La pazzia dimenticata. Viaggio negli ospedali psichiatrici giudiziari
- Autore: Adriana Pannitteri
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
L’atteggiamento comune verso la malattia mentale non contempla vie di mezzo, è esso stesso schizofrenico e fuorviante: il rapporto dicotomico che si ha con la follia è di negazione (la follia non esiste) o di demonizzazione (il folle come soggetto da temere), da qui discende la de-privazione del suo statuto autentico, quello patologico, per l’appunto. Sullo sfondo dei nodi irrisolti della legge 180, i ritardi e i consueti balbettii istituzionali, la malattia mentale si ammanta di veri e propri contorni orrifici se accompagnata da “aggravanti” delittuose o da pericolosità sociale: è la declinazione più rimossa della psicopatologia, il lato oscuro in cui nessuno vorrebbe guardare, la “pazzia dimenticata” del saggio omonimo di Adriana Pannitteri (“La pazzia dimenticata”, L’Asino d’oro edizioni, 2013), full immersion nell’abisso degli OPG, sei, dislocati da Nord a Sud della Penisola. Quanto meno in teoria siamo agli ultimi fuochi: stando alle disposizioni di legge, si sloggia il prossimo 31 marzo, via tutti, baracca e burattini. L’inchiesta condotta dal senatore Ignazio Marino all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari ha rivelato un microcosmo simil-manicomiale, entro il quale l’abbrutimento quotidiano è il modus vivendi. Difficile da mandar giù persino nel paese degli struzzi per antonomasia, e dunque stop: gli ospedali giudiziari di Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Napoli, Castiglione delle Siviere, i luoghi dell’annichilimento istituzionalizzato, non esisteranno più a fine mese, fine della storia. Gli internati colpevoli di reati minori potrebbero essere assegnati ai dipartimenti di salute mentale (peraltro già in emergenza per via della gestione dei “normali” pazienti sul territorio), gli autori di crimini più efferati - psicotici gravissimi, necessitanti dunque di cure e attenzioni particolari - dovrebbero trovare accoglienza in strutture residenziali a carattere regionale. Il condizionale è d’obbligo, perché i complessi idonei all’accoglienza - al momento - esistono solo sulla carta. Non a caso, l’interrogativo che più si staglia dalle pagine de “La pazzia dimenticata” è questo: aldilà dei provvedimenti presi sull’onda della legittima indignazione, qual è stata - se mai c’è stata - la riflessione vera delle istituzioni in materia di cura e prevenzione della malattia mentale? In altri termini: date le crepe della legge Basaglia (sulla chiusura dei manicomi), più che il “dove” sarebbe auspicabile, una buona volta, confrontarsi sul “come” curare, se è vero che l’esclusivo supporto farmacologico non basta e che il disagio psichico si pone a tutt’oggi come il buco nero – il meno scandagliato - della coscienza civile del paese.
Anche alla luce della rimozione collettiva, questo saggio-inchiesta della giornalista Rai Adriana Pannitteri sulla malattia mentale si carica di valore aggiunto, rischiarando i gironi infernali degli OPG di una luce inedita e verista, faccia a faccia con i pazienti - i loro fantasmi, le loro storie -, il malessere degli operatori (personale psichiatrico e carcerario), delimitando i confini di Mattagonia, e al contempo le possibili prospettive figlie di un onesto confronto sul disagio psichico. Onde agevolare l’accrescimento della consapevolezza civile, credo che alcuni libri andrebbero adottati come corredo per la formazione di alunni e professori all’interno delle scuole: “La pazzia dimenticata” è uno di questi.
La pazzia dimenticata. Viaggio negli ospedali psichiatrici giudiziari
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