L’ultima lettera
- Autore: Antonio Steffenoni
- Categoria: Narrativa Italiana
“Caro Guglielmo, vorrei che tu vedessi com’è il mare adesso. perché è proprio com’era allora, in quell’agosto di cinquant’anni fa che ha sconvolto la mia vita. Allora accadde qualcosa. Oggi non accadrà nulla, ma uguale è la mia angoscia e uguale, dentro di me, il dolore per ciò che allora avvenne e che qui ricordo. Oggi voglio che tu sappia.“
Guglielmo, l’amico di lunga data di Jaime Tordera, famoso scrittore spagnolo, riceve una lettera poco tempo dopo la sua morte. Si erano conosciuti casualmente a Venezia nel 1934 al Florian. Discutevano sull’ultimo croissant al bar che Jamie riteneva essere il più buono in assoluto.
La lettera che Guglielmo ha ricevuto è sconvolgente e fa luce su una terribile tragedia. È l’ultima lettera di Jaime nella quale egli confessa all’amico più amato le sue pene e il dramma della sua vita. Guglielmo rimane scosso dalla lettura ma ritrova nelle parole scritte una vivacità che pare restituirgli l’amico perduto. Jaime racconta gli anni vissuti con Consuelo, l’adorata moglie e le sue bimbe a Blanes, una piccola località sulla Costa Brava. Le vicende narrate risalgono alla metà degli anni trenta, giugno del 1935. La Spagna è sull’orlo della guerra civile, che nel luglio del ‘36 porterà al crollo della Repubblica e all’inizio della dittatura del generale Franco.
Orrori e tragedie che mai saremmo stati capaci d’immaginare solo dodici mesi prima,
scrive Jaime. La cronaca di quei mesi parlava di donne violentate, uomini che venivano crocifissi e di anziani torturati davanti ai propri figli dall’orda dei nazionalisti.
“Ci pareva che il mondo non potesse mai diventare diverso da com’era in quel momento: una piccola spiaggia di sabbia sottile, le rocce vicine, il breve braccio del porto ..un ombrellone colorato, una bottiglia fresca di vino bianco e io e te che discutevamo dei libri che avremmo scritto, mentre Consuelo e le bimbe, poco più in là, sguazzavano in acqua. Siamo stati pazzi a immaginare un futuro immobile, fisso nella gioia. Ma chi non ha avuto di queste illusioni se, almeno una volta nella vita, ha provato un giorno di felicità piena, grande, quella fatta di cose minuscole e infantili? Chi mai si è separato volentieri da un sogno?“
Jaime rivela a Guglielmo il dolore più grande della sua vita e un elenco di cose delle quali avverte ancora una profonda vergogna. A quel tempo aveva un’amante, una giovane ragazza del posto della quale s’innamorò subito, come un idiota, completamente. Era divertente, allegra e fresca. Dopo le prime settimane di follia, l’allegria però lasciò il posto ai rimorsi. L’altro imbarazzo era l’aver avuto un padre come il suo, che aveva abbandonato lui e sua madre fuggendo all’estero per aver stuprato una donna nel suo studio medico. Tornò dopo qualche anno ma nel frattempo sua madre era morta di crepacuore. Jaime non si era mai sentito amato e apprezzato da quell’uomo. Per il padre un letterato che amava i libri poco avrebbe curato le terre e un uomo che beveva e fumava poco era ai suoi occhi un uomo mancato. Si macchiò di altre colpe prima di morire. Cacciò i lavoranti e le loro famiglie dalle terre di sua proprietà. A nulla valse opporsi, scrive Jamie, e umiliato si recò nelle loro case a scusarsi.
“Entrando nelle case di quei poveretti, tuguri più che case, avevi la sensazione di toccare con mano il senso, unico e ossessivo, dei loro pensieri: mangiare, sopravvivere, tirare a sera. Lo vedevi negli sguardi disarmati, umiliati, vinti. Ma quello che più mi colpì e mi sconvolse fu notare che, in quel miserabile spettacolo, i vecchi erano uguali ai bimbi, i bimbi uguali ai vecchi.“
Ramon Guerrero fu l’unico di loro che gli andò vicino, rifiutando i suoi soldi. Jamie sentì come un’ombra scura e una ventata di dolore e di paura calata sulla sua vita. Aveva avvertito ciò che Ramon con gli occhi pieni d’odio di lì a poco gli disse:
bastardo, tu oggi condanni a morte i miei figli ma io non andrò via di qui prima di avere ucciso con le mie mani le tue figlie.
La storia che racconterà Jaime all’amico Guglielmo ha inizio dalla condanna che venne lanciata quel giorno. Le parole minacciose lo lasciarono talmente sconvolto da sentirsi preda di una paura mai provata prima. Il terrore vissuto fra le mura della sua casa pareva estendersi per le strade dove irrompevano camion carichi di uomini armati che ammazzavano, rubavano e prendevano possesso di ogni cosa. Jaime sentiva il panico materializzarsi, un’angoscia che lo divorava e lo disorientava. La sua paura era la stessa paura della morte che aleggiava allora su tutta la Spagna. Come si può essere lucidi e mantenere il sangue freddo quando sei assediato dagli orrori? Consapevole di una serenità perduta Jaime sarà il protagonista di una terribile vicenda familiare e, per quanto tenterà negli anni di tornare a vivere un’esistenza normale, il ricordo di ciò che avvenne rimarrà impresso nella sua mente e nel suo cuore.
L’ultima lettera narra un dramma personale nello scenario drammatico della guerra civile spagnola, una follia che sconvolse le vite di innumerevoli persone. Un romanzo scritto con grande maestria e con un ritmo narrativo di una suspense straordinaria da coinvolgere il lettore fino all’ultima riga.
Antonio Steffenoni, scrittore e creativo pubblicitario, ha esordito giovanissimo alla fine degli anni settanta con Una sola paura. Ha scritto numerosi romanzi e l’ultimo Un delitto molto milanese è edito dalla Rizzoli.
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