La mia Italia
- Autore: Alfredo Reichlin
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2015
“La Repubblica, la sinistra, la bellezza della politica” è il sottotitolo de La mia Italia, racconto di una vita di Alfredo Reichlin, con un passato di militanza nel Pci, pubblicato da Donzelli in coincidenza dei novant’anni dell’autore.
“Arrivò il giorno della Liberazione. Vidi sulla Flaminia, poco prima di Ponte Milvio, le pattuglie della retroguardia tedesca che continuavano a sparare con le mitragliatrici e che uno dopo l’altro si fecero ammazzare senza arretrare di un passo”.
Dirigente del Pci per circa trent’anni e giornalista, direttore de L’Unità negli anni Sessanta, Reichlin in questo passo del volume rievoca quei momenti cruciali che il 4 e 5 giugno di di settantuno anni fa fa videro Roma prima capitale europea ad essere liberata dalle truppe del generale Clark dal giogo nazista.
“I primi carri armati li incontrai a piazza Venezia. Erano enormi, attorniati da soldati alti e chiassosi che portavano scarponi, con la suola di gomma”.
Si spalancava davanti alla generazione di giovani come Alfredo e ai loro genitori un nuovo universo, giacché “finiva la lunga guerra europea e arrivava l’America a governare il mondo”.
Reichlin se ripensa alla propria vita osserva un uomo che ha vissuto le vicende italiane dentro un tempo molto lungo. L’autore nato il 26 maggio 1925 a Barletta (“mio padre era stato una specie di eroe di guerra, legionario a Fiume con D’Annunzio”), ma sempre vissuto a Roma, ha fatto in tempo a vedere l’Italia del fascismo, della povertà estrema e della guerra: i bombardamenti, le macerie, la catastrofe dell’8 settembre, il re e i generali in fuga, la totale dissoluzione dello Stato, le SS e le Brigate Nere che spadroneggiavano. In mezzo a tutto questo caos ci furono ragazzi “come me che reagirono prendendo le armi”. È ancora penoso ricordare l’angoscia di quei mesi, il partigiano comunista diciottenne Alfredo “gappista” a Roma, i rifugi, le fughe, la fame, i morti ammazzati e la paura di finire nella prigione di via Tasso in una camera di tortura. E dopo la felicità della politica che si fa popolo, che ha il sapore della storia in atto, quella nuova soggettività che ha consentito a tutti gli italiani, anche agli ultimi, di scrivere la Carta costituzionale: la Repubblica Italiana.
Come i personaggi di C’eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola, Alfredo e i suoi coetanei erano felici perché giovani e liberi, si rientrava nell’Europa civile e “l’orizzonte delle nostre menti e delle nostre speranze si allargava”. Sia Vittorio Gassman/Gianni Perego, sia Nino Manfredi/Antonio, sia Stefano Satta Flores/Nicola Palumbo e Alfredo e i suoi compagni “avevano assaggiato quella mela dolcissima che è la partecipazione a quel raro momento della vita in cui la politica si fa storia e anche l’atto politico più umile tocca la sfera dei valori e dei significati”.
Reichlin ha conosciuto il Pci quando era ancora una straordinaria comunità umana: Togliatti, Ingrao, Berlinguer.
“Poi il comunismo è crollato e nello stesso tempo finiva il Novecento”, facendo scomparire tutto un mondo fatto di relazioni, d’idee, di cose, mentre andava in scena un’idea molto vaga del nuovismo, cioè “la transizione verso non si sa bene quale seconda Repubblica”.
E adesso, dove ritrovare nel nostro Paese l’idea di politica, intesa come “polis”, la più alta attività dello spirito, vista come dedizione al bene comune? C’è il rischio, avverte Reichlin, di passare dal governo della politica, intesa come sovranità del cittadino, al governo delle cosiddette consorterie. Se ieri era il partito di corte, i grandi notabili, la massoneria, oggi può essere “se vince la destra, lo svuotamento del Parlamento e delle istituzioni democratiche”. Rivolgendosi alle giovani generazioni, l’autore intende mobilitare le coscienze individuali sul compito che spetta a ciascun cittadino per la difesa del bene comune. Quindi finalmente pensare a questo Paese, il nostro, come “un insieme”: l’Italia dell’economia mista e dei molti milioni di persone che fanno impresa, quello stesso Paese che ha accumulato più di altri “sapienza e abilità secolari”, ma che ospita la più grande corruzione ed evasione fiscale.
“E tutto ciò convive con una enorme capacità di lavoro e di sacrificio”.
La mia Italia. La Republica, la sinistra, la bellezza della politica
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