Il senso del blu
- Autore: Maurizio Maletti
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Ecco a noi, Il senso del blu (Epika Edizioni di Valsamoggia, Bologna, aprile 2024, 228 pagine), opera seconda sempre più originale e irresistibilmente schizzata di Maurizio Maletti.
Mamma mia, che romanzo. È un po’ come salire e scendere sulle montagne russe, ma la corsa vale il costo del biglietto e l’impegno di compierla. Come far capire perché andrebbe letto-fortissimamente-letto?
Come spiegare che libro sia? “Uno e non centomila”, uno come se stesso e basta, mica come altri, ancora meno uno come tanti. Innanzitutto, è zeppo di illustrazioni, schemi grafici e disegni, pagine intere che contengono solo schizzi in bianconero.
Non mancano facciate con testi rarefatti, poche battute criptiche, frasi scandite sui fogli bianchi, qualche decina di parole in tutto, quando sono tante. Che dire degli io narranti, più d’uno ad alternarsi, nei capitoli che non narrano in terza persona (ci sono anche quelli). E i codici cifrati in appendice, sotto l’indicazione:
“per il Trocadero, caso mai riusciste ad entrare”?
E gli insetti Arachnocampa? E la locuzione latina “Adde donec dives in uno”?
Tutto a cominciare dall’astrusità del titolo del romanzo stampato nella seconda metà bassa del frontespizio, non in alto sotto il nome e cognome dell’autore, come da prassi tipografica.
Comunque la pensiate, si tratta di un thriller. Non convenzionale, su questo non c’è dubbio. Anticonformista, tanto quanto l’autore. Testo, illustrazioni, immagine di copertina sono di Maurizio Maletti, ch’è anche disegnatore e curioso di natura, a quanto confessa. Classe 1974, inventore di numerosi brevetti internazionali. Ha lavorato esplorando le sfumature delle arti visive, da quelle artistiche alle progettuali. Alcuni risultati sono nel Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne di Bagnacavallo (Ravenna) e nella raccolta Achille Bertarelli, a Milano.
È al secondo prodotto narrativo, dopo Un Canto di Demoni, sempre per Epika, nel 2021. Sulla pagina Facebook, aggiunge le sue attività “nelle molteplici sfaccettature”, disegno, progetto, pittura, brevetti, segno, prodotto.
Si direbbe si aggiri in una specie di universo personale, mai quanto il suo personaggio principale, primo motore “immobile” dei pensieri e azioni nel romanzo.
Quando tutto comincia, Antonio Basso è un uomo grande e grosso. Ha una moglie, Alice (che ama), una figlia unica maggiorenne e un gattone adorato, Major, con una gran testa idrocefalica, forse malato, certamente pigro.
Assume cinque pillole al giorno. Non il padrone, il felino. Raccoglie informazioni e sviluppa conti, non il gatto, Antonio. Vuole mettere su un locale. Si è licenziato per aprire una specie di pub in cui bere, ascoltare musica e vendere vecchi dischi in vinile da collezione. Tutta la famiglia appoggia l’idea. Fatto sta, che da quando è rimasto a casa ha perso lo slancio. Ha cercato rimedio comprando un tot di integratori per trovare le energie mancanti. Ma resta svuotato. Si rende conto di pensare soprattutto al gatto, ormai.
Chi porta avanti la casa, procacciando l’indispensabile provvista finanziaria, è la volenterosa Alice, insegnante. Chiara, invece, non ha voluto studiare dopo il diploma, passa le giornate come una gatta, a sonnecchiare e guardare serie televisive. Cerca lavoro ma non lo trova, come il gattone cerca topi ma non li trova.
“Facciamo fatica a trovare quello che non ci appartiene”.
Si è messa con un venticinquenne brufoloso, dal nome orribile, Gianleandro, e un’aria che ad Antonio non va affatto giù, non solo per l’ovvia gelosia paterna nei confronti della figlia femmina: da quando lo frequenta lei sembra cambiata, saranno paranoie, però lui la vede proprio così.
Si sappia che a sua volta Gianleandro nutre sentimenti malevoli nei confronti di Antonio.
La telefonata della Polizia arriva poco prima dell’alba:
“Signora, l’abbiamo trovato”.
Il salto avanti temporale non è così brusco nel romanzo (almeno in questo Maletti è innocente), ma qui serve a dare un po’ di nerbo alla recensione, di per sé stentata.
L’ispettore Scarpa raggiunge casa Basso per fornire notizie sullo stato di salute di Antonio e ricavarne sul suo conto. È vivo, rinvenuto a un paio di chilometri, in mezzo al bosco, con indosso una giacca sul pigiama. Segni avanzati di ipotermia, una gamba spezzata e una commozione cerebrale, per avere battuto violentemente il capo cadendo. Tanto sangue. È ricoverato nell’ospedale traumatologico di Torino.
Correva, da solo, in pigiama, di notte, così forte da cadere rovinosamente e riportare seri traumi. Chi legge sa già a questo punto che la versione di Antonio è diversa, meno riguardo al trauma, tanto per le circostanze (è uscito per seguire il gattone, insolitamente attivo, attratto da qualcosa).
Familiari e ispettore cercano in casa particolari utili. Alice nota una stranezza, ha trovato un cassetto della scrivania pieno di scatolette, mousse di pesce, dadini di carne, crocchette.
Altro salto indietro, all’inizio del romanzo. Esprimendosi in prima persona, qualcuno dice di usare solo il naso per comunicare con gli altri, inquadrato da quattro telecamere collegate a una sedia elettromeccanica. Bastano movimenti piccolissimi per far comporre lettere sopra un piccolo schermo, che diventano parole, poi frasi. Volendo, una voce computerizzata trasforma il testo in sonoro, consentendo brevi conversazioni.
Pur non potendo alzarsi e muoversi da solo, la sedia gli permette di andare in giro per casa, la robotica e le risorse tecnologiche favoriscono una certa indipendenza.
“La mia è una condizione davvero particolare. Mi aggiro in una specie di universo personale in cui tutto arriva ovattato”.
C’è tanto da risolvere in questa storia, un thriller. Il “disabile” insiste che tutto è cominciato con un gatto.
Il senso del blu
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