La fortezza di Kalimegdan
- Autore: Stefano Terra
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
La fortezza di Kalimegdan (Gammarò Edizioni, 2024) è un romanzo scritto da Stefano Terra, giornalista e giramondo, antifascista e Azionista, vissuto in Egitto, gran conoscitore del Medio Oriente, espulso dalla Jugoslavia per le sue corrispondenze non allineate alle idee di Tito.
Ferrero, un giornalista inviato speciale di un giornale torinese, al termine di una missione all’estero torna nel capoluogo piemontese, sua città natale, e passando nella redazione del quotidiano trova una lettera che lo avrebbe trasformato "per un certo tempo in visitatore dei cimiteri e anche di uomini ormai dimenticati dei Balcani e del Vicino Oriente".
L’autrice della missiva è Anna, un’amica d’infanzia, vecchia compagna di giochi e di scuola, verso la quale aveva provato dapprima amicizia e successivamente, da ragazzo, un’attrazione subito interrotta quando lei aveva iniziato a frequentare amicizie appartenenti a una classe sociale ed economica più elevata, "i ragazzini delle ville in collina coi maglioni bianchi e racchette per il tennis".
Si erano così persi di vista e Anna Graglia si era sposata con Giovanni Brua, appartenente a una ricca famiglia torinese, che in qualità di ufficiale del Regio Esercito Italiano aveva preso parte alla Seconda Guerra Mondiale per scomparire nella notte fra il 30 ed il 31 gennaio 1941 sul costone occidentale del Male Monastir in Albania, nelle vicinanze di Tepelenisi.
Anna chiede a Ferrero di scoprire che fine abbia fatto suo marito, una richiesta sollecitata da più persone: da lei come moglie, dalla suocera come madre e da Giorgio Rattazzi come fidanzato di Anna nonché amico e cugino di Giovanni. Tutti e tre per ragioni comprensibilmente contrapposte vogliono sapere se Giovanni Brua sia ancora vivo, in modo da sgombrare il campo da qualsiasi dubbio o speranza. Un’ipotesi ancora in piedi perché una lettera anonima afferma che questi sia ancora in vita. Ferrero è restio ad accettare l’incarico perché ritiene che l’impresa abbia poche speranze di successo, ma anche perché cova dentro di lui un risentimento per l’allontanamento di Anna, quando aveva deciso di frequentare persone più ricche di lui.
A contribuire alla decisione, tuttavia, ci pensa il direttore del giornale che non lo vuole far partire per una nuova missione all’estero ma anzi gli propone di lavorare in redazione a Torino, un’attività mal retribuita e noiosa per un giornalista abituato a viaggiare. Ferrero sceglie, allora, di accogliere la richiesta di Anna e inizia a lavorare per un quotidiano di Roma.
E una sera di marzo parte alla volta del Pireo dal porto di Napoli. È solo la prima tappa di un viaggio che lo vedrà toccare la Grecia, l’Egitto, Israele e infine la Iugoslavia, dove parlando con persone di ogni tipo e ricostruendo il percorso effettuato da Giovanni Brua arriverà a scoprire la verità.
Il romanzo è uscito per la prima volta nel 1956 con la casa editrice Bompiani, e la storia, incentrata sulla ricerca di Giovanni Brua, è esposta in prima persona da Ferrero, il quale racconta, invece, la vita e le traversie professionali dell’inviato Stefano Terra. Inoltre, attraverso le vicende del giornalista-investigatore il lettore scopre il complesso lavoro necessario a quei tempi per raccogliere, scrivere e soprattutto inviare le corrispondenze ai propri giornali in patria.
Sono interessanti le descrizioni che Terra fa delle persone, accurate sotto il profilo psicologico oltre che fisico, come anche le descrizioni dei luoghi, descritte con l’accuratezza di chi li ha vissuti.
Stefano Terra è lo pseudonimo Giulio Tavernari (Torino 1917 – Roma 1986) che è stato scrittore, giornalista e poeta, vincitore del premio Campiello nel 1974 con il romanzo Alessandra, del premio Viareggio nel 1980 con Le porte di ferro e del premio Scanno nel 1984 con Albergo Minerva.
La prefazione del romanzo è a cura dello scrittore Diego Zandel, amico di Stefano Terra, che rileggendo l’opera ha ritrovato:
“diversi elementi, nomi, vicende che riempivano le mie conversazioni con lui: la guerra israelo-egiziana del 1956, i ricordi della vita ad Alessandria d’Egitto con i fuoriusciti di "Giustizia e libertà", la partenza da Cipro verso il canale di Suez a bordo di un vecchio Dakota e altri ancora che io ho ricordato facendo rivivere la mia amicizia con Stefano Terra nel romanzo Essere Bob Lang, a lui dedicato.
Ero del tutto dimentico che questi ricordi compaiono anche in “La fortezza di Kalimegdan” del quale avevo un lontano ricordo legato al fatto che Stefano Terra fu per tre anni, dal 1950 al 1953, corrispondente dell’Ansa e della Rai da Belgrado.”
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La fortezza di Kalimegdan
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