L’insegnante
- Autore: Michal Ben-Naftali
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2018
La scrittrice israeliana Michal Ben-Naftali con il suo romanzo “L’insegnante” ci consegna un libro difficile, a tratti molto inquietante, nel ricostruire la vicenda di una professoressa di inglese in una classe liceale di Tel Aviv, quella frequentata dalla stessa autrice negli anni Settanta.
“Elsa Weiss si recava ogni mattina a scuola con passo energico, marziale, ininterrotto”, “Nessuno conosceva la storia di Elsa Weiss. Pochi la chiamavano per nome. Ci rivolgevamo a lei come ci si rivolge a un generale, a uno sceriffo, o a un dignitario del quale occorre preannunciare l’arrivo”.
Poche citazioni per descrivere una donna misteriosa, appartata, solitaria, abitudinaria, fredda, apparentemente anaffettiva, mai sorridente. Gli alunni le erano tuttavia affezionati, quasi devoti, irretiti dalla originalità del suo carattere, della sua enigmatica personalità. Ma il grande disagio mentale, le manie ossessive, la sofferenza interiore senza sollievo, le costringeranno un giorno, appena uscita da scuola, a togliersi la vita gettandosi nel vuoto. Anni dopo l’alunna di un tempo, divenuta scrittrice e traduttrice, decide di indagare sui buchi neri della vita di Elsa Weiss, per sondarne almeno in parte il mistero di una vita e di una morte annunciata.
Le ricerche porteranno a pochi risultati oggettivi, e per questa ragione molta parte della esistenza di Elsa sarà ricostruita arbitrariamente. Nata in una piccola città ungherese, legata ai genitori, ebrei in stretto contatto con una comunità progressista, i neologi, e al fratello maggiore Jan, ribelle e deciso a lasciare l’Ungheria per la Palestina, ancora sotto il Mandato britannico. I vicini di casa dei Bloom sono invece ebrei ortodossi, che non hanno in troppa simpatia Elsa e la sua famiglia. Quando scoppia la guerra, gli ebrei ungheresi non si rendono conto del pericolo incombente con la invasione nazista ferocemente antisemita. Anche quando sono rinchiusi nel ghetto, Elsa e i suoi sono ancora convinti che il pericolo passerà e loro potranno ritornare nella loro casa, nella loro città. La Soluzione finale invece si avvicina, e Elsa per un caso verrà inclusa nel gruppo di circa duemila ebrei che Rudolf Kastner è riuscito a strappare ai nazisti in cambio di molto denaro. Un treno li accompagnerà in salvo in Svizzera, ma per un errore Elsa e suo marito Eric, in un altro vagone, vengono dirottati al lager di Bergen-Belsen, uno dei più feroci campi di sterminio. L’esperienza di alcuni mesi in attesa della ormai incerta liberazione, di fronte al filo spinato che la separa dai morti viventi che si aggirano nel campo, procureranno ad Elsa ferite psichiche che non si rimargineranno: perché lei si è salvata? È stata complice involontaria di Kastner, nel sopravvivere alla Shoah senza alcun merito, solo per caso?
Quando finalmente arriverà in Svizzera, riabbraccerà suo marito Eric, ma consapevole che il matrimonio, se mai c’è stato, è finito e certa che la sua nuova vita in Israele, dove raggiunge il fratello Jan che vive ormai da anni a Tel Aviv, sarà molto difficile. Elsa parla le lingue, il francese che ha studiato a Parigi, ma decide di diventare insegnante di inglese, una lingua più neutra. Nei lunghi anni dedicati all’insegnamento, riuscirà ad avere qualche sprazzo di serenità soltanto dalle sue soddisfazioni di docente:
“Evidentemente il rapporto con gli studenti era importante per lei. Era l’unica cosa infatti, a cui non aveva rinunciato”.
Ma il tarlo dell’ingiustizia della propria salvezza continuava a serpeggiare nella sua mente, scavando buchi neri nella sua psiche ossessionata dalle circostanze che l’avevano condotta fortunosamente fuori dall’inferno:
“Lei era una vittima, ma una vittima ‘impura’, salvatasi in seguito a una trattativa con i nazisti, era questo il punto. La vera vittima è innocente, è stata condotta al macello ma il gregge ha preservato la sua dignità, non c’è stato alcun contatto tra lei e i carnefici se non quello avvenuto nel momento in cui si è lasciata portare al massacro”.
Colpa, macello, massacro, orrore, carnefici, abisso, disperazione, ingiustizia... tante le parole che ricorrono nelle pagine di questa discesa agli inferi del dolore assoluto, quello che ha portato tanti superstiti ad un appuntamento ineludibile con il suicidio, gesto estremo di estrema e consapevole razionalità. Elsa Weiss e la sua vita ne costituiscono un paradigma, che la penna acuta e tagliente della sua biografa, la sua alunna di un tempo che poteva essere sereno ma non lo è stato, ci ha consegnato con grande coraggio morale.
L'insegnante
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