La faccia del mio vicino
- Autore: Krystyna Dabrowska
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2017
La poetessa polacca Krystyna Dąbrowska (1979) ha pubblicato diverse raccolte di poesie, tradotte in molte lingue e insignite di prestigiosi riconoscimenti. Con “La faccia del mio vicino” ha vinto il premio Valigie Rosse 2017, ed è appunto l’omonima casa editrice toscana che l’ha pubblicato, con una approfondita introduzione del curatore Leonardo Masi. Masi nel sottolineare la vitalità della poesia novecentesca in Polonia (ricordando i tre celebrati maestri Miłosz, Herbert e Szymborska, e i più recenti Zagajewski e Lipska), evidenzia come la nuova generazione – aprendosi anche a un più coraggioso sperimentalismo e all’assimilazione di influenze soprattutto statunitensi – si stia caratterizzando per un deciso rinnovamento semantico e un’acquisizione di stili più audaci e originali.
Tra i giovani poeti, proprio Krystina Dabrowska si è messa in luce per la semplicità della sua scrittura, vivace e ironica, attenta alle persone, curiosa verso ogni avventura del cuore e del pensiero, estranea alla metafisica e alla profondità meditativa: una scrittura energica, in movimento, immersa nel quotidiano. La sua poesia, così legata alla visualità, è debitrice a una formazione artistica di tutto rispetto: Krystyna Dabrowska, esperta di pittura, viaggiatrice e fotografa, si è laureata all’Accademia delle Belle Arti di Varsavia, e proprio nel ritratto ha trovato il suo particolare accento interpretativo.
“Variazioni sul tema dello sguardo, di uno sguardo declinato in tanti modi diversi”
commenta Leonardo Masi:
“Da che punto guardare per vederti? / Da vicino o da lontano? E da che tempo?”
Il guardare della poetessa si misura con il fuori da sé: nella metropolitana; a Gerusalemme, davanti al Muro del Pianto, con un ballerino di flamenco, con due coppiee nel parco. O, in un bellissimo trittico, con il vicino di casa,
“un professore / a cui è morta la moglie // … un signore impeccabile / che attraversa la sua vita ordinata / come ogni mattina attraversa il cortile”.
Tante facce, in questi versi, e dietro le facce tante storie. Anche la storia di una Polonia ferita, divisa, straziata da persecuzioni e dittature, ma raccontata con inquadrature di sbieco, spiazzanti e pudiche, come in improvvisi flash di Polaroid recuperate da un ripostiglio. Allora l’omaggio a Henry Cartier-Bresson, il tale con la Leica, è doveroso e riconoscente, perché il maestro fotografando
“Era loro ed era a lato, girovagava, scrutava, / paziente, veloce, modesto e sfacciato // … Che conosceva la gente / lo si capiva da come ne mostrava l’assenza”.
Così si propone di fare Krystyna Dabrowska, nei suoi versi, fissando facce e gesti, silenzi e urla, solitudini e affollamenti. Con un occhio che è il suo, e avvicinandola agli altri contemporaneamente la allontana, distanziandola anche da chi ama ed è amata:
“Non so dire noi, a meno che noi / non sia quel trattino fra l’io e il tu / che conduce la scintilla e a volte / è il prolungamento di una linea”.
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