La ballata dal carcere di Reading (nell’originale The Ballad of Reading Gaol, Ndr) è un celebre componimento poetico di Oscar Wilde, scritto al termine della sua reclusione nella prigione di Reading, nel Berkshire.
Lo scrittore inglese era stato condannato con l’accusa di “sodomia e volgare indecenza”. Al termine del processo conclusosi il 25 maggio 1895 fu stabilito per lui il massimo della pena: due anni di reclusione e lavori forzati. Nel 1897, provato nel fisico e nell’anima da quella dura esperienza, Wilde si accingeva a comporre questi versi. Scrisse la Ballata dal carcere di Reading su un piccolo foglio, mentre soggiornava nel paesino di Berneval-le-Grand, in Normandia, presso un hotel chiamato “chalet Bourgeat”.
Il poemetto sarebbe stato pubblicato nel 1898 da Leonard Smithers, l’unico editore inglese disposto ad avere ancora contatti con Wilde. Sulle prime edizioni dell’opera tuttavia non compariva il nome dell’autore, ormai la damnatio memoriae di Oscar Wilde si era compiuta. Lo scrittore de Il ritratto di Dorian Gray si firmò invece con uno pseudonimo C.3-3, che era il suo nome da prigioniero. L’esperienza del carcere lo aveva privato anche di ciò che aveva di più prezioso, la sua identità.
La lirica di Wilde conteneva una straziante verità, che diventa la sentenza più definitiva di tutte:
Perché ogni uomo uccide ciò che ama, eppure nessuno di loro deve morire.
Proprio lui, che era finito in carcere per amore, ora quell’amore intendeva annientarlo. Rinnegare “Bosie”, l’amato Lord Alfred Douglas, che con il suo egoismo l’aveva condannato a perdere sé stesso.
Nel buio della cella Wilde aveva scoperto un sentimento sconfinato: la pietà umana, trovata proprio in quel luogo infernale dove vagavano altre “anime in pena” che, proprio come lui, avevano dimenticato la ragione della loro colpa. L’opera di Wilde ancora oggi suscita una riflessione profonda sulle condizioni di vita dei carcerati.
La Ballata dal carcere di Reading è dedicata a Charles Thomas Wooldridge, condannato a morte per l’omicidio della moglie. La terribile scena della sua impiccagione ispirò a Oscar Wilde il poemetto, di cui riportiamo un estratto.
“La ballata dal carcere di Reading” di Oscar Wilde: testo
Egli non porta il suo abito scarlatto perché rossi sono il sangue e il vino,
e il sangue e il vino eran sulle sue mani quando lo trovaron con la morta,
la povera donna ch’egli aveva amato, ch’egli aveva ucciso nel suo letto.Egli camminava fra gli Uomini Colpevoli in un abito grigio malandato;
un berretto da cricket aveva sul capo ed il suo passo pareva gaio e lieve;
ma io non ho mai visto un uomo che guardasse così ansiosamente verso il giorno.Io non ho mai visto un uomo che guardasse con occhio così ansioso
verso il minuscolo lembo d’azzurro che chiamano cielo i prigionieri,
verso ogni nuvola che andava alla deriva da vele d’argento sospinta.Io camminavo, con altre anime in pena, entro un diverso raggio,
e mi chiedevo se l’uomo avesse commesso una grave o piccola colpa,
quando dietro di me una voce disse in un sussurro:
“Quel tipo sta per dondolare”.Cristo santo! Le mura stesse della prigione sembraron vacillare all’improvviso,
ed il cielo sopra il mio capo divenne come un casco d’acciaio ardente; e, sebbene fossi un’anima in pena, la mia pena io non potea sentire.Io solo sapevo quale inseguito pensiero affrettasse il suo passo,
e per quale motivo
egli guardasse verso il giorno splendente con occhio così ansioso;l’uomo aveva ucciso ciò che amava e per questo doveva morire.
Eppure ogni uomo uccide ciò che ama, ognuno ascolti dunque ciò che dico:
alcuni uccidono con uno sguardo d’amarezza, altri con una parola adulatoria,
il codardo uccide con un bacio, l’uomo coraggioso con la spada!Alcuni uccidono il loro amore in gioventù, ed altri quando sono vecchi;
alcuni lo strangolano con le mani dell’Avidità, altri con le mani della Ricchezza;
l’uomo gentile uccide col coltello,
perché più ratto giunga il freddo della morte.Alcuni amano troppo brevemente, altri troppo a lungo,
alcuni vendono, ed altri comprano;
alcuni uccidono con molte lacrime, ed altri senza un sol singhiozzo:
perché ogni uomo uccide ciò che ama, eppure nessuno di loro deve morire.
“La ballata dal carcere di Reading” di Oscar Wilde: analisi e commento
Link affiliato
Il poemetto di Oscar Wilde si apriva con una dedica: “In memoria di C.T.W ucciso nel carcere di Sua Maestà, Reading, Berkshire, il 7 luglio 1896.” Tutto iniziava dunque da una data di morte e da una scena nefasta, la descrizione di un’impiccagione.
Il condannato era Charles Thomas Wooldridge, guardia reale degli Windsor, chiamato a scontare la pena di morte per aver ucciso la moglie che lo tradiva.
Da questo evento drammatico prende le mosse il poemetto più sofferto e dolente di Wilde. L’autore si spoglia del mito dello “scrittore dandy”; il buio della cella gli ha fatto dimenticare lo sfarzo dei salotti inglesi e ora lo spinge a governare la materia incandescente del dolore. Nel componimento Wilde inserisce un ritornello costante, che si ripete come una sentenza “Ogni uomo uccide ciò che ama” (each man kills the thing he loves, Ndr), il verso è un’allusione al Mercante di Venezia di Shakespeare. Noi che leggiamo però sappiamo che sta parlando di sé stesso. Aveva ucciso la moglie Constance con le voci dello scandalo che lo aveva travolto, e ora si proponeva di uccidere, dentro di sé, il ricordo dell’amato Bosie, colui che non gli aveva arrecato altro che dolore.
Ora Wilde non aveva più un nome, era soltanto il detenuto recluso al blocco C, piano 5, cella 3. La sua identità si era tramutata in una sequela di numeri e lettere; eppure proprio adesso che non era “nessuno” agli occhi del mondo ecco che riusciva a toccare con mano la sua essenza più vera.
Nel buio della cella scrisse versi di struggente sincerità, che non sono - come alcuni pensano - un’invocazione alla pietà umana, ma un atto d’accusa nei confronti dell’ipocrisia della società.
La prima parte della Ballata è dedicata alla descrizione di Wooldridge. Wilde lo ricorda com’era da vivo, mentre fissava speranzoso un lembo di cielo azzurro nonostante avesse la propria condanna scritta in fronte, accompagnata dalle urla di scherno degli altri prigionieri “quel tipo sta per dondolare”. Wilde accomuna la condizione del detenuto, che ormai ha i giorni contati, a quella degli altri uomini che vivono in società e rovescia con disprezzo la morale corrente, domandandosi se in fondo chiunque non finisca la propria vita come quel condannato:
Così con occhi curiosi e congetture angosciate
Di giorno in giorno osservandolo,
Ci chiedevamo se ognuno di noi
Non finirebbe alla stessa maniera
Poiché nessuno può dire fino a qual rosso inferno
Possa smarrirsi la sua cieca anima.
Osservando la tomba preparata per Charles T. Wooldridge, scavata nella nuda terra, Wilde dilata le sue riflessioni a una dimensione più ampia che comprende la sfera intangibile, astratta, della vita e della morte. Wilde si sofferma sulle emozioni del condannato che, proprio ora che è tanto vicino alla fine, sembra cercare ansiosamente la vita e la luce del giorno. Ma mentre lui prova pietà per Charles, riconosce l’umanità della sua colpa, il cappellano implacabile lo accusa schierandosi dalla parte dei giudici che lo hanno condannato alla forca.
Non ci sono cappelle nel giorno
in cui un uomo dev’essere impiccato:
del Cappellano il cuore è troppo debole,
oppure troppo pallido è il suo volto,
o nei suoi occhi qualcosa v’è segnato
che legger non dovrebbe mai nessuno.
Wilde, che non era credente, ci mostra l’essenza più vera della pietas: “chi non ha peccato scagli la prima pietra”, sembra dire. Lui, che non è un assassino ma si trova in carcere semplicemente per essere stato sé stesso, si pone al fianco di quel condannato e afferma che, in fondo, “ogni uomo uccide ciò che ama” sebbene in modi diversi.
La visione di Wilde è inaspettatamente cristiana quando scrive che dalle labbra del condannato si ode un rantolo, al momento dell’esecuzione, che in realtà è una preghiera strozzata. Quella preghiera però è subito strangolata dal laccio impietoso del carnefice. Lo scrittore irlandese condanna la terribile giustizia degli uomini, capace a suo giudizio di infrangere persino “l’urna sacra della pietà”.
In conclusione Wilde si rifà di nuovo al gergo cristiano e dice, paragonando il condannato a un Cristo in croce:
Ch’è morto per tutti il Figlio di Dio.
Ancora una volta emerge il Wilde provocatorio, che ribalta la morale corrente tramutando un assassino in un agnello sacrificale. Ma in realtà ciò che l’autore vuole far emergere sopra ogni cosa è che è morto un uomo. Da qui si interroga sul senso della giustizia: “io non so se le Leggi sono giuste o sono ingiuste” e afferma che ogni carcere è costruito con mattoni di vergogna.
Infine, conclude ricordando che Charles T. Wooldridge è sepolto in una fossa senza nome:
Nel carcere di Reading della città di Reading c’è una fossa di vergogna,
ed in essa vi giace un uomo maledetto dai denti delle fiamme divorato;
egli giace in un sudario incandescente,
e la sua tomba non ha nome alcuno.
Oscar Wilde ribadisce la sua condanna “l’uomo aveva ucciso ciò che amava e per questo doveva morire”; ma nel finale cita di nuovo il suo caro ritornello che riporta la situazione di Wooldridge dall’individuale al generale:
Ogni uomo uccide quello che ama, questo sia ben udito.
Lo scrittore ricorda che la vera condanna di Wooldridge non spetta alla giustizia degli uomini, ma a quella di Dio, solo a lui tocca la facoltà di giudicare. Sino a quel momento, in attesa del giorno dell’Apocalisse, non sia più versata una lacrima sulla tomba senza nome del condannato.
La Ballata dal carcere di Reading di Wilde non è l’assoluzione di un assassino, ma un invito, rivolto a tutti gli uomini, a convertire il proprio dolore in pietà, insegnando loro a salvarsi l’un l’altro.
Questo è ciò che aveva imparato Oscar Wilde, nel buio della cella di Reading, quel che non avrebbe mai più dimenticato. Si era specchiato nello sguardo di un condannato a morte, e si era riconosciuto simile a lui trovando nel fondo delle sue pupille un bagliore limpido, una scintilla inestinguibile di umanità. La pietà di Dio, conclude lo scrittore, in realtà è più sconfinata di quella dell’uomo che cancella il sangue versato con l’orrore del sangue, “occhio per occhio”, secondo la legge antica dimenticando una straziante verità.
Ogni uomo uccide ciò che ama.
“La ballata dal carcere di Reading” da Oscar Wilde alla canzone di Capossela
La Ballata dal carcere di Reading di Wilde è stata musicata in una splendida canzone di Vinicio Capossela, contenuta nell’album Ballata per uomini e bestie (2019).
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La ballata dal carcere di Reading” di Oscar Wilde: perché ogni uomo uccide ciò che ama
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Oscar Wilde Storia della letteratura
Lascia il tuo commento