La ladra di piante
- Autore: Daniela Amenta
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2015
Esordio letterario di Daniela Amenta, giornalista che si è occupata per anni di cronaca nera, politica, musica, inchieste e cultura. È stata caporedattore dell’Unità e critico musicale del Mucchio selvaggio. La ladra di piante (Baldini & Castoldi, 2015) è un romanzo scritto con intelligenza e verità, e che cambia verso per diventare un giallo intrigante e appassionante, in un’estate afosa a Roma. Una storia di solitudini e sconfitte di chi è costretto a vivere nella periferia della città, quella del quadrante sud che guarda il mare attraverso il percorso del Tevere. Una città senza una lingua e con un dialetto che è una parodia ibrida, che famo, che dimo. Una Roma odorosa, sporca e sgradevole che rimanda ai film realistici ed evocativi di Daniele Luchetti e dell’indimenticabile Claudio Caligari.
“Qui è il Sud di Roma. Il Sud fungaio, acquatico. Un fiume sopra, un fiume sotto. Un disgregarsi di muschio, di ribollire quieto, una rovina perenne, una crepa, un cadere e ricadere. Un umido. Qui, tra le Mura Aureliane, è un odore di calcestruzzo antico e di mentuccia romana, e di campagna che s’apre verso i Castelli che intravedo, vedo, oltre gli odori di treno, di rotaia, d’olio, di scambi, d’albanesi appesi, di travertino con gli odori bianchi e un grande orologio d’antrace a sud della stazione Ostiense.“
Anna è una giovane donna di trentatré anni con un lavoro precario. Laureatasi in psicologia con il massimo dei voti, lavora a contratto in un laboratorio universitario di Neurofarmacologia, dove vengono analizzate le cavie. Vive da sola all’ottavo piano su di un terrazzo dove prima c’erano i lavatoi. Una stanza è la sua casa e cento metri quadrati è il suo giardino rigoglioso ed incantevole, realizzato con le piante che ruba sui pianerottoli dei palazzi, piante buttate nei cassonetti, o abbandonate nei portoni, piene di polvere e mai bagnate. Il suo giardino ne ha tantissime e tra tutte spiccano le aspidistre, a Roma chiamate i foglioni. Sono le piante che Anna ama, nessun vivaio le coltiva più e sono difficili da trovare. Poi tra ficus, gelsomini e orchidee ha le calle, che chiama le Patti Smith in camicia bianca, le gardenie, che le ricordano Billie Holiday, la capelvenere che, inerpicandosi, sfida la legge di gravità e per questo è come le canzoni di Nick Drake e l’ibiscus, che le ricorda il contrabbasso di Mingus. La gente è irriconoscente verso le piante e la loro bellezza, pensa la nostra Anna; sceglie quelle che l’architetto ha consigliato o quelle più alla moda, e le usano come oggetti da esporre in vetrina. Sottratte ai rifiuti o rubate, le porta sul suo terrazzo e le nutre con cura e amore
“Stanno là, nella zona d’ombra, fiere e cazzute. Una macchia smeraldo sopravvissuta all’atomica, al disastro nucleare, all’Hiroshima condominiale.”
Riccardo Valdesi è un altro dei protagonisti del romanzo. Cinquantenne, vive in un monolocale nello stesso palazzo di Anna. È un cronista di nera, sottomesso agli ordini di un giovane direttore. Scrive di furti, di omicidi, di criminalità romana, il peggio che gli poteva capitare. In gioventù desiderava diventare il più grande critico musicale. È la musica la sua grande e vera passione, la musica che è un dono: Lou Reed, Nick Cave, The Clash. Avrebbe voluto essere come Bill Evans, elegante e geniale.
Bill Evans che sembrava uscito dal romanzo che non aveva mai scritto, la metafora perfetta di una vita imperfetta.
Come cronista deve stare sempre sulla notizia prima degli altri, chiamare i piantoni di polizia e dei carabinieri per sapere di delitti o disgrazie, incidenti o suicidi nel Tevere. Nel suo lavoro è aiutato da Lanfranco, pensionato e informatore della questura. Riccardo e Anna sono entrambi inquilini di una ricca e anziana signora, a Roma chiamata palazzinara, che vive con un gatto ed è accudita da una badante e dalla nipote. Sarà una canzone dei Clash, le cui note risuonano dal terrazzo, a farli incontrare in quell’estate romana. Un’estate torrida e macchiata di sangue: l’omicidio dell’anziana palazzinara, animerà la vita dei protagonisti che rivivranno passioni assopite. La storia di un incontro, sullo sfondo di un crimine, intreccia le solitudini dei personaggi, la stessa solitudine che aleggia nella grande città. La ladra di piante è un romanzo incisivo, leale, a tratti spietato, nel quale sono tratteggiate le varie umanità, la loro infinita malinconia, in una città amata e odiata, impigrita dalla gente che l’anima, calpestata e violata, e che fatica a brillare di luce propria.
"Detesto Roma per quanto è cambiata, perché ha smesso di essere sorniona e in fondo generosa e si è scoperta con una cuore nero, cattivo e respingente. Perché la politica d’accatto, da basso Impero, quella degli inciuci, delle mazzette, delle messe calzette è un tumore … “
La ladra di piante
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