento. Secondo un documento pubblicato dal Parlamento Europeo, a fine 2022 si contavano 2.048 chilometri di barriere ai confini UE in dodici stati membri. Ma come possiamo vivere in un presente decontestualizzato che ignora la continuità della storia e non si interroga sul proprio passato recente?”
A questo punto si può evincere l’onestà di questo lavoro, parimenti di pasta fiera, sapiente, tignosa-animosa. In quanto antitetico alla lettura storica convenzionale, Il realismo in Albania si muove sui sentieri inediti del realismo artistico come espressione parallela al realismo sociale albanese, e lo fa come meglio non si potrebbe. Un saggio appassionato, che appassiona.
Il realismo in Albania. La storia dimenticata, 1890-1990
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il realismo in Albania. La storia dimenticata (1890-1990)
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Che bella recensione!
Anche io sto leggendo il libro e ne sono entusiasta!
Comprata da poco e come scrive Bonanno è veramente una storia che colpisce per la sua autenticità faccio i miei complimenti alla autrice
Mi auguro che possa essere valutato e divulgato come lo merita!