La camera di Baltus di Melania G. Mazzucco

La camera di Baltus di Melania G. Mazzucco è un libro storico e contemporaneo, in cui ci sono più storie che si intrecciano, ma che rimangono parallele dal punto di vista strettamente temporale.

C’è la storia di Baltus, un luogotenente napoleonico che scopre l’affresco nel castello di Bastia del Garbo. C’è il Maestro Enrico, che lo ha dipinto. C’è Arsenio, lo studioso che, alla fine del secolo scorso, deve risalire alla genesi dell’affresco e all’identità dell’autore.
E poi, per ogni storia, ci sono le donne: la "divina Alma", innamorata del Maestro ma tormentata da un senso del peccato ai limiti della morbosa santità. C’è Luisa Sanacore, l’ex proprietaria del castello in cui si trova l’affresco, innamorata di Arsenio, e che lotta da anni con la tossicodipendenza. E Antar e Azra, due ragazzine terribilmente simili nella disgrazia.

Quasi ogni personaggio ha il suo doppio e si specchia in un se stesso d’altri tempi attraverso l’affresco.
Prendiamo, ad esempio, Boccadiferro, il committente dell’opera alla fine del Settecento, e Drago, l’imprenditore che ha comprato il castello: entrambi calvi, traditi, innamorati di una donna che non sarà mai davvero la loro, entrambi perderanno entrambi il proprio immenso patrimonio, entrambi moriranno suicidi, o quasi... Non si possono elencare tutte le somiglianze tra i personaggi, ma la lettura è un gioco piacevole, una ricerca continua di differenze e significati.

Se dovessi attribuire un colore a questo romanzo, che senza i colori dell’affresco non sarebbe mai nato, gli attribuirei il grigio antracite: cupo come la stanza in cui Alma si fa rinchiudere e come il tunnel in cui Luisa si dibatte fin quasi a morirne.
Ma c’è una lama di luce che il Maestro Enrico dipinge appena prima di abbandonare per sempre il suo affresco e sarà quella sfumatura ad accendersi sul diluvio che unisce le storie, a illuminare l’arte e la vita, rendendole un tutt’uno.