La gente come noi non ha paura
- Autore: Shani Boianjiu
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2013
“La gente come noi non ha paura” di Shani Boianjiu, giovanissima scrittrice israeliana, è un ripetuto pugno allo stomaco. Fuori dal coro della letteratura israeliana che ha in Amos Oz, Abraham Yehoshua e David Grossman i suoi capisaldi, Shani ha scritto un libro, in parte autobiografico, che racconta un momento particolare per un giovane israeliano: il percorso iniziatico del servizio militare obbligatorio per due anni. La Forza di Difesa Israeliana, Tsahal, possiede armi e sistemi informatici dei più avanzati, 186.500 effettivi e oltre 445.000 riservisti, è ritenuto da molti l’esercito più morale del mondo, di fatto, e lo dice bene Shani Boianjiu, negli ultimi anni è diventata una macchina da guerra che ha il diritto di fare tutto in nome della difesa dello Stato Israeliano. Sono aumentati così i disertori, li chiamerei obbiettori di coscienza, i suicidi, la promiscuità sessuale, gli stupri, le violenze tra i giovani diciottenni obbligati a prestare un servizio che li obbliga a compiere atti di violenza inaudita. L’esperienza del servizio militare diventa per molti un momento di radicale cambiamento di vita e di visione di essa. C’è chi impazzisce, chi fugge e ritorna in patria dopo tanti anni, chi rimuove tutto e cerca di riprendere in mano la vita precedente, chi s’imbruttisce a tal punto da perpetrare certe violenze acquisite anche nella quotidianità.
“La gente come noi non ha paura” è la storia di tre ragazze che, finita la scuola superiore, sono obbligate a lasciare la loro comunità al confino con il Libano, un luogo simile a quello in cui è cresciuta la stessa autrice, per il servizio militare. Yael insegnerà a sparare alle reclute in un campo di addestramento, finito il servizio di leva viaggerà per il mondo in una continua fuga verso se stessa e la sua patria; Avishag finirà davanti a un monitor di controllo al confine con l’Egitto e una volta congedata cadrà in una profonda depressione; Lea passerà le sue giornate a uno dei tanti Checkpoint a fermare e controllare palestinesi, dopo si sposerà, avrà tre figli e scriverà con uno pseudonimo libri che narrano dell’esercito israeliano e dei suoi rapporti con i palestinesi, tutta quest’apparente normalità, cercando di dimenticare gli orrori visti, subiti e fatti nell’alcool. Insomma, per tutte e tre l’esperienza militare e le paure vissute lasceranno degli strascichi e si ripercuoteranno in gesti rituali e ossessivi: Yael schiocca le dita; Avishag si attorciglia i capelli e Lea ha incubi notturni.
La struttura del libro, divisa in tre parti, prima, durante e dopo il servizio militare sottolinea l’impatto devastante sul futuro di molti giovani israeliani educati sin da piccoli alla guerra. Non mancano nel romanzo momenti d’ironia, gioia, amore ma in bocca rimane sempre l’amarezza di sapere con certezza che l’impressione, avuta incontrando quegli adolescenti equipaggiati di tutto punto, non sia stata solo una sensazione ma la verità.
La gente come noi non ha paura
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