La montagna incantata
- Autore: Thomas Mann
Si parla molto del tempo in questo romanzo di Thomas Mann. Eppure, sulla falsariga dell’ironia che tanto abbonda tra queste pagine, secondo me in realtà l’autore non vuol parlare del tempo, ma della sua mancanza. I personaggi che si avvicendano in questo sanatorio sperduto nelle montagne svizzere devono sì ingegnarsi a trovare sempre nuovi modi di trascorrere le giornate: tra le dispute letterarie e filosofiche, le avventure galanti, le sedute spiritiche, i pasti abbondanti, le sedute all’aria aperta, le conferenze di psicologia, la musica... si avverte un bisogno quasi fisico di scandire i giorni, le settimane, i mesi e gli anni con eventi nuovi o ripetibili che segnino delle "tacche", dei punti di passaggio. Eppure, tutto il tempo di cui sembrano disporre, alla fine, nelle ultime pagine, è come annullato nell’immagine di Hans Castorp che va all’assalto in uno scontro durante la prima guerra mondiale.
Ecco: la società prebellica, con tutte le sue fisime più o meno altisonanti, era agli sgoccioli e non lo sapeva.
Che cosa aleggiava nell’aria? - smania di risse. Irritazione con minaccia di crisi. Indicibile impazienza. Tendenza generale a battibecchi velenosi, a scoppi di collera, perfino alla zuffa. Litigi accaniti, incontrollabili diverbi sbottavano ogni giorno tra individui o interi gruppi.
Se però il libro può essere letto in un’ottica metaforica, i personaggi, altrettanto investiti di potere rappresentativo, sono comunque dotati di profondità e non diventano mai macchiette. Hans Castorp, ad esempio, il protagonista principale, non è un genio, ma neanche uno stupido: immerso nell’atemporalità del sanatorio, riuscirà a raggiungere vette speculative (quasi) eccelse; e anche se non riuscirà a sfornare ragionamenti logici come quelli di Settembrini e di Naphta, sarà sempre portatore di una curiosità che gli fa onore. La miscela alchemica che gli permette questo suo innalzarsi, tuttavia, può presentarsi solo là, nel sanatorio, e lui stesso si meraviglia di certi ragionamenti che non si sarebbe mai permesso in pianura (o "laggiù", come designano gli ammalati le loro patrie).
Sebbene a volte le dispute intellettuali ci rendano, oggigiorno, la lettura un po’ pesante, non si può non sentire la voglia di trovare a nostra volta un’"eccellente" sdraio per ammirare le montagne rivestite di neve.
La montagna incantata
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