Io sono Medea
- Autore: Claudia Mazzilli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Medea è da sempre il simbolo della donna barbara in una terra che presume di essere civile ma è sostanzialmente inospitale: è la madre che diventa infanticida quando è abbandonata da Giasone, il quale le preferisce per opportunismo Glauce, la figlia del re di Corinto. Così l’hanno cantata i poeti antichi. Ma il mito di Medea ha affascinato anche scrittori più recenti, come Pier Paolo Pasolini (che attraverso Medea ha decostruito il mito del progresso nella società capitalista) o Christa Wolf che, nell’archetipo di Medea (in Medea), traccia in filigrana la difficile integrazione tra le due Germanie dopo la caduta del muro di Berlino. Medea è anche, nella psicanalisi, il simbolo della negazione della maternità, variamente interpretato.
Nell’originale riscrittura di Claudia Mazzilli, Io sono Medea (Nulla Die edizioni, 2021, pp. 151), Medea è una donna che non ha mai avuto figli, perché la separazione da Giasone è avvenuta dopo pochi mesi dal matrimonio ed è stata indolore. Giasone si è costruito una famiglia con Glauce, figlia di Creonte, suo socio d’affari nel settore alberghiero e in un subappalto che consente il transito del cobalto dall’Africa ai mercati internazionali attraverso il porto di Atene, il Pireo, gestito dai cinesi. Intanto la Grecia è diventata terra d’approdo dei migranti provenienti dall’Africa e dal vicino Oriente.
Medea ci svela a poco a poco la fragilità delle sue relazioni sociali nella cittadina della Grecia nord-orientale in cui vive: l’atteggiamento dei Greci nei suoi confronti è di benevola ma invadente censura, perché Medea non ha figli e ha rinunciato a farsi una famiglia.
Claudia Mazzilli, attraverso il mito di Medea, denuncia la stigmatizzazione delle donne non madri e decostruisce lo stereotipo della maternità come vocazione massima e naturale della donna: uno stereotipo sessista, frutto della genitalizzazione esasperata dei generi maschile e femminile.
Dopo vent’anni dal suo arrivo in Grecia, Medea è ancora barbara come chi è appena approdato, perché non è madre: è impermeabile a familismi e nazionalismi, estranea alla trasmissione di interessi e privilegi e sottopone la nostra società a una critica radicale.
Medea è chi si dedica all’intera famiglia umana e non solo al benessere della propria prole a discapito di popoli sfruttati e messi ai margini della storia. Tutto questo ce lo racconta la protagonista in prima persona, con un linguaggio che prima è pacato, come in un’esposizione diaristica, per poi deragliare nell’incubo e nel visionario, con un finale catartico che, da questa Grecia pop, vacanziera ma lugubre, interroga chiunque aspiri a essere cittadino del mondo.
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