L’alfiere
- Autore: Carlo Alianello
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
Opera densa di significati politici, religiosi e sociali, “L’alfiere” (1942, recente ristampa Bur) è prima di tutto una straordinaria prova narrativa, per stile, poesia, intreccio e profondità di ispirazione.
Il romanzo, incentrato sulla caduta del Regno delle Due Sicilie, narra le vicende, diverse ma complementari, di due personaggi: Pino Lancia, ufficiale dell’esercito borbonico fedele al vecchio regime, e Frate Carmelo, umile francescano deciso a mondare l’umanità dal male e dal peccato. I due uomini, che alterne vicende portano a Gaeta, ultimo baluardo della resistenza duosiciliana, hanno modo di incontrarsi e conoscersi sui bastioni della Cittadella assediata, uniti dal comune destino di essere dei vinti dalla storia.
Due sono le componenti fondamentali del romanzo: quella storico-politica e quella religiosa. Alianello rilegge in chiave critica la vicenda risorgimentale e, in particolar modo, quella dolorosa del crollo del grande Regno del Mezzogiorno; lo fa attraverso gli occhi dei vinti, dei soldati borbonici che combatterono fino all’ultimo per difendere un principio (quello della monarchia di Francesco II) e il proprio onore di soldati.
L’autore, utilizzando questa prospettiva controcorrente, pur non risparmiando critiche al regime borbonico (errerebbe, dunque, chi definisse l’opera come neoborbonica!), intende far conoscere una vicenda umana e materiale volutamente negletta e non scritta nei libri di storia, quella degli uomini e delle donne che non chinarono il capo di fronte al nuovo regime imposto con le armi e la ferocia, ma che difesero fino all’ultimo le proprie costumanze, la bandiera e il proprio giuramento di fedeltà. D’altro canto, attraverso la figura di Fra Carmelo, si affaccia l’altra grande tematica dell’opera: il tormento religioso, l’ansia di emendare l’uomo dal peccato e dal male dilagante che usa come suo strumento le armi e l’odio. Intorno ai due caratteri principali, poi, si muovono altre figure, secondarie o decisive: gli ufficiali e la truppa dell’esercito napoletano, il popolino affamato, i camorristi, i nobili, il clero, il re gentiluomo e truffato, e, soprattutto, le tre donne amate da Pino: Renata (il capriccio e il tradimento), Ginevra (il senso) e Titina (l’amore puro e fedele).
Il libro è anche uno straordinario affresco dell’Italia Meridionale negli anni 1860-1861, con i suoi straordinari paesaggi, la sua umanità varia e dolente, le sue miserie e le sue glorie, le sue meschinità e le sue virtù. Nella struttura del romanzo si intrecciano elementi riconducibili ai più diversi generi (dal romanzo storico a quello di formazione, dal romanzo picaresco a quello d’amore), mirabilmente illustrati da un linguaggio che spesso travalica nella poesia.
Libro che valse all’autore il confino prima e l’oblio dopo, “L’alfiere” è un’opera coraggiosissima e controcorrente, scritta in maniera lieve ma decisa, sorretta dalla convinzione che per riscrivere la Storia bisogna esporsi a prove ben più dure del crepitio delle armi in una fortezza assediata. “L’alfiere” è uno scritto decisivo del Novecento, che tutti gli italiani dovrebbero leggere per conoscere meglio il passato (quello che i libri di scuola preferiscono non raccontare perché troppo dolorosa sarebbe la riscoperta), e per affrontare più coscientemente il presente.
L'alfiere
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Sono convinto che una bella recensione sia come una bella copertina: ti invitano ad andare oltre e a leggere il libro. Cosa che ho fatto.
Nonostante la prosa sia influenzata da leggeri rigurgiti retorici tipicamente ottocenteschi - evidentemente ancora in voga nel periodo storico in cui fu scritto il libro (1942) – e sia impregnata di un eccessivo lirismo religioso, che apparentemente potrebbero appesantirne la lettura, devo dire che nel suo insieme il romanzo presenta spunti di riflessione molto interessanti, che sicuramente arricchiscono il lettore che voglia approfondire le innumerevoli tematiche risorgimentali.
E così, attraverso le vicende dei due protagonisti del romanzo - così diversi dal punto di vista socio-culturale, ma anche cosi simili per gli ideali di libertà in cui credevano - quali l’Alfiere Pino Lancia ed il monaco Frà Carmelo, l’uno di origini lucane, giovane ed aristocratico ufficiale dell’esercito del Regno delle due Sicilie, pervaso da una salda e indiscussa fede borbonica, l’altro siciliano, sostenitore della lotta garibaldina (prima) e cappellano delle truppe borboniche (successivamente), intriso di una forte e popolaresca fede religiosa - Alianello ci racconta, in maniera appassionata, la guerra fratricida combattuta fra le truppe borboniche e quelle garibaldine. Ma ci racconta anche la “storia” dalla parte dei vinti e dei traditori che, forti dei loro ideali di libertà - i primi - e delle loro meschine opportunità - i secondi - combatterono fino all’ultimo la stessa battaglia.
Nella prima parte del libro – che io ho trovato alquanto lenta ed a tratti anche noiosa, tant’è che mi sono trovato più volte sul punto di abbandonare la lettura - Alianello si sofferma in modo particolare sui dettagli dei numerosi scontri in territorio siciliano; e lo fa attraverso la descrizione di una variegata umanità povera e sofferente, per lo più appartenente alle classi più umili e disagiate del regno borbonico, la quale si trova a dover combattere una guerra già perduta in partenza e che fa da contorno ai due personaggi principali sopra citati, i quali si alternano nelle pagine del romanzo attraverso le loro personali e parallele vicende umane e cristiane.
I due protagonisti del romanzo (che si incontreranno solo nei pressi di Gaeta, ultima roccaforte del Regno di Francesco II di Borbone), contribuiscono in maniera diversa e complementare a disegnare uno spaccato di un periodo storico molto controverso come quello risorgimentale. Pino Lancia, simbolo dell’onore militare, della fedeltà alla bandiera e degli ideali incorruttibili, è il fedele servitore di un regno in disfacimento, quello borbonico, attaccato dai Piemontesi, in nome dell’unità d’Italia; Frate Carmelo, invece, “con la camicia rossa e il cordone di S. Francesco”, emblema universale della pace e della cristianità nel mondo, è il servitore devoto di una chiesa che ha come compito spirituale quello di dare conforto e redimere dal peccato tutti gli uomini in guerra, sia quelli fedeli alla monarchia borbonica, che quelli avversi.
Il libro è pervaso da una sorta di sconsolata rassegnazione sull’esito di una guerra che appare irrimediabilmente perduta dall’esercito borbonico, guidato da generali corrotti e incompetenti, un esercito che sebbene fosse integro e ben armato, nonostante fosse molto più numeroso delle truppe garibaldine “...capitolava ignobilmente disponendosi a uscir da Palermo con armi e bagaglio”. Avvertiamo, inoltre,tra la descrizione di una battaglia e l’altra, tra una delusione ed una sconfitta, anche il tormento sentimentale di Pino Lancia per i suoi vagheggiamenti amorosi, a volte platonici ed a volte passionali, incarnati da tre donne molto diverse l’una dall’altra, che vogliono rappresentare tre differenti stati d’animo nei confronti del sentimento universale dell’amore.
Il libro vuole anche essere un’amara testimonianza sul comune sentire di un popolo, quello meridionale, che non crede più agli uomini che lo rappresentano nelle istituzioni, “perché sono tutte facce dello stesso Pulcinella”. Dietro le parole astratte di Stato e Patria, spesso si nascondono gli uomini peggiori, che si manifestano con gli imbrogli, la corruzione, i traffici illeciti, le truffe. Ma “chi è il nemico vero del mio paese?” si chiedeva Pino Lancia, “Garibaldi e i Piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino ad ora, che hanno voluto ed hanno tollerato, per i loro fini, il sopruso, il raggiro, la corruzione?”
Insomma, tutto cambia affinché nulla cambi, sembra essere l’amara conclusione; lo stesso spirito che ritroviamo in seguito anche nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, e che sembra accompagnare da sempre la storia e le sorti del nostro Paese.