In guerra con la Terza Armata
- Autore: Augusto Vanzo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Vanno avanti solo perché spinti dagli ufficiali. Quando questi cadono, è finita. Sbandano, si ritirano.
Il generale Augusto Vanzo non aveva una grande considerazione del fante italiano, già nei primi anni della Grande Guerra. Esterna i dubbi in alcune delle pagine dei suoi diari dal fronte, raccolti a cura di Andrea Saccoman nel volume “In guerra con la Terza Armata”, pubblicato a novembre 2017 dalla casa editrice bassanese Itinera Progetti (400 pagine 22.50 euro, con 30 fotografie in bianconero e 12 cartine in un inserto centrale).
Una pubblicazione di notevole interesse, visto che si tratta dell’unico contributo diaristico a firma di un alto ufficiale: un resoconto diretto, in tempo reale, delle conseguenze delle scelte tattiche e strategiche dei Comandi.
Vanzo (1861-1932) era Capo di Stato Maggiore dell’Armata italiana impegnata sul Carso. Lo è stato dal luglio 1915 al giugno 1917, quando assunse per due mesi il comando del XXVII Corpo d’Armata sulla Bainsizza. È quindi il reportage fedele delle azioni osservate da un punto di vista privilegiato, quello del protagonista delle decisioni sul campo, dato che il comandante della Terza, il Duca Emanuele Filiberto, un Aosta cugino del re, lasciava fare ai militari di carriera e non interferiva nella loro condotta, consapevole di non essere un tecnico.
Altro aspetto che rende utile questo documento storico è la contemporaneità delle annotazioni rispetto ai fatti. I diari (di tre anni, dal 1915 al 1917) sono stati redatti in corso d’opera. Non si tratta quindi di memorie a posteriori, scritte a distanza di tempo e rappresentano l’unico esempio di contributo diaristico offerto da un comandante di grado tanto elevato.
Il curatore, Saccoman, docente di storia alla Bicocca di Milano, spiega che i diari, contenuti in dodici quaderni manoscritti, erano stati redatti a futura memoria e riservati dal generale ai propri cari, nel caso in cui soccombesse alla guerra. In questo appartengono quindi alla memorialistica spontanea dei combattenti, gli ufficiali e soldati acculturati, più che alla pubblicistica postbellica alimentata dai colleghi del gen. Vanzo. E sono rimasti in custodia alla famiglia per 85 anni, fino alla pubblicazione nel 2017, in questo volume Itinera Progetti.
Era un tecnico (formato nell’Accademia di artiglieria di Torino), preparato però a combattere una guerra più antica e ben diversa da quella di trincea, come tutti del resto. Se non altro, aveva ben chiara l’esigenza di sostenere lo sforzo delle fanterie con l’impiego dei cannoni. Ripete spesso che se le munizioni dei grossi calibri scarseggiano, non c’è azione che tenga.
Con lui la storia è stata ingrata, accreditandogli per errore una frase mai pronunciata (i reticolati si sfondano con i petti), mentre invece era ben consapevole dell’importanza del fattore umano, pur irtenenedo di avere sotto mano soldati dai quali non c’era da attendersi grandi cose.
Anche sulle posizioni conquistate, se vengono a mancare gli ufficiali la truppa, perde coraggio, si volta indietro, si ammassa in ritirata e viene fatta a pezzi dall’artiglieria nemica, che sfrutta l’ammassamento dei fuggitivi.
Questo, fin dai mesi iniziali di un conflitto lungo e doloroso. Dopo le prime due offensive sul Carso, sanguinose e improduttive nell’estate 1915, annotava che i soldati avrebbero bisogno di un po’ di tregua, decimati ed esauriti dalle fatiche. Ma ciò che più servirebbe a quelle truppe, insisteva, sono i loro ufficiali rimasti sul campo a decine e decine, vittime del dovere.
Le pagine del 1916 alternano la seria preoccupazione nelle settimane di arretramento fino quasi alla pianura vicentina (per effetto dell’attacco austriaco dal Trentino, la Strafexpedition) alla soddisfazione nelle brillanti giornate dell’agosto, che fruttano all’esercito italiano la conquista di cime contese per oltre un anno davanti alla piazzaforte di Gorizia e l’occupazione della città redenta. La prima e unica liberata prima della vittoria finale nel novembre 1918.
Sabotino, Podgora, San Michele, quanti successi in pochi giorni, ma Vanzo registra anche la stizza del generalissimo Cadorna per l’incapacità di Capello di lanciare truppe fresche (che non c’erano) contro le alture che sovrastano Gorizia sull’altra sponda oltre l’Isonzo.
Quello che non registra è la rabbia dello stesso Capello nei suoi diretti confronti, quando nell’agosto 1917 Vanzo era stato alla testa del XVII CdA.
Scrive Lorenzo del Boca che nell’avvio dell’XI battaglia la rottura di tre ponti isontini fece ammassare le truppe di Vanzo e Caviglia in un viluppo tale, che quando si districarono presero tutte per il sud, mentre quelle del generale veneto avrebbero dovuto procedere in direzione est, semmai nord est. Capello rovesciava ogni genere di vituperi su Vanzo, telefonando anche 28 volte al giorno, senza che questi venisse a capo di nulla. Lo sostituì con Badoglio, ma l’enfant prodige concluse indolentemente che non si poteva far nulla, che l’attacco andava sospeso. Ma a dire così sono buoni tutti, pensava Vanzo. La sua tesi sull’episodio? Fatalistica.
In guerra con la Terza armata
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