Il vecchio figlio
- Autore: Luciano Allamprese
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Edizioni Atlantide
- Anno di pubblicazione: 2022
Sul bianco della copertina del romanzo Il vecchio figlio (Atlantide, 2022) di Luciano Allamprese, compaiono un paio di occhiali da vista e un bastone da passeggio: sono oggetti che appartengono alla vita quotidiana del padre dell’io narrante, un bibliotecario che racconta, appunto, il suo rapporto con il padre, con la famiglia, con la moglie Serena.
Tre sono le parti in cui l’autore ha scandito il suo libro, tre sono le fasi della vita descritta, tre i personaggi della storia: il Capitano Rocco Ballaruccio, ufficiale dell’esercito di scarsa carriera ma di fedeltà indiscussa allo Stato, il figlio primogenito, diverso dagli altri, una sorella e due fratelli gemelli, e la moglie Serena, che irrompe nella vita sua e della intera famiglia contribuendo a destabilizzarne i membri.
La componente più convincente e meglio riuscita del libro è la ricerca linguistica, lessicale, grammaticale, sintattica, stilistica che il professor Allamprese, insegnante in un liceo, riesce a far diventare “racconto”. Nel descrivere l’infanzia del narratore ci imbattiamo in una serie di luoghi comuni, topoi, abitudini mentali, vezzi linguistici, proverbi, sentenze, modi di dire e di atteggiarsi, di mangiare e di vestirsi, di festeggiare le ricorrenze, nei quali è facile ritrovarsi. Il personaggio del padre/Capitano/padrone di moglie e figli è certamente parossistico e a tratti caricaturale: tuttavia non manca una dose di ironia, nello scrittore, che, usando il carattere corsivo, mette in evidenza un lessico piccolo borghese di una famiglia dai modesti orizzonti, dai pochi viaggi, dalla scarsa cultura. Tutte le figure retoriche contenute in un manuale di stilistica, ossimori, metonimie, metafore, iperboli, compaiono sottolineate da Allamprese con una certa bonomia, quasi a giustificare la figura tratteggiata con ampiezza del Capitano, che ha un solo cappotto, quello della divisa, e un solo paio di occhiali, sempre quelli.
I meccanismi psicologici, il risparmio, la paura delle malattie, la scarsa fiducia nei medici, il rigore morale, la scarsa considerazione per la moglie, incapace di affermare la propria personalità, devota e sottomessa a questa improbabile gerarchia familiare, una malcelata misoginia, mostrano un ritratto delle famiglie italiane della fine degli anni ’50 fino al boom economico successivo nel quale è facile ritrovarsi tutti.
Moltissime locuzioni, abitudini, rimproveri, proverbi, sentenze, citazioni latine me li sono sentiti risuonare come da un’eco lontana, come un leit motiv che anche io ricordo di aver ricorrentemente ascoltato durante l’infanzia, a casa e a scuola.
Il secondo personaggio, l’amata da sempre Serena, ci porta in un altro tempo e in una diversa atmosfera. Lei era divorziata, madre di una figlia, libera, nevrotica, disinibita, fumatrice e bevitrice incostante: malgrado molti tentino di dissuadere il protagonista, a cominciare dal padre, i due si sposano. Rapporto difficilissimo, destinato a concludersi presto, ma nondimeno molto interessante per i suoi risvolti nella vita futura del narratore: Serena non farà che sottolineare la somiglianza di suo marito con l’odiato padre, mettendone in evidenza le manie, le abitudini, in una sorta di progressiva identificazione con quel modello di maschio così contestato e aborrito.
Nell’ultima parte, quella che dà il titolo al libro, padre e figlio vivono insieme, stabiliscono rituali ripetitivi, e non si sa chi dei due sia più vecchio o invecchi prima.
Un romanzo familiare acuto nell’analisi dei comportamenti, attento ai dettagli di una vita come tante, banale, a tratti sconcertante nella sua ripetitività, che Luciano Allamprese racconta con un taglio linguistico assolutamente eccezionale. Abituato a correggere i compiti degli studenti? Le sue sottolineature sono notazioni linguistiche intelligenti, stimolanti, alla fine molto divertenti.
Il vecchio figlio
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