I catto-comunisti ci sono sempre stati, qualcuno di loro ha persino saltato il fosso della lotta armata... e vabbè. I ciellini, idem: il loro leader di riferimento all’epoca praticava l’astinenza e non avvistava ancora ufo a zonzo nei cieli della Lombardia... e ancora vabbè. Al tempo della secolarizzazione galoppante tra fedeli fai-da-te, atei devoti, credenti-non religiosi, neo-papisti e corvi in Vaticano, si rischia di smarrire la bussola (e chi ci capisce è bravo) anche nel rapporto con la fede. Da agnostico (non devoto) quale sono, mi sono spesso chiesto se il problema della coerenza all’ideale religioso abbia turbato mai il modus vivendi di un buddista o un musulmano, in altre parole se tanto autarchismo nelle pratiche di fede non sia riconducibile alla vexata quaestio dell’anomalia-italiana.
A tentare una minuziosa mappatura della costellazione cattolica ai tempi del Vatileaks provano adesso i giornalisti Francesco Anfossi e Aldo Maria Valli. Il loro “Il vangelo secondo gli italiani” (San Paolo, 2013) è un opportuno viaggio al termine della notte della fede cattolica (e forse della chiesa), tra interviste, citazioni, riflessioni, testimonianze dal “di dentro”, tra i rivoli di una dottrina sempre più a misura individuale, smontabile e rimontabile, a seconda del caso e/o delle necessità. Entrambi gli autori sono credenti e ne discende un taglio di parte ma mai oltranzista o fazioso; l’inchiesta è partecipata però obiettiva, luci/ombre come si conviene a un’indagine seria. Si legga, per esempio, quanto dichiara padre Ugo Sartorio a pag. 92:
“Due dita di nirvana, una spruzzata di animismo, una buccia di cattolicesimo, un pizzico di islam ed ecco servito un fresco e corroborante coktail religioso! Forse non siamo ancora a questi estremi di contaminazione, ma il fai-da-te ha ormai preso il sopravvento, anche in casa nostra”.
Mi sembra un ragionamento quasi apodittico, la registrazione di uno stato “di fatto” che dovrebbe indurre a riflessioni piuttosto che a indignazioni. E come contraddirlo, del resto, dato che anche all’interno di quell’85% che nei sondaggi dichiara di credere è sempre più diffusa la fede “a modo proprio” (no pratica religiosa, no confessione, tolleranza riguardo al sesso extraconiugale e al rampantismo), declinata spesso nella morale doppia e tripla di alcuni politici (cattolici e razzisti al contempo, parimenti fedeli e bon vivant), nell’esponenziale diserzione dei culti religiosi, nella profonda crisi delle vocazioni, negli 007 in Vaticano e chi più ne ha più ne metta.
L’attuale stato delle cose, insomma, ha ben poco a che vedere con l’opera del diavolo e molto col lassismo, col generale decadimento della morale e dei costumi. Come denunciano opportunamente Anfossi e Valli, è andato perso il “timore di Dio” (in assenza del quale tutto diventa lecito, possibile, alla portata): anche sulle questioni di fede (dopo quelle della politica) siamo regrediti in massa a uno stato immaturo di puro es (puro istinto), auto-indulgente, narcisista, refrattario alle regole. Amen e che - in futuro - Dio possa mandarcela buona, se mi passate la boutade.
Il vangelo secondo gli italiani. Fede, potere, sesso. Quello che diciamo di credere e quello che invece crediamo
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