La figlia femmina
- Autore: Anna Giurickovic Dato
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2017
Tra immagini del presente e innumerevoli flashback del passato, con eventi e vissuti che hanno luogo a Roma e Rabat, si snoda “La figlia femmina” (Fazi, 2017), intreccio di fatti intrisi di sentimenti buoni e malvagi, onesti e immorali e, soprattutto, primo, già notevole, romanzo di Anna Giurickovic Dato.
Gli eventi si dipanano in circa due decenni da quando Silvia, colei che racconta le vicende del romanzo, incontra Giorgio, futuro diplomatico dall’indubbio fascino, e di lui s’innamora. Solo il tempo di crescere, di conoscersi, poi convolare a nozze; ecco la coppia che giunge a Rabat dove Giorgio viene mandato per collaborare alle attività dell’Ambasciata. Un quadro idilliaco, una famiglia felice e fortunata anche perché rallegrata dalla piccola Maria, una perla, un gioiello, “una bambina speciale” come la definisce papà. È quasi matematico che il futuro debba conceder loro ogni felicità ma a volte i conti non tornano e qualcosa non va come previsto. La vicenda che dovrebbe sembrar quasi una fiaba rivela, pian piano, lati oscuri e sconcertanti che vanno a sconvolgere la vita di ogni singolo membro di quella famiglia ma, soprattutto della piccola Maria che, ora, a Roma, è una giovane dallo sguardo inquieto ed inquietante. È tornata da alcuni anni da Rabat dove aveva trascorso l’infanzia: lì le giornate erano serene, mamma Silvia s’appoggiava alla salda figura del marito. Papà Giorgio, in ogni immagine, è un uomo modello: rispettoso e fedele nei confronti della moglie, figlio affettuoso di mamma Adele che ogni tanto giunge da Roma e soprattutto padre premuroso di Maria. È lui che l’abbraccia, la fa giocare e, addirittura, è lui a farla addormentare ogni sera con una nuova storia. Son più le tenerezze per Maria che quelle per Silvia ma lei di questo è felice perché vede nel marito il migliore dei papà.
Perché, allora, se tutto fila così liscio, Maria sembra non stare bene? Perché nonna Adele ravvisa nella nipotina “uno sguardo da vecchia”, un’espressione triste che spesso sfocia in scatti d’ira della piccola verso chiunque, anche verso se stessa? Silvia affronta l’argomento con Giorgio ma lui la rassicura sempre e allora lei continua ostinata a credere alle apparenze anche se viene chiamata a scuola perché Maria ha reazioni troppo forti, immotivate e ripete in maniera ossessiva gli stessi disegni. Che importa? Maria, per la mamma, disegna sempre e solo carrube perché al centro del cortile della scuola c’è proprio questo albero e i bambini ne rubano i frutti. Inoltre, se la piccola manifesta, come dicono le insegnanti e la psicologa, curiosità esagerata nei confronti delle parti intime dei compagni, che male c’è? Tutti i bambini attraversano questa fase di scoperta e Maria, più attenta e intelligente di tanti altri, mostra solo di voler capire qualcosa in più.
La realtà non è questa: Maria è speciale non solo per l’intelligenza e la bellezza ma per un destino crudele che le ha messo accanto chi dovrebbe costruirle un futuro ma invece le rovina l’infanzia, principio e fondamento della vita. A dare una svolta agli eventi è la morte, forse casuale, di Giorgio sportosi troppo da una finestra. Per mamma e figlia tutto cambia e solo da allora, solo dopo tanto, troppo tempo Silvia apre gli occhi e comprende che la sua bambina non è più piccola da molto, che la sua infanzia è stata violata quotidianamente senza che lei s’accorgesse di nulla. Un quadro straziante agli occhi fino allora velati d’una mamma che si ritrova a fare i conti con la propria vita, a dover rimettere insieme i cocci d’una famiglia distrutta. Milioni di pensieri affollano la mente della donna ma soprattutto l’idea che lei, avrebbe potuto accorgersi di tanti piccoli, grandi segnali del male che affliggeva la mente e l’animo di colui che aveva sconvolto Maria e lei, come mamma, avrebbe potuto proteggerla. Silvia cerca di ricomporre la vita sua e soprattutto quella della figlia che è palesemente a pezzi: il loro destino dovrebbe essere come quella preziosa zuccheriera di porcellana andata in frantumi ma riparata in ogni piccola crepa
“Il dolore ti insegna che sei viva, bisogna valorizzare il solco che lascia”.
Non è così purtroppo. Anche a Roma Maria non trova pace e, mentre la mamma cerca di ricostruire un po’ di vita normale accanto a Vittorio, lei, vittima sacrificale, porta in sé ferite e lacerazioni che la fanno apparire a volte tormentata, a volte crudele, ma da quell’aura perversa traspaiono anni di cruda sofferenza. Lei è come quegli animali rinchiusi in recinti e torturati con scosse elettriche che quando vengono lasciati liberi non lasciano più il luogo di tortura, non cercano nemmeno più d’allontanarsi da quel posto tremendo anche quando vengono aperti i cancelli.
Così è Maria: imprigionata, chiusa in un passato che apparentemente cerca di cancellare ma che si porta dentro e che rivive e ripete a volte con atteggiamenti morbosamente sensuali e impudichi, altre chiudendosi in se stessa, giorno dopo giorno.
“La figlia femmina”, in libreria dal 26 gennaio 2017, è il primo romanzo della giovane Anna Giurickovic Dato ma merita di esser definito già un’opera “matura” perché, oltre al sapiente linguaggio con cui è narrato, presenta fatti e dinamiche assai tristi e crudi, purtroppo non così rari, evidenziati con sensibilità e grande capacità narrativa. La famiglia, luogo sacro per eccellenza, culla e riparo d’ogni nuova vita, diviene teatro d’uno dei peggiori drammi. Un libro intenso che di certo non lascerà insensibili molti fra i lettori.
La figlia femmina
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