Il sonno della ragione di Mavie Carolina Parisi

Mavie Carolina Parisi, pluripremiata, sempre attenta alla scrittura al femminile è giunta al suo quinto romanzo “Il sonno della ragione” (L’Erudita, 2019) in cui ha creato un personaggio femminile che seguirà un percorso lungo, doloroso e che guidato da un terapeuta scoprirà molto di se stessa.
Come la famosa acquaforte del pittore spagnolo Francisco Goya il sogno della ragione genera mostri, rimorsi, lati oscuri, ma con uno stile limpido, evocativo e una costruzione psicologica attenta, Mavie Carolina accompagnerà per mano, lungo un percorso di analisi del tutto anticonvenzionale, la sua meravigliosa protagonista, Rebecca. Nel romanzo sarà l’abile terapeuta Ruggero Macis che aiuterà Rebecca a scoprire e rimuovere memorie intrappolate da troppo tempo nel suo inconscio, paure e ossessioni che l’hanno limitata e che sono anche dopo la terapia, troppo dolorose, per essere rivelate.

L’anima di una donna, di fatto metafora e simbolo di tante donne e forse o meglio sicuramente della stessa autrice, è al centro di questo romanzo profondamento psicologico, emotivamente introspettivo. In questo intenso volume ci sono luoghi della mente, ci sono ripostigli impenetrabili, ci sono ansie, angosce incontrollabili. Eppure Mavie Carolina Parisi con dolcezza e fermezza ci guida in questi luoghi, in questi labirinti, rivelando non solo l’anima di Rebecca, ma anche la sua, ma anche la nostra. Ancora una volta la scrittrice sceglie di raccontare una donna e di esplorare in punta di piedi quel sottile confine che separa la cosiddetta normalità dal turbamento dell’anima e della mente.
Rebecca è un medico che a causa di alcuni disturbi è stata costretta a lasciare il suo lavoro di ricerca in un laboratorio americano e ritornare a lavorare in Italia in un centro che si occupa di tossicodipendenza. È uno spirito inquieto, alla ricerca del suo passato che ha rimosso, di un sé più coraggioso che mille paure e incertezze ha nascosto. Come ha detto la stessa autrice in un’intervista anche in questo mio ultimo romanzo:

mi occupo dell’intricata grammatica mentale, un argomento talmente complesso e dotato di tantissimi angoli di osservazione e altrettanti modi di affrontarlo che parlarne non è mai abbastanza. Non so se in geometria un solido dalle mille facce abbia un nome, ma questo è. Nel sonno della ragione mi occupo del rapporto tra il terapeuta e il paziente, di quanto sia importante e fragile la relazione di reciproca fiducia, un filo attraverso cui scorrono emozioni in entrambi i sensi di percorrenza. Rifletto su come sia comunque un collegamento tra due esseri umani che necessariamente risulta sbilanciato con tutto quello che questa consapevolezza comporta. Esiste poi un muro che a volte diventa insormontabile e che paradossalmente è costruito dallo stesso paziente e consiste nella reale voglia di “guarire”.

“Il sonno della ragione” è una lettura intensa che fa riflettere e molto sulla vita, sull’essere donna, su tutte le paure reali o da noi stesse create, sui dolori subiti e combattuti, su qualcosa che ci è successa nel passato e che abbiamo il sacro santo diritto di non raccontarla neanche a noi stessi.