La leggenda di Azzurrina
- Autore: Paola Amadesi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
La storia di Azzurrina è nota, per quel nome tanto insolito e per il ritratto della bimba romagnola: un bel volto tondo, con una cornice di capelli biondi che fa risaltare la luminosità di due occhioni chiari. Si tratta dello schizzo realizzato in stato di trance medianica da una pittrice e sensitiva, Novella Parigini, a metà del ‘900. Una scrittrice ravennate, Paola Amadesi, ha fatto il punto di questa vicenda e avanzato alcune ipotesi sulla soluzione dell’arcano, in un libricino della Collana del Mistero delle Edizioni Moderna di Ravenna, “La leggenda di Azzurrina e il castello di Montebello di Rimini” (2013, 80 pagine, 9.90 euro).
Prima la bimba o prima il maniero? Cominciamo dal luogo, che pur paesaggisticamente splendido e nonostante l’apparente denominazione, non ha niente a che vedere con la bellezza, perché il nome deriva da mons belli, in latino il monte della guerra. Infatti quella fortezza, costruita direttamente sulla roccia a 436 metri d’altezza, accanto allo svettante abitato di Torriana, domina la valle del Marecchia insieme al fortilizio fronteggiante di Verucchio, a poco più di venti chilometri da Rimini.
Vista la posizione strategica, non sorprende che sia stato a lungo in possesso dei Malatesta, i Signori della Romagna, sebbene la loro contrarietà al potere temporale della Chiesa abbia portato più volte i papi a trasferire il possedimento ai di Bagno. Al momento, dopo diversi passaggi nel corso dei secoli, Montebello di Torriana appartiene ai conti Guidi di Bagno.
Dopo l’ultima ricostruzione nel 1989, il castello è meta di visite guidate, di giorno e soprattutto di notte, quando i fantasmi preferiscono manifestarsi.
Chiedete in giro di Montebello, vi risponderanno in pochi. Aggiungete soltanto: Azzurrina e tutti tireranno fuori la leggenda della voce di una bambina, che nel solstizio d’estate, ogni cinque anni, all’inizio e a metà del decennio, si fa immancabilmente sentire nel silenzio notturno della rocca romagnola.
Il 21 giugno 1375, una bimba di otto anni, figlia dei Signori di Montebello, scese le scale che portavano alla neviera, la grotta nelle fondamenta dove si conservavano al fresco cibi e bevande. Inseguiva la sua palla di stracci, che rimbalzava sui gradini. Da quel momento e nonostante tutte le ricerche, nessuno l’ha più vista. Sentita invece sì, perché il castello è diventato fin dal passato meta di medium, che hanno assicurato di aver avvertito la voce di una bimba che chiamava la mamma.
Più di recente, ricerche finanziate da sponsor e legate anche a trasmissioni televisive, hanno reso risultati sorprendenti, grazie alle apparecchiature avveniristiche con cui sono state realizzate.
A cominciare dal 1990, rilevazioni con strumenti di metafonia all’avanguardia hanno registrato lo stesso suono. Sembra il grido di una bambina. Nel 2000, un’equipe tecnica guidata dal biometrico Daniele Gullà ha tracciato una vocina, che ripete “mamma”. Confrontata con quella di scolaretti del vicinato, è risultata certamente una voce naturale, non artificiale, ma neanche umana.
Una telecamera di Gullà si è invece bloccata dopo appena un’ora di registrazione automatica. Bene, l’ultimo fotogramma ha ripreso una sfera luminosa sul pavimento. La palla di Azzurrina?
Gli apparati audio hanno registrato un battito cardiaco e subito dopo un urlo prolungato, poi un colpo secco.
Nel 2011, sono stati accompagnati sensitivi che hanno avvertito la presenza di tre entità nel salone. In quel luogo agiscono indubbiamente delle forze.
Azzurrina era Guendalina, figlia di Ugolinuccio e Costanza Malatesta. O almeno così sembra, perché le date di nascita, matrimonio e morte dei genitori sono in stridente conflitto.
In aggiunta al mistero della scomparsa (dopotutto era costantemente scortata da due armigeri), c’è quello del nome. Una Guendalina non appare in nessun documento in Valmarecchia prima del 1815, sicché non era in uso in zona nel XIV secolo. Dal testo di un curato romagnolo, “Mons belli et Deline”, si potrebbe pensare piuttosto ad Adelina.
Altro elemento certo: la bimba era albina e all’epoca la credenza popolare attribuiva superstiziosamente un carattere diabolico alla peculiarità genetica che rende bianchi il colorito della pelle e i capelli. Per questo la madre li tingeva di nero con un preparato di sua composizione, che sotto l’effetto della luce finiva per far baluginare riflessi azzurrognoli. Da qui il soprannome.
Infuriava un temporale quando Azzurrina scomparve scendendo le scale. Solo un urlo, poi non si seppe più niente di lei. La leggenda popolare nacque presto, col contorno di rumori, pianti e inspiegabili accadimenti.
Nel 2012, nel castello di Montebello di Torriana, la troupe che girava un film dell’orrore, sfruttando i locali e l’atmosfera tenebrosa, subì strani incidenti e fenomeni ostili di vario genere.
Su questi ultimi Paola Amadesi non avanza ipotesi e spiegazioni. Sulla scomparsa di Azzurrina, invece…
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La leggenda di Azzurrina
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