L’armata di Sant’Elena
- Autore: Davide Pinardi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
“Sant’Elena, un’isola sperduta e semideserta spazzata dalle onde al centro dell’Atlantico”.
Si narra che sia stata questa la prima frase dettata allo scolaretto Napoleone Buonaparte, ad Aiaccio. Lo sostiene un esperto di scrittura creativa, Davide Pinardi, milanese, giornalista e docente di narrativa nell’Accademia di Brera. Dopo una lunga serie di saggi, testi di letteratura e viaggi, ha pubblicato per le edizioni La Vita Felice, di Milano, un curioso e breve romanzo istantaneo, in parte di contenuto ucronico, alternativo alle vere dividendi storiche, “L’armata di Sant’Elena” (luglio 2016, pp. 128, euro 14,00).
Il titolo indica chiaramente il luogo, mentre il sottotitolo, “Le ultime parole di Napoleone”, anticipa il protagonista, ma entrambi non bastano a rendere giustizia ai contenuti e alle atmosfere di un testo che si legge in un amen e di gusto, provando perfino un pizzico di tenerezza per quell’uomo non anziano - Napoleone ha solo 51 anni - ma provato dalla vita, mortificato dalle sconfitte, tormentato dal rimpianto per il potere perduto.
Alla vigilia del Natale 1820, l’ex imperatore è confinato da cinque anni sull’alto di uno sperone di roccia sperduto nell’Oceano. Con lui, una ristretta corte di fedelissimi e ben seicento militari di custodia, al comando del governatore britannico, il generale irlandese Hudson Lowe.
Nemmeno le sentinelle più coraggiose, però, osano avvicinarsi col buio alla villa di Bonaparte, perché molti testimoni, scrive Davide Pinardi, assicurano di avere ascoltato un tremendo rumore di battaglia levarsi all’improvviso, a sconvolgere il silenzio della notte tropicale nella brughiera circostante. Grida di urrà, rulli di tamburi, squilli di trombe, scariche di fucileria, boati di cannone, galoppo di cavalli. Il fragore si trasformava in un immenso coro di dolore di uomini feriti. Sembra che a questo punto Napoleone si levasse di scatto dal letto e uscisse all’aperto, lanciando rimproveri verso il buio.
“Chi si lamenta? Chi ha l’ardire di protestare per quanto è accaduto? Chi di voi osa maledire il destino? Che taccia subito! Avete scalato l’Olimpo della gloria, invaso i palazzi più ricchi d’Europa, marciato sulla testa dei re. Non ribellatevi a ciò che la Sorte ha deciso!”
Riportato un silenzio di tomba, rientrava scuro in volto.
“Devo essere severo per riportare l’ordine tra i reparti, il dilagare dell’indisciplina può essere devastante”.
Sempre nel romanzo di Davide Pinardi, si legge di un’estate australe del 1820-21 come una stagione anomala. Le eruzioni di due vulcani nel Pacifico e nella savana africana, riversando nell’atmosfera terrestre colonne di fumi e unendosi al fenomeno periodico chiamato El Nino, avevano sconvolto la meteorologia, generando una bonaccia assoluta nell’emisfero sud. Una caldissima dead calm, da ottobre a metà febbraio.
Con la propulsione a vela annullata dalla totale assenza di venti, le navi inglesi erano bloccate nei porti.
In questa torrida sospensione, mentre una coltre di vapori ristagna sul mare, tre persone si presentano nell’abitazione di Sant’Elena. Un capitano ventenne degli Ussari, figlio di un valoroso generale caduto a Marengo, la bellissima e nobile fidanzata italiana e un altrettanto giovane scienziato, Linant de Bellefonds, inventore geniale. Sono arrivati, insieme a un reparto di veterani di scorta, a bordo di un vascello a vapore, l’unica locomozione possibile in quelle condizioni di interminabile calma piatta.
Propongono all’ex imperatore una fuga. Attraversando l’Atlantico, il centro Africa, i deserti nordafricani e il Mediterraneo, si potrebbe raggiungere Parigi in tre mesi.
Come affrontare però i tanti eserciti che si sarebbero di nuovo coalizzati? Con le armi sbalorditive inventate da Bellefonds: fucili a retrocarica, mitragliatrici e carri armati o quanto meno i loro antenati nei primi dell’800.
Napoleone è tentato di accettare. Davanti ai tre giovani si erge dalla vecchiaia precoce, indossa l’uniforme preferita. Il vecchio in vestaglia e ciabatte che li aveva accolti si trasforma, per l’ennesima volta, in un dio della guerra...
Andrà con loro, riprenderà il suo posto nella storia? Tornerà sul trono? …
“la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio: due volte nella polvere, due volte sull’altar” (l’ode di Alessandro Manzoni, Il cinque maggio).
Ai lettori l’ardua sentenza, per citare sempre lo sciur Sandro.
Per finire, può valere l’ultimo accapo di un romanzo intelligente, anche ironico e brillante in certi passaggi.
“A questo punto” - conclude Davide Pinardi - “siamo ormai nel campo delle leggende, non più in quello della rigorosa ricostruzione storica quale questa narrazione è stata finora”.
L'armata di Sant'Elena. Le ultime parole di Napoleone
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