La clinica delle immagini. Sogno e psicopatologia
- Autore: Ferdinando Testa
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Certi libri sono fatti di materia emotiva e cognitiva, di rigorosa ricerca scientifica, di percorsi ed esperienze ed essi si fanno scegliere da chi è alla ricerca della propria equazione personale per far luce sul panorama esistenziale che si vorrebbe contemplare e comprendere: ricchi di profonda umanità, sono lo strumento attraverso il quale potrebbe manifestarsi la risposta ai nostri quesiti sulla speranza di sognare e il diritto di immaginare. È il caso, questo, della preziosa opera di Ferdinando Testa intitolata La clinica delle immagini. Sogno e psicopatologia (Moretti&Vitali, Bergamo 2019), aperta alla totalità dei saperi, tra cui quello religioso, che connotano la dimensione interiore.
Suggestiva l’immagine di copertina: come a volere anticipare l’universo tematico in cui l’autore si muove, reca il dipinto, del 1878, “Nighte and Sleep” di Evelyn De Morgan, pittore inglese, le cui opere furono influenzate dallo stile del movimento preraffaellita. La "Notte" dai capelli scuri guida in volo suo figlio "Sonno", la cui posa rilassata si contrappone alla fattura più energica del corpo della madre. Recano il mistero del buio e della luce, mentre lo spargimento dei fiori sulla terra è metafora di guarigione, è l’orientamento dato dalla ricchezza introspettiva. Il loro volo, che richiama la pittura di Chagall, è sogno che sfida la legge di gravità per procedere verso l’arcano, verso luoghi liberatori fuori da ogni pesantezza del reale, derubato dalla bellezza di Afrodite e consegnato alla forza distruttiva dei Titani come nell’immagine alchemica del leone che mangia il cuore.
Contemplando la tela, già ci si ritrova nel vortice dell’immaginazione, dove tutto torna nello spazio aperto alla dimensione archetipica della relazione intrapsichica. Coinvolgente poi la scelta a mo’ di epigrafe della poesia “Lettera ad un giovane poeta” in cui Rainer Maria Rilke parla di “pazienza” e di tutto ciò che è “irrisolto”: da qui il bisogno di entrare nel mondo dell’anima per decifrarne i possibili scenari.
Bisognerebbe evitare il comportamento di Icaro che, avvicinatosi, troppo al sole, precipita nelle acque del mare. Le risposte, scrive Rilke, potrebbero venire da sole in un lontano giorno senza neanche accorgersene. L’idea della pazienza si annoda a Jung che invita a evitare l’impazienza e a trovare la forza di attendere: la fretta diventa nociva, perciò deve appunto crescere la pazienza per raggiungere livelli superiori. Appartiene all’antica saggezza questa virtù che educa alla capacità di convivere con l’irrisolto, con domande che non hanno risposte immediate.
Lungi dal lasciarsi andare nell’inattività di fronte ad una porta chiusa, occorre cercarne la chiave, forzarne la serratura né lasciare libri incompresi solo perché scritti in una lingua straniera. E tutto questo respingendo ogni sorta di frettolosità sino a quando l’inatteso giusto momento fa tornare a respirare e ad aspettare ancora e ancora, perché infinito, illimitato è il sentiero della ricerca.
La clinica delle immagini. Sogno e psicopatologia affascina capitolo dopo capitolo, giacché utilizza il linguaggio degli alchimisti per inquadrare il viaggio terapeutico, mette in crisi certezze da tempo consolidate e fluidamente muove il pensiero, spinto dal bisogno di conoscere. Il viaggio nell’insolito, scrive l’autore, predispone la coscienza ad abbandonare pregiudizi, a porsi fuori dall’ovvio e dalla banalità per aprirsi a connessioni che, diverse dalla concezione causalistica, sono piuttosto animate dalla visione sincronica. La colta prefazione di Riccardo Bernardini, sin dalle prime righe, fa leva sulla parola “Immagine”, indispensabile chiave di lettura in un’ampia tramatura junghiana. Immagine dunque è la Psiche: senza di essa, dice Jung nel Libro rosso, l’anima si impoverisce e si ammala. L’apparizione dell’immagine come visione, che è l’apertura degli occhi nel misterioso guardare all’interno è già interpretazione del sogno. Si tratta cioè di non spiegare il sogno, ma di comprenderlo. Le visioni sono da raccontare, sono narrazioni involontarie della vita psichica che rappresentano processi ed evocano percorsi di eventi biografici connotati da gioia e sofferenza, da dubbi e scelte sofferte. L’inconscio si fa laboratorio poetico e fa affiorare storie che emozionalmente segnano la vita di dinamiche relazionali.
In fondo è questo il metodo dell’analisi: far leva sull’esperienza immaginativa che opera con l’inconscio per fare emergere vissuti ed emozioni come avviene quando, avvolti dall’abbraccio alato di Morfeo, si scorgono realtà altre da noi. Muovendo da queste indicazioni, potrei dire che la scrittura di Ferdinando Testa, analista didatta dell’Istituto Meridionale del centro italiano di Psicologia Analitica, coerentemente si sintonizza con quella di Jung e, in compagnia di altri studiosi del cui pensiero egli si avvale, si apre agli apporti della letteratura e specificamente della poesia, della filosofia e del mito.
La clinica delle immagini. Sogno e psicopatologia
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