La bambina dagli occhi di cielo
- Autore: Barbara Mutch
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2013
“Credo che essere nata a Cradock House sia stato per tutta la vita un motivo di gratitudine per me. Sento di appartenere a quel luogo come invece mia madre Miriam non ha potuto”.
Ada era nata nel 1930 nell’abitazione del Signor Edward e di sua moglie Cathleen, nella quale sua madre Miriam lavorava come governante. La casa era situata nel Karoo, il grande semideserto del Sudafrica, luogo desolato che bisognava attraversare prima di raggiungere Johannesburg “dove si può estrarre oro dal suolo e diventare ricchi”.
Cradock House si ergeva in Dundas Street appena sopra il Groot Vis, il Grande Fiume dei Pesci che a volte si muoveva “quel tanto che bastava da mettersi a scorrere in un piccolo canale fuori dalla casa”. Ai confini della città dove il sole incontrava la terra vi era il duro bush del Karoo, perché qui pioveva raramente e la polvere marrone la faceva da padrone. Cradock House aveva una stoep, veranda di legno con poltroncine da giardino che si susseguivano intorno a quasi tutta la casa come in un cerchio. In quelle poltroncine Miriam e Ada non si sedevano mai. Erano per la famiglia, per il Signor Edward, Madam, per il Signorino Phil e la Signorina Rosemary. Madam era giunta in Sudafrica nel 1919 dall’altra parte del mare, dall’Irlanda, per raggiungere il suo promesso sposo che non vedeva da cinque anni. Cathleen Harrington, nata Moore, aveva nel cuore il ricordo della zaffata di terra torbosa, del fumo del caminetto e il profumo dei lillà. “Oggi sono partita per l’Africa”. Per non dimenticare il passato, Madam già in Irlanda aveva iniziato a scrivere un diario, quello stesso che Ada (chiamata così come la sorella di Madam) aveva iniziato a leggere di nascosto e che si trovava nello spogliatoio di Cathleen “accanto alla spazzola d’argento e alla scatola della cipria che spolveravo ogni giorno”. Quel quaderno sarebbe diventato una conversazione segreta “tra me e Madam”.
“Il matrimonio è un salto di fede”
aveva detto Padre O’Connor e Cathleen l’aveva imparato subito, la donna aveva stretto un forte legame di affetto sia con Miriam sia con Ada, la quale possedeva lo stoicismo della madre “ma anche una leggerezza che trovo immensamente accattivante”. Madam aveva insegnato a leggere e a scrivere alla sua protetta ma soprattutto aveva fatto scoprire ad Ada (“dotata di un talento meraviglioso”) la magia del pianoforte.
“Studiare il pianoforte avrebbe potuto svelare ad Ada un mondo al di là di Cradock House”.
La governante e la figlia stavano diventando “la mia famiglia” giacché allora la differenza di pelle non era materia di legge e
“non c’erano cartelli con su scritto che panchine e ingressi erano solo per i bianchi”
anche se per Ada che aveva sempre voluto vedere più in là di quanto le permettessero i suoi occhi “sapevo che già era così”. Infatti, dopo la fine della II Guerra Mondiale (1948) era iniziata in Sudafrica quella politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca che sarebbe rimasta in vigore fino al 1993.
L’apartheid nella lingua afrikaans significa “separazione”: quella parola che stava costringendo bianchi e neri a starsene alla larga gli uni dagli altri non avrebbe reciso il legame che univa Cathleen ad Ada, quel legame che sarebbe stato presto sottoposto a una dura prova.
“Abbiamo acconsentito alla creazione di una terra divisa. E Cradock House si trova lungo il solco profondo che la spacca in due”.
Barbara Mutch, nata e cresciuta in Sudafrica, nipote di immigrati irlandesi, per redigere il suo primo romanzo ha tratto ispirazione dai racconti e dai ricordi della sua famiglia.
“I ricordi non sbiadiscono mai, semplicemente si nascondono, salvo poi riemergere più grandi per numero e intensità, freschi come quando sono stati creati”.
Due paesi, la verde Irlanda e il Sudafrica misterioso e tormentato la cui distanza è maggiore di un emisfero, due donne che nonostante uno skande (scandalo) riusciranno a ritrovarsi, una storia dal sapore epico, indimenticabile e appassionante. L’autrice con La bambina dagli occhi di cielo (titolo originale: The Housemaid’s Daughter, pubblicato in Italia da Corbaccio nel 2013) ha il merito di ricordarci che cosa sia stato l’apartheid, inserito dalle Nazioni Unite (convenzione entrata in vigore nel 1976) nella lista dei crimini contro l’umanità, la cui fine si ebbe nel 1990 con la liberazione di Nelson Mandela dopo 27 anni di prigionia e con la sua successiva elezione a Capo dello Stato. Ada diventa quindi il simbolo di quel popolo che grazie a una ferrea determinazione fu sempre convinto, nonostante tutto, che
“verrà il momento in cui saremo liberi di prendere posto al fianco di tutte le altre persone libere del mondo”.
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