La notte del professor Andersen
- Autore: Dag Solstad
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2015
L’incipit fa il verso a Hitchcock, in coniugazione scandinava. Un professore assiste dalla finestra all’omicidio di una donna e resta inerte. Non interviene né cerca aiuto e nemmeno denuncia l’assassino. Si limita a spiarlo dietro le tende del suo appartamento di cinquantacinquenne arrivato. Tutto questo perché “La notte del professor Andersen” (Deg Solstad, Iperborea, 2015) non è romanzo giallo, tutt’al più è un giallo interiore, ma nemmeno, a pensarci bene. “La notte del professor Andersen” si colloca tra le narrazioni profonde, di tipo filosofico. Può essere letto come un romanzo nietzschiano, dato che sul finire, pur se surrogato, si evoca un atto di potenza (scegliere in divergenza ai diktat della morale e della società).
“Il professor Andersen ha schioccato le dita e un assassino se ne va libero. Il professor Andersen sorrise tra se. Aveva dato la sua risposta. Era quella, Schioccare le dita” (pagina 145).
L’omicidio a inizio romanzo risulta allora, per Solstad, soltanto un movente, un pretesto come un altro per un discorso possibile su libertà e affrancamento, perfino dagli ideali generazionali. Come bene sottolinea Ingrid Basso nella sua postfazione al volume:
“Forse anche il professor Andersen un tempo era stato innamorato di un’opera d’arte, come di un ideale (leggi politico), ma il suo sospetto è che ‘la coscienza umana non sia adeguata a creare opere d’arte [le ideologie aggiungiamo noi] in grado di sopravvivere alla propria epoca”.
Ciò che rimane è un cupo nichilismo, riscattabile, forse, attraverso un (non) gesto autonomo, solitario, come quello di astenersi dal denunciare un omicida, lottando contro il senso di responsabilità. La dismissione dalle “funzioni” consuete (o di contro il loro mantenimento, a dispetto delle circostanze) fa sì che “La notte del professor Andersen” possa leggersi, per altri versi, come un romanzo vetero-pirandelliano. Non a caso comincia la notte di Natale con la “recita” sociale dell’albero e del cenone posta in essere dall’ateo professor Andersen e prosegue con il pranzo di Santo Stefano tra amici intellettuali (per "ruolo") a lui coevi. Il romanzo è dunque, in ultima analisi, un romanzo sfaccettato, insolito, gravido di interrogativi sottesi e palesi, ennesima riprova dello spessore intellettuale di Dag Solstad, attratto dai temi della colpa e del dovere, del compromesso e della ribellione. Parte da un delitto e approda alla presa di coscienza di una crisi, quella di un intellettuale e della sua generazione (di intellettuali), cambiati (imborghesiti) giocoforza, senza essersene neanche accorti.
La notte del professor Andersen
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