La Papessa Giovanna di Emmanuíl Roidis

Emmanuíl Roidis è stato una delle personalità più significative e controverse della cultura greca dell’800. "La Papessa Giovanna", pubblicato nel 1866 e subito proscritto dalla Chiesa Ortodossa per il suo contenuto dissacrante, non può essere considerato né un romanzo vero e proprio, né un’opera di saggistica, giacché, come ci fa osservare il curatore dell’edizione italiana Filippomaria Pontani:

l’invenzione e la stilizzazione personale vi hanno una parte assolutamente eccessiva per quel modo di scrittura.

L’argomento dell’opera è attinto da una leggenda medievale collocata nell’VIII secolo d.C.: la storia di una fanciulla nordica che innamoratasi di un giovane frate e seguitolo per i conventi e le contrade dell’Europa fino a Roma, fu eletta Pontefice con il nome di Giovanni VIII in virtù della sua non comune sapienza. Costei avrebbe retto la cattedra di Pietro per due anni e cinque mesi, prima che un’improvvida maternità ne svelasse l’impostura destinandola a una fine atroce, uccisa dalla ferocia della folla che poco tempo addietro l’aveva acclamata.
Testimonianze storiche fededegne, a partire da documenti numismatici, hanno distanziato questa clamorosa vicenda nei domini del favoloso leggendario, ciononostante è un fatto che a partire dal XIII secolo questa storia (che fonde in tempi di contrasti accesi tra riformatori e pauperisti due grandi tabù della Chiesa cattolica: il sacerdozio negato alle donne, la castità dei prelati) animò ferocemente le discussioni intorno all’autorità del rappresentante di Cristo in terra.

Roidis antepose alla scrittura della sua Papessa un severo lavoro di indagine e riflessione sui documenti storici. La nobile ombra di Ludovico Antonio Muratori si affianca alla vis satirica del Byron autore del Don Juan, alle facezie e alle burle dei satirici italiani del Cinquecento e alla scrittura sapida e corrosiva della prosa voltairiana. Il nocciolo tragico e affascinante della leggenda, l’ascesa di Giovanna al seggio di Pietro e la sua scoronazione, sono ridotti tuttavia a una narrazione convulsa di poche pagine nell’ultimo capitolo, il più breve dell’opera. Il maggior spazio concesso agli otto anni di soggiorno in Grecia, là dove matura la fama di sapiente di Giovanna (ma anche l’unico posto dove la sua vera identità viene alla luce…) è in realtà un’escamotage narrativo che Roidis utilizzò per raggiungere il suo scopo principale, che esulava dalla semplice eruzione storica o dall’affabulazione romanzesca: proporre ai lettori coevi attraverso una remota “ideologia di ritorno” l’autobiografia della nazione greca, vincolandola all’orizzonte della civiltà europea; esercitando al contempo una polemica contro la decadenza della religione, dei riti e del sacerdozio, una mala pianta che concresce (ci fa capire l’autore) senza soluzione di continuità attraverso i secoli dalle radici del leggendario remoto alla cronaca e alla Storia della contemporaneità.