La maledizione della peste nera
- Autore: Daniel Kalla
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2019
Lo considerano l’erede di Michael Crichton: è lo scrittore canadese Daniel Kalla, autore di un medical thriller molto apprezzato dalle migliori firme di polizieschi oltreoceano, “La maledizione della peste nera”, tradotto in italiano da Tullia Gasperini per le edizioni Newton Compton, che lo hanno proposto ad aprile (330 pagine, 9.90 euro il cartaceo con copertina in brossura, nemmeno 1 euro, 0.99 per l’eBook).
Per primi, sono i suoi colleghi americani Lee Child e Don Winslow ad avere promosso il dottor Kalla erede del dottor Crichton, indimenticabile narratore di crime fiction e romanzi d’ogni genere, precocemente scomparso nel 2008, a 66 anni.
L’insistenza sul titolo accademico non è casuale: come Michael, Daniel è medico di professione, insegna nella facoltà di medicina dell’Università della Columbia Britannica ed è stato in frontiera nei Pronto Soccorso, fino a dirigere la Medicina d’urgenza del St. Pauls Hospital della sua Vancouver. Intanto, ha trovato il tempo per scrivere dieci romanzi d’azione e a sfondo storico, tradotti in undici lingue e tutti con riferimenti ad argomenti medici, tra i quali si muove con grande disinvoltura.
Il tema di questa nuova fiction non ci porta lontano da corsie, camici e terapie, per quanto l’impatto di una pandemia di peste possa creare alla sanità moderna perfino più problemi di quelli gravissimi arrecati alla medicina pionieristica dei secoli passati. La Morte Nera, la più grande pestilenza della storia, si calcola abbia provocato nel 1300 la morte di un terzo della popolazione europea, ma se le vittime allora furono milioni, oggi sarebbero miliardi.
Nel romanzo, il batterio patogeno è sempre la yersinia pestis, trasmesso dalle pulci ai ratti e diffuso da questi agli umani. Provoca la peste bubbonica ed altre due versioni del morbo ancora più letali, la setticemica e la polmonare, incurabili se non affrontate con una massiccia terapia antibiotica entro 24 ore. Il vaccino risulta efficace solo con una copertura del 74%, vuol dire che tre soggetti su dieci non sviluppano l’immunità e possono contrarre ugualmente la malattia, concorrendo a diffondere la pandemia.
Nel Medioevo, una delle città europee in cui la peste si scatenò a metà del XIV secolo fu Genova, dopo l’approdo delle navi che rientravano dalla colonia di Caffa, in Crimea, circondata dai mongoli che avevano scagliato oltre le mura i cadaveri dei loro appestati, per contagiare gli assediati.
È sempre Genova la città in cui si verifica il primo nuovo caso. Il paziente zero è la capo operaia di un cantiere. Il decrepito monastero di San Giovanni è stato demolito per fare posto ad un fiammante museo. Nel corso dei lavori, è stata scoperchiata la cripta, un complesso seminterrato con un’intricata rete di passaggi e in certi punti tante piccole ossa.
C’è un anziano monaco benedettino, fratello Silvio, che si aggira pregando intorno alle macerie. Si racconta di una maledizione legata al vecchio edificio e nei capitoli alternati seguiamo il racconto di un cerusico genovese del 1348, l’ebreo Rafael, che con le sue pur sommarie conoscenze mediche descrive in un memoriale il drammatico diffondersi dell’epidemia, che gli ha sottratto la giovane moglie. Dà conto anche degli sforzi delle autorità civili e religiose di arginarla e riporta le trame di personaggi che perseguono obiettivi misteriosi.
Tornando all’oggi, la sventurata paziente accusa dapprima un forte mal di testa, astenia, debolezza. Nota un rigonfiamento sotto l’ascella e in breve comincia a tossire sangue. Pur ricoverata in un ospedale moderno come il San Martino, muore tra gli spasmi per una grave insufficienza respiratoria.
Si pensava ad una forma di tubercolosi, ma il dottor Oliva, infettivologo, ha un passato nell’Organizzazione Mondiale della Sanità e non gli sfuggono i segni di un possibile contagio da yersinia pestis, batterio che ha incontrato nel terzo mondo, ma che in Italia è scomparso da 400 anni.
Chiede un consulto alla collega di un tempo, Alana, come lui esperta in agenti patogeni pandemici. E la dottoressa britannica conferma: peste, una forma molto aggressiva. Pensano che la donna possa averla contratta in un viaggio in Etiopia, ma è rientrata da tre settimane è l’incubazione della yersinia non supera i sei giorni. Non fanno in tempo ad assicurarsi che il caso rimanga isolato, che una tecnica di laboratorio del San Martino finisce in obitorio. Aveva effettuato i prelievi sulla paziente zero ancora in vita, un grumo di sangue espulso in un accesso di tosse l’aveva investita.
Mentre con grande tensione si segue l’escalation della peste a Genova, con intervento di truppe d’elite della Marina Militare, il racconto di Rafael consente a Kalla di proporre pagine “manzoniane”. La piazza principale della città appare nel 1348 al giovane ebreo piena di corpi a terra, alcuni già cadaveri, altri scossi da accessi di tosse sanguinolenta. L’odore della decomposizione è insopportabile. I bambini non sono risparmiati, molti sono separati dai genitori, già deceduti. Randagi famelici scavano resti umani malsepolti. Risuonano urla di persone murate vive nelle case che l’arcivescovo ha ordinato di sbarrare dall’esterno, perché ritiene il contagio partito da lì. Eppure, a lato, il mercato è in funzione, come se niente fosse. La vita continua.
Poi, comincia la parte gialla del medical thriller. Buono, non c’è che dire.
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