La colonna silenziosa. I Lancieri di Novara da Verona al fronte del Don
- Autore: Simone Lorenzon
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Pasqua 1938: una fotografia in bianconero riprende i giovani lancieri di uno Squadrone intorno al tavolo allestito per le festività, nel cortile di una caserma. Spiccano volti sorridenti sotto le bustine grigioverdi, il caratteristico grande bavero bianco della giubba e lo scudetto divisionale sul braccio sinistro. Di lì a quattro anni saranno protagonisti delle vicende ricostruite da Simone Lorenzon nel saggio storico La colonna silenziosa. I Lancieri di Novara da Verona al fronte del Don. L’immagine è una delle tantissime che insieme a cartine e tavole anche a colori corredano un volume di ampio formato (21x29 cm), delle Edizioni Gaspari di Udine, collana “La storia raccontata e illustrata”, edito nel 2020 (162 pagine).
Discendente dai Dragoni di Piemonte del Regno di Sardegna, costituiti da Carlo Felice nel 1829 e quattro anni dopo denominati Novara Cavalleria, il 5° Reggimento Lancieri Novara fa tuttora parte del nostro Esercito, inquadrato con compiti esploranti nella Brigata corazzata Ariete. Ai cavalli ha sostituito i blindati Puma, le autoblindo Centauro, le Land Rover AR90, ma ottant’anni fa disponeva ancora di stalle, montava quadrupedi e arruolava maniscalchi. Si andava ancora di brusca e striglia alla vigilia della campagna di Russia nel 1941-42, di cui si occupa Lorenzon, ufficiale di Cavalleria a sua volta e studioso di storia militare, specie contemporanea.
Il 5° è attualmente di stanza a Codroipo e il medagliere ne fa l’unità più decorata della Cavalleria italiana. Spicca la medaglia d’oro allo Stendardo riconosciuta per i fatti d’arme di Jagodnij del 22 agosto 1942, una carica a cavallo contro le mitragliatrici della fanteria russa, meno celebrata del leggendario “Caricat!” del Savoia Cavalleria a Isbuscenskij, ma altrettanto epico e di due giorni precedente.
Dopo avere inquadrato efficacemente l’operazione Barbarossa, scatenata dalla Wehrmacht nel territorio sovietico il 22 giugno 1941 e descritto l’organizzazione e le forze degli opposti schieramenti russo-tedeschi, Lorenzon sviluppa un approfondimento monografico della spedizione del Novara in Russia, sostenuto da un apparato iconografico entusiasmante. Obiettivo della sua ricerca non è giudicare moralmente la condotta militare e la partecipazione italiana a fianco dei nazisti, in un teatro operativo che ha divorato le nostre limitate risorse materiali belliche (il meglio a disposizione del Regio Esercito). Ha voluto infatti cercare di raccontare, anche attraverso le immagini del tempo, le vite di uomini che hanno concorso a scrivere la storia del nostro Paese e che meritano d’essere raccontate.
Quando nel corso del 1941 si concretizzò il progetto di un impegno a Oriente, “Novara” aveva intanto preso parte all’occupazione della Jugoslavia, con una cavalcata di 600 km dall’Isonzo a Bihac in Bosnia. Rientrato a Verona, il Reggimento inquadra nuove reclute. Si bruniscono le lame delle sciabole per evitare luccichii rivelatori dei movimenti, si oliano i moschetti in dotazione a sottufficiali e lancieri: sostituiscono le lance di metallo adottate dalla Grande Guerra al posto delle tradizionali di legno. Ora fanno bella mostra nei corridoi delle caserme e davanti agli uffici, montate su treppiedi.
Si provano le mitragliatrici Breda, arma efficace nel modello 1937 per funzionamento e celerità di fuoco. Si provvede a sellerie, briglie, finimenti e alla cura dei cavalli, compagni indivisibili. Il 21 luglio 1941, il Novara parte dalla stazione di Verona per il lungo trasferimento a est, destinazione la steppa ucraina. Fa parte del CSIR, il Corpo di spedizione italiano in Russia, sotto il comando del generale Messe. Il contingente dei lancieri è composto da 43 ufficiali, 59 sottufficiali e 919 uomini. Li comanda il colonnello Egidio Giusiana.
L’Intendenza tedesca non concede trasporti ferroviari alla Cavalleria italiana. Scaricati in Ungheria, devono attraversare la Romania per raggiungere il bacino del fiume Nipro (Dnepr) in Ucraina, una zona prevalentemente pianeggiante. Il 17 agosto la prima perdita: il lanciere Andrea Cereda annega nel fiume Bug, dove si era immerso di nascosto per un bagno. A settembre i primi scontri a fuoco con i Russi, lungo le sponde. Sei i chilometri di fronte assegnati, il Novara li ha raggiunti sulle pessime strade ucraine - polverose all’asciutto e fangose con la pioggia - grazie al lavoro dei genieri per superare i corsi d’acqua sui ponti militari.
La Cavalleria si fa strada combattendo verso Stalino, in direzione del fiume Donetsk. A novembre il “generale inverno” obbliga a sospendere le ostilità, ma da febbraio 1942 continua lo stillicidio di combattimenti.
Il fronte si sposta sempre a Est, nell’area del Don. È qui che il 20 agosto i Russi attraversano in forze il fiume e investono la Divisione di fanteria Sforzesca. Ed è qui che si consuma l’episodio glorioso di Jagodnij. Il 2° Squadrone contrattacca i Russi caricandoli a cavallo, con l’appoggio di altri lancieri appiedati. Il nemico è travolto.
L’episodio viene ripreso dalla stampa in Italia, ma è oscurato dalla carica del Savoia, alla quale il regime dedicò anche un film.
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