La disdetta
- Autore: Anna Felder
- Categoria: Narrativa Straniera
Anna Felder (Lugano, 1937), autrice svizzera di madre italiana, ha scritto romanzi, racconti e poesie, molto apprezzati dalla critica e premiati con prestigiosi riconoscimenti. "La disdetta" fu pubblicato da Einaudi nel 1974, grazie al convinto sostegno di Italo Calvino che lodava dell’autrice: “lo humor sommesso e trattenuto e continuo”, aggiungendo
Il suo modo di raccontare attraverso oggetti, quasi nature morte; o comunque organizzazioni visive dello spazio, o ‘messe in scena’ di momenti della vita quotidiana è interessante e compiuto e richiama esperienze della poesia contemporanea.
Voce narrante del romanzo è quella di un gatto che osserva sornione, allarmato, complice o ironico il nucleo familiare con cui da molti anni condivide l’abitazione: un vecchio, il figlio e la nuora, una figlia giovane con un amante mal tollerato dalla cerchia parentale.
La casa a tre piani, con un grande giardino alberato, è adiacente a un asilo gestito da suore: il gatto si aggira tra le due fatiscenti costruzioni a cui è stato imposto uno sgombero prima della inappellabile demolizione, viziato da tutti gli inquilini e anche un po’ temuto, a causa del suo occhio vigile e giudicante, con cui coglie ogni tic, debolezza e trasgressione degli esseri umani con cui viene a contatto. Il felino antropomorfizzato assurge così a coscienza rimproverante di qualsiasi avvenimento di cui venga a conoscenza.
È un gatto paziente, che sa aspettare l’evolversi delle situazioni, mentre in casa cresce l’ansia e l’agitazione per il futuro trasloco che costringerà i familiari a dividersi, o comunque a trovare una nuova e più costosa sistemazione in città. Lui mantiene le sue abitudini animalesche: caccia mosche, vermi, topi e uccellini, appostandosi con geniali strategie d’assalto nell’erba o negli angoli delle stanze. Contemporaneamente non rinuncia però a esprimere le sue ponderate opinioni sulle stranezze del nonno, sull’irrequietezza sessuale della giovane figlia, sulla pedantesca abitudinarietà del figlio e sulle isteriche lezioni di canto della nuora; commenta poi le notizie dei giornali, i concerti radiofonici, le trasformazioni architettoniche determinate dall’urbanizzazione capitalistica, il traffico e il consumismo, evidente soprattutto nell’avvicinarsi delle assillanti feste natalizie.
L’originalità del testo non risiede solo nella particolare e inusuale prospettiva dell’io narrante e nella caratterizzazione della sua indole mansueta eppure acutamente critica e sentenziante, ma nello stile con cui Anna Felder segue i labirintici percorsi visuali e mentali del gatto: in una lingua sempre inventiva ed echeggiante, con il filo del discorso che segue quello dei pensieri, sospeso a volte e poi subito riacciuffato ed espanso, in una sintassi franta e poi elegantemente ricomposta. Di cui è interessante dare qui un piacevole esempio:
Eppure, dentro la caligine più densa, da arricciare le narici anche tra le piante aromatiche tanto era insistente l’odore di cenere senza che se ne fosse mai visto il fuoco, in mezzo a tutto quel fiato grigio venuto a stagnare chissà da dove, da che branco di bestioni che per pigrizia o testardaggine non volessero più muoversi di lì; l’ultimo o il penultimo di dicembre, voglio dire, imbavagliati ancora nell’anno vecchio, con le pupille torbide di un chiuso sonno interrotto e i polpastrelli appiccicosi per i pavimenti trascurati durante le feste natalizie, noi di razza felina si era al di là: all’addiaccio, sulla linea dell’equatore: si era oltre il calendario gregoriano.
La disdetta
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