L’ultimo pretoriano
- Autore: S. J. A. Turney
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2018
Foresta bastarda. È tutta un roveto, rocce nascoste, alberi sterili e fa un freddo tremendo in quella provincia fangosa, nevosa, inospitale. Maledetta Pannonia, pensa Rufino, il giovane legionario di Roma protagonista nel secondo secolo della serie Il pretoriano, tra i romanzi storici dello scrittore S.J.A. Turney. Il primo titolo della saga, “L’ultimo pretoriano”, è proposto in Italia da Newton Compton (2018, 480 pagine 12 euro nel formato cartaceo, 5.99 l’ebook). In Inghilterra si legge in copertina “The great game”, non senza motivo, come si capirà presto.
Turney vive in campagna, nel nord dello Yorkshire, con moglie, figli e non pochi animali. Ama da sempre la storia e l’architettura, viaggia alla scoperta di siti archeologici. Dopo aver lavorato da informatico, assicuratore, venditore di auto e decorazioni, dal 2003 si dedica alla scrittura a tempo pieno e vanta oltre venti romanzi all’attivo.
Gneo Marcio Rustio Rufino è ispanico, di Tarraco. Tra i compagni d’armi gode della reputazione di pugile rapido, potente, molto accorto nell’arena. È campione di pugilato intercenturie della Decima Legione Gemina. È anche un ragazzo apprezzato dalle ragazze, per la fossetta sul mento, irresistibile soprattutto per le fanciulle di scarsa morale.
Ma non ci sono belle donne negli ostili confini danubiani di Roma caput mundi. L’imperatore Marco Aurelio sta guidando il più grande esercito mai visto contro i Quadi, nelle terre dell’attuale Ungheria occidentale. Comprende tantissime unità ausiliarie e ben nove legioni, la Gemina tra quelle.
Il combattimento solitario di Rufino contro cinque arcieri nemici, offre all’autore l’opportunità di dare prova della propria non comune capacità di descrivere efficacemente scontri individuali, di gruppo e campali.
Rufino sventa a colpi di gladio l’agguato teso dai Quadi a un drappello pretoriano, comandato nientemeno da Terrutenio Paterno, il comandante della guardia pretoriana, terzo uomo più potente dell’impero, soprannominato l’Avvoltoio, tanto per dare un’idea del suo modo d’essere.
Una volta scorti gli aggressori occulti, il giovane legionario non trova di meglio che correre a disarcionare di sorpresa il prefetto del Pretorio, per risparmiare al reparto una più brutta sorpresa. Agendo in tal modo, ha messo sul chi vive il drappello romano, però ha esposto a una goffa caduta il più fidato generale dell’imperatore e ufficiale più anziano dell’esercito in campo. In pratica, è stato come disarcionare Marco Aurelio in persona.
Per questo Rufino teme di vedersi punito severamente, mentre attende Terrutenio, circondato dai pretoriani, unica macchia rossa tra i mantelli bianchi. Rosso era il colore dei legionari, la Guardia pretoriana indossava tuniche avorio. Paterno invece gli si rivolge grato e dimostra di riconoscere le tracce delle pur lontane origini patrizie del ragazzo.
Più severo con lui sembra il rude tribuno Perenne, “Monociglio”, un ometto barbuto che compensa la statura non rimarchevole con un carattere autoritario. Come Paterno, è invischiato nel grande gioco del potere a Roma. In fatto di trame a corte, non è da meno del prefetto, come ribadisce il gioviale pretoriano al quale Rufino è stato affidato. Si fa chiamare Mercator, da una commedia di Plauto.
Per dimostrare la sua riconoscenza e avendo intuito le potenzialità del giovane, Paterno lo conduce al cospetto di Marco Aurelio, in udienza personale dall’imperatore del mondo conosciuto, generale, filosofo, genio e padre del suo popolo. È così che Rustio ha modo di conoscere un uomo molto malato, oltre al figlio Commodo e alla figlia Lucilla, accompagnata da una schiava non bellissima ma di spicco, che non passa inosservata.
Il co-imperatore Commodo lo tratta con stima e rispetto, Marco Aurelio gli concede gli onori davanti alle truppe, prima di trasferirlo alla Guardia pretoriana, con grande preoccupazione del giovane per i debiti che dovrà contrarre per adeguare il suo equipaggiamento al nuovo ruolo importante.
A badare bene ai nomi, i meno distratti coglieranno l’analogia con i personaggi del celeberrimo film “Il gladiatore” (Marco Aurelio, Commodo, Lucilla), ma Turney non segue il clichè della pellicola e soprattutto non ricalca la perfidia del patricida, perfidamente interpretato nel film da Joaquim Phoenix, dando vita ad una ben diversa interpretazione di caratteri e vicende.
Quello che proprio non può cambiare è la trama fitta di infedeltà incrociate e di intrighi contorti che caratterizza la Roma imperiale dell’epoca. Il grande gioco, lo chiama l’autore: the great game, nel quale Rufino dovrà suo malgrado calarsi, guardandosi da ogni parte, perché nei complotti sarebbe bene non fidarsi di nessuno, ma così si rischia di restare isolati e facili prede di chiunque giochi sporco. Praticamente, tutti.
Oltre ad essere un valido narratore di battaglie, Turney è molto bravo nelle descrizioni dei luoghi storici del passato. Un vero dono naturale.
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