Io e Pasolini di Anton Giulio Onofri

Quando è morto Pier Paolo Pasolini, Anton Giulio Onofri aveva quindici anni, apparteneva a una famiglia agiata ed era nel pieno della sua adolescenza, vissuta nella ricerca della sua soggettiva identità sessuale, gli studi di formazione e la voglia di partecipare alla vita culturale del Paese. Autore, regista, sceneggiatore e critico cinematografico, nato il 30 dicembre come me, scrittore raffinato e colto, un uomo dai mille talenti, intenditore d’arte e della grande musica, è in libreria con Io e Pasolini (Corrimano, 2022), suo ultimo lavoro.

Cosa lega il nostro autore a Pier Paolo Pasolini? In questo suo breve scritto, circa cinquanta pagine, Onofri raccoglie il suo ricordo personale e intimo legato agli anni della sua adolescenza nella tragicità della morte di uno dei nostri più grandi intellettuali, del quale il giovane Anton Giulio leggeva gli articoli sul “Corriere della Sera” e, come me, rimaneva affascinato dal suo naturale carisma quando era ospite di programmi di una televisione in bianco e nero.

“Era una bomba. Anzi, un lanciafiamme che sputava violentissime lingue di fuoco. Ma con una gentilezza da Santo grottesco. Qualunque cosa dicesse, suonava come vera, esatta, ineluttabile... Possedeva la lucidità che gli permetteva di arrivare a ratificare verità incontrovertibili”

Un messaggio inviato da un suo amico con la richiesta di un’opinione su Pasolini, “il suo Pasolini”, in occasione del centenario della nascita dello scrittore friulano, ed ecco che la narrazione del nostro autore prende forma, le parole creano ricordi sovrapponendo pensieri, richiamando alla memoria la sua giovinezza e le sue scelte di vita. Quando venne ucciso la domenica del 2 novembre del 1975, massacrato di botte e travolto più volte dall’auto con la quale si era recato in periferia, Anton Giulio rientrava con la sua famiglia da fuori Roma e al telegiornale venne data la notizia della morte per mano del giovane Pelosi annunciata con la frase, “lo scrittore voleva avere rapporti con lui”.

Pasolini, scrive Onofri, della sua omosessualità non ne aveva mai fatto mistero, a differenza dei tanti personaggi politici e dello spettacolo. Negli anni nei quali gli italiani votarono per il divorzio, lo scrittore entrava e usciva dai tribunali, veniva di continuo processato per oscenità e condotta scandalosa. “Chi è stato Pier Paolo Pasolini per un omosessuale come me?”, si domanderà Onofri. Pasolini era un fine intellettuale, polemico, passionale, disubbidiente, pronto a contrastare in pieno regime democristiano, la morale del tempo. Il mondo proletario era la centralità della sua narrazione, la borgata il suo paesaggio antropologico. I consumi e il loro avvento avevano trasformato le città sempre più uguali tra loro, l’originale bellezza, la purezza, come nelle persone era andata perduta. E quel suo intimo credo politico, etico e poetico lo rese scomodo e reazionario.

Il legame con Pasolini, Onofri lo scoprirà nel corso degli anni, da bravo ragazzo borghese a uomo maturo dai canoni estetici non predominanti, dall’amore per le arti alla lettura, dagli amori fugaci alla passione per i ragazzi schietti e sinceri come li amava lo scrittore, puri e incontaminati.

“Pasolini lo ha sempre detto e scritto: in questi ragazzi ritrovava quella schiettezza italiana pura, incontaminata, che la modernità andava cancellando in una popolazione sempre più imborghesita e ignorante. Questo cercava nei suoi ragazzi, Pasolini: un’autentica, primitiva virilità. Non l’omosessualità."

Aveva saputo denunciare l’Italia neocapitalista del boom economico, con la sua vita diventata la propria opera, e con le sue riflessioni tra decadentismo e simbolismo che nascevano e si concentravano sui corpi degli amati ragazzi. Ed ecco che con “il suo Pasolini”, il nostro autore tra arte e classicità, tra Proust, Rilke e le pagine Corsare, confiderà a se stesso la sua intima ricerca dell’amore, ricordando di Pier Paolo con quanto appetito insaziabile divorasse la sua esistenza.