La sarta di Dachau
- Autore: Mary Chamberlain
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2016
“La sarta di Dachau” (Garzanti 2016, titolo originale The Dressmaker of Dachau, traduzione di Alba Mantovani) di Mary Chamberlain è il romanzo d’esordio dell’autrice inglese, professoressa di Storia a Oxford, caso editoriale del 2015, venduto in 26 Paesi e pubblicato ora in Italia in occasione della Giornata della Memoria.
Londra, gennaio 1939. La diciottenne Ada Vaughan, capelli castani dorati, agile e snella, viveva con la famiglia in una villetta a schiera a Lambeth, borgo londinese nella parte sud-ovest della città abitata per lo più dal proletariato operaio. La ragazza, talentuosa, ambiziosa e gran lavoratrice, lavorava come addetta al pubblico nella sartoria di Madame Duchamps a Dover Street, nell’esclusivo quartiere di Mayfair. Grazie alla sua naturale eleganza e al bel portamento, Ada sfilava anche come modella, “faceva ondeggiare i fianchi ancheggiando attraverso la stanza”, per le clienti della signora Buckley. La ragazza aveva un gusto raffinato e vestiva alla moda del tempo “gonna marrone pied-de-poule con pieghe a cannone e camicetta color crema con il collo chiuso da una spilla smaltata. Ada, abile sarta “la stoffa viveva e respirava”, aveva imparato tutti i segreti presso il negozio di stoffe del signor Isidore, dove aveva lavorato per alcuni anni. Il suo sogno era di aprire un atelier in cui creare abiti per ricche signore, magari a Parigi città che Miss Vaughan aspirava a conquistare, perché era consapevole che una vita di ristrettezze non era per lei “bramava di essere qualcuno”. Per migliorarsi la giovane donna aveva seguito un corso di dizione la cui prima lezione le aveva insegnato che senza la postura corretta non si possono emettere suoni gradevoli. In aprile in una serata di pioggia che rimbalzava sugli ombrelli e sui cappelli scuri dei passanti, Ada era appena uscita dal lavoro e si stava avviando verso Piccadilly per prendere l’autobus, quando una folata di vento le aveva fatto rivoltare l’ombrello. Un uomo dal volto magro, dai baffi corti e sottili, si era avvicinato per aiutarla. La ragazza, rimasta turbata dal colore dei suoi occhi “color verde acqua”, dal suo accento aveva capito che l’uomo doveva venire dal continente. Stanislaus von Lieben era il suo nome, che proveniva dall’Austria-Ungheria, “Quando ancora era un impero”. Al Ritz dove il conte l’aveva portata per un corroborante english tea, l’occhio esperto di Ada aveva valutato la lana fine color grigio del suo completo. L’autrice, per scrivere il libro, ha preso spunto dal vestito che indossava Eva Braun, l’amante del Fuhrer, il giorno delle sue nozze. La Chamberlain stava leggendo un saggio sulla II Guerra Mondiale, quando ha immaginato una ragazza deportata in un campo di concentramento, alla quale viene affidato il compito di realizzare l’abito
“sappiamo che Eva Braun indossò il suo abito che più piaceva a Hitler, di seta nera con rose rosse attorno alla scollatura”
Per documentarsi l’autrice ha incontrato e ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti. Inoltre la professoressa, per la figura di Ada si è ispirata a sua
“zia Violet che trascorse il periodo bellico come prigioniera del regime nazista”
La scrittrice tratteggia con abilità la figura di una coraggiosa ragazza, la quale armata di ago e filo, tenacemente intende sopravvivere agli orrori e agli stenti della guerra. Chi legge queste intense pagine, di amore e di guerra ma anche di speranza, non può che rimanere coinvolto dagli eventi descritti, dove la risolutezza di Ada è il motore della narrazione. Utile lettura, in questo giorno particolare, il 27 gennaio, a monito che questo periodo buio della Storia non si ripeta.
“Io ho un sogno e nessuno me lo può strappare”
La sarta di Dachau
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La vera protagonista del romanzo “La sarta di Dachau” non è, come dal titolo potrebbe apparire, la guerra, le sue nefandezze, la schiavitù in epoca nazista o Ada Vaughan, la giovane protagonista, ma è la “donna”, intesa come genere, come femminilità, come soggetto di diritti, a quanto pare diversi, talvolta minori, rispetto al resto del genere umano.
Interessante diventa capire come si poteva facilmente giudicare e “biasimare”, il modo “trasversale”, coraggioso, talvolta agli occhi dei benpensanti, moralmente discutibile, di affrontare la guerra da donna.
Mary Chamberlain impernia la storia su questa giovane ragazza, ambiziosa, che sogna di diventare "modiste", che incontra sul suo percorso uomini che le fanno credere di poter raggiungere i suoi obiettivi, ma che, in realtà, non la comprendono, non la rispettano, spesso la ingannano. Ada si ritrova, pertanto, a dover contare solo su se stessa, in un’epoca storica senza sconti, senza la minima indulgenza, senza possibilità di riscatto, per di più incarcerata in uno dei luoghi più tristemente famigerati della storia, Dachau.
Saranno solo le sue competenze, le sue abilità a darle la forza di resistere e di andare avanti.
A fine lettura hai la sensazione di aver trascurato un lato della storia dell’epoca importante e decisiva per capire come le donne abbiano superato le stesse difficoltà degli uomini ma con aggravanti in più, quali il giudizio inesorabile, implacabile, severo e, concedetemelo, “ottuso” non solo del nemico ma anche di chi avevano accanto.
Lettura riflessiva e introspettiva che consiglio, una scoperta rispetto al titolo che faceva intuire un “focus” leggermente diverso.