L’inferno avrà i tuoi occhi di Silvia Montemurro

“Svegliamo questo paese”.

Inquietante e terribile questa frase pronunciata fin troppe volte durante le sedute processuali da parte delle tre ragazze coinvolte nel 2000, a Chiavenna, nell’uccisione di Suor Maria Laura Mainetti, senza alcuna ragione plausibile, al di fuori di un’imperturbabile e fredda confessione di aver agito in nome di Satana.

Silvia Montemurro, promettente scrittrice e criminologa, natia di quello stesso paese, riprende questa vicenda che 13 anni fa sconvolse l’intera opinione pubblica. Ancora oggi leggere di un omicidio tanto efferato quanto insensato, se da un lato fa ribollire il sangue nelle vene per la rabbia, dall’altro lo raggela, per la paura e la consapevolezza che certe cose non possono essere in alcun modo evitate, soprattutto quando ad esserne protagoniste sono tre ragazze adolescenti. Nel romanzo, le ragazze hanno i nomi fittizi di Vanessa, Elena e Samantha, annoiate da una vita fin troppo monotona, imprigionate in un piccolo paesino senza alcuno svago, che dopo averle provate tutte, dal fumo, agli alcolici, fino alle precoci esperienze sessuali, decidono che le loro anime, per sentirsi appagate, hanno bisogno di molto di più, di andare oltre ogni limite e allora cosa c’è di più affascinante della Morte?

Ed è così che dopo aver organizzato sedute spiritiche e suggellato la loro eterna amicizia con un patto di sangue, decidono che il momento di fare l’ultimo passo è arrivato, quello che darà finalmente una scossa alle loro vite inconsistenti. Uccidono una suora. La uccidono senza conoscerla, senza motivo, scegliendola come vittima soltanto perché era una persona buona e come tale inutile per il mondo. La uccidono a coltellate, dopo aver passato le ultime settimane ad invocare demoni, ad organizzare rituali per essere davvero all’altezza di quel compito: uccidere qualcuno in nome di Satana. Ma è davvero così?

Silvia Montemurro mescola fantasia e realtà, raccontando le vicende dal punto di vista di Vanessa, che dopo 8 anni dall’omicidio torna a Chiavenna, incinta di un bambino non voluto, alla ricerca di una sorta di perdono per alleggerire il peso di quel terribile atto il cui ricordo non le dà pace. Al suo punto di vista si unisce quello di Silvia, alter ego dell’autrice, che rivive la vicenda dal di fuori, quando viene coinvolta per caso in una seduta spiritica in cui viene evocata l’anima della suora morta.

L’intreccio è ben strutturato e si basa su un linguaggio semplice ma carico di parole crude e violente che evocano senza mezzi termini il clima tragico della vicenda, unito ad una profonda analisi criminale che cerca non solo di raccontare i fatti ma anche di dare una spiegazione plausibile degli stessi. L’autrice ha rivelato di aver frequentato lo stesso istituto delle tre ragazze e di aver conosciuto di vista Suor Maria Mainetti, ricordando quando la vedeva fare la comunione alla Messa. Rivela di essere stata ossessionata per anni da questa storia, tanto da farla diventare la sua tesi di laurea, avendola vissuta fin troppo da vicino. E’ apprezzabile il suo intento di voler dare un senso ad una vicenda che probabilmente non ne ha. Emerge la volontà di spiegare la banalità del male, di capire perché ad un’età così giovane, la vita può apparire senza senso. Perché si è così tristi e vuoti da pensare che uccidere una persona possa racchiudere il significato di un’intera esistenza?

Sono molte le domande che vi farete leggendo questo libro che è tante cose insieme. Vi chiederete se si può davvero uccidere per noia o se per la banalità di questa ragione così assurda, risalga la paurosa consapevolezza che se è così facile allora può succedere a chiunque. Cosa? Di morire. Ma forse Satana era soltanto una scusa. Dietro quelle invocazioni demoniache, quei patti di sangue culminati in quell’unico ed atroce omicidio non c’era nessun Dio a cui offrire qualcosa. C’erano soltanto un paio di occhi vuoti, neri come l’abisso. Occhi in cui proprio l’inferno si stava riflettendo, ma nessun inferno soprannaturale, semplicemente l’inferno umano.