La croce sui girasoli
- Autore: Aldo Del Monte
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Il cimitero di guerra è appena a valle del campo di girasoli, sull’altura sempre battuta dal vento. All’ombra di quei fiori, riposavano alcuni dei soldati caduti in Russia nel 1942, quando un giovane cappellano li ha salutati per l’ultima volta, nella steppa del Don. Invitato ad elaborare quella straziante esperienza attraverso la scrittura, don Aldo Del Monte riempì venti quaderni di ricordi e considerazioni. Lo stesso medico che aveva suggerito la terapia, ritenne significativi quegli scritti e fece in modo di favorirne la pubblicazione. È La croce sui girasoli. Diario di un cappellano militare sul fronte russo, stampato ripetutamente da case editrici diverse. L’edizione a cura della novarese Interlinea (252 pagine, 15 euro) è apparsa nel 2015, nel centenario della nascita del religioso.
Originario della provincia di Pavia e sacerdote dal 1939, monsignor Del Monte era stato al servizio spirituale delle truppe, come papa Giovanni nella Grande Guerra e don Gnocchi, cappellano anche lui in Russia, nel 1942-43.
Coinvolto nella ritirata dei reparti di fanteria dell’Armata italiana inviata da Mussolini contro l’Urss, Del Monte venne ferito nel dicembre 1942. Si riuscì a rendere possibile il suo rientro in patria e il ricovero a Bologna nel centro ortopedico militare “Pulli”. Accolse lì il suggerimento di un sanitario di raccogliere su carta i ricordi e scrisse i venti quaderni. Proseguì poi la carriera ecclesiastica, distinguendosi nell’attività pastorale d’Azione Cattolica, con incarichi direttivi a Roma, partecipando in qualità di esperto e rappresentante del suo vescovo all’intero Concilio Vaticano. Ordinato a sua volta vescovo nel 1971, è stato amministratore apostolico ad Acqui prima del lungo episcopato novarese, fino alla morte a Massino Visconti, nel maggio 2005.
Era stato un bravo cappellano, poi un ecclesiastico ben integrato nel momento storico della Chiesa e un vescovo molto amato, eppure si chiedeva quale sacerdote sarebbe mai stato senza l’esperienza in Russia. La sua fede vi era stata messa alla prova, ma pure rafforzata.
Nel diario ricorre spesso il pensiero ai soldati, ai feriti dell’ospedale da campo al quale era stato assegnato, ai poveri caduti: centomila gavette di ghiaccio, per rifarsi alla definizione del dottor Giulio Bedeschi, alpino, medico e scrittore, in Russia con la Julia.
Alcuni di quei ragazzi erano quelli raccolti sotto le croci del cimitero scavato ai piedi dell’altura dei girasoli, corpi composti un po’ alla svelta, scrive, ma in modo amorevole, materno. Sono i suoi ragazzi, di ogni paese d’Italia, travolti da quell’uragano dell’est “in cui avevano cercato una briciola di verità”.
Nessuno viene citato col nome completo, solo le iniziali. Anche le località non vengono indicate, tranne la fatale Kantemirovka, crocevia logistico nell’area del Voronez e sede di comandi. È lì che confluirono i ritirati dalle prime linee, quando si abbattè il maglio dell’offensiva sovietica nel dicembre 1942.
I soldati della II Armata hanno opposto “un’ossessionante difesa”, assicura il cappellano, “nessuno ha mollato, chi se n’è andato sono quelli dei servizi, i combattenti sono morti tutti”. Li aveva visti battersi davanti ai carri armati russi.
Una bomba a mano gli devastò il braccio. Sporcizia e gelo misero a rischio la ferita, rischiava seriamente la cancrena, ma la notte di Natale, nelle precarie condizioni ospedaliere in quel fronte devastato dallo sfondamento sovietico, pensava al presepe che non aveva potuto allestire.
Non avere fornito indicazioni nemmeno sull’ospedale in cui aveva prestato l’apostolato rende la testimonianza un documento sull’intera campagna di Russia. I ragazzi che lottano, soffrono e muoiono, non sono quelli di un singolo reparto, ma rappresentano l’intero contingente italiano. Ci sono anche i tedeschi e don Aldo non esita a denunciare la loro brama di distruzione. Ci sono i civili russi, i bambini, gli orfani ai quali solo i nostri sembrano dare considerazione, qualche cucchiaio di minestra e un pezzo di pane. Osserva con pena i mercati miserabili di villaggi poverissimi: sette mele in vendita, qualche patata esposta da una donna, tre sigarette sopra una pezzuola di stoffa, un nottolino di porta, due lamette da barba. Una ragazza vende granelli di miglio, un’altra se stessa.
Sulla tradotta che lo portava in terra russa, sacerdote vestito in grigioverde da un giorno all’altro, incrocia nelle stazioni un convoglio merci carico di ebrei. Ritiene che vadano al lavoro forzato, non sa ma intuisce il mistero pauroso di quegli uomini e donne, senza casa perché deportati, senza nome perché ridotti a numeri, senz’anima perché trattati da bestie e senza un volto, sostituito da una stella gialla. Sembrano storditi da qualche triste visione. Una giovane cerca bucce d’arancia tra i rifiuti e le mangia con avidità.
Dal diario del cappellano al servizio dell’uomo in guerra è stato liberamente rielaborato uno spettacolo teatrale portato in scena dal gruppo Controvento. Attori e musicisti portano sulla ribalta la guerra, partendo dalle parole del sacerdote, che condannano la violenza cieca dei conflitti e promuovono la pace. Sul palco viene esposta eccezionalmente la giubba militare di don Aldo, custodita nel museo storico novarese. Ci sono anche un cappello grigioverde con la penna nera d’alpino e un grande girasole.
La croce sui girasoli. Diario di un cappellano militare sul fronte russo
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