La scienza come professione. La politica come professione
- Autore: Max Weber
Il libro raccoglie la trascrizione di due conferenze dell’autore, tenute rispettivamente nel 1917 e nel 1919. Weber, forte di uno studio ampio e dettagliato – che comprende un’impressionante mole di citazioni letterarie e studi sulle più svariate culture – traccia un quadro nel quale descrive la professione all’interno della Scienza (nella prima parte del libro) e la figura del politico (nella seconda parte).
In entrambi le parti del testo si intravede un accenno al Nuovo Continente, che sta timidamente e lentamente facendo ingresso nelle politiche internazionali mondiali: gli Stati Uniti, che con il loro patrimonio culturale assolutamente diverso da quello delle nazioni europee, costituiscono un mondo completamente sconosciuto, ma che per la sua natura profondamente innovativa presto emergerà in maniera ancor più netta. Solo nella seconda parte del libro viene menzionata la Rivoluzione Russa, che nel periodo in cui Weber condusse la sua conferenza aveva ormai superato la prima fase di entusiasmo rivoluzionario, evento che l’autore attacca durante la sua opera, non rifiutandosi però di utilizzare alcuni suoi concetti e vocaboli-chiave.
Il lavoro dell’intellettuale è descritto come un duro percorso, dove l’aspirante scienziato si ritrova a dover combattere per sopravvivere, lottando per lasciare un contributo che dopo una decina di anni potrebbe essere dimenticato, dato che la scienza è vista come un processo additivo, dove un’innovazione viene superata dalla successiva e, a differenza di un’apprezzata opera d’arte, non è immortale ed è destinata all’oblio. Occorre quindi una vocazione per la scienza, una vocazione che spinga lo scienziato a proteggere il fuoco interiore della sua conoscenza, permettendogli di superare le difficoltà economiche, il rischio di essere dimenticato e non ponendosi come un profeta che spaccia per verità i propri giudizi di valore, ma lavorando come un onesto intellettuale. Stesso discorso per chi voglia intraprendere una carriera politica: chi vuole vivere per la politica deve rinunciare a tutte le altre attività e dedicarsi interamente ad una causa, mantenendo però oltre alla passione, anche la lungimiranza e il senso della responsabilità.
Weber è molto pessimista durante questa opera: è orfano di un’epoca di aristocratici e borghesi intellettuali che vivevano di rendita, una condizione spazzata via dopo il trattato di Versailles. Si ritrova a doversi guadagnare da vivere con la sua condizione di intellettuale, condizione non redditizia, ma, nonostante ciò, continua a mantenere un atteggiamento aristocratico, nel quale non nega che la conoscenza sia un dono per pochi dotati invece che per tutti. La condizione dell’intellettuale europeo, orfano di una precedente condizione di benessere, è diversa da quella dello studioso americano che, pur dovendo sottostare a degli obblighi ferrei imposti dai suoi superiori, riceve uno stipendio fin dall’inizio, mentre le carriere universitarie in Europa seguono logiche familiste e plutocratiche. Ad un’Europa ancora legata a statiche e desuete tradizioni aristocratiche, Weber oppone il mondo americano, pragmatico e dinamico, anche se privo di valori.
Il pessimismo di Weber riecheggia anche nella seconda parte dell’opera, quella sulla politica. Quando tratta del lavoro dell’intellettuale, Weber usa toni sobri – benché decisi –, mentre questa seconda parte è animata da un maggiore fervore, dove spesso traspare la delusione della Rivoluzione e il rammarico per la decadenza dei costumi politici.
Secondo Weber, a parte l’eccezione del mondo anglosassone, gli Stati moderni sono destinati a rimanere imbrigliati in una democrazia dove vige il potere della legalità, dove pochi privilegiati funzionari, spesso mediocri e raccomandati, governano ed escludono da questo compito personaggi realmente competenti e ispirati.
Tuttavia, anche se il quadro delineato da Weber risulta profondamente scoraggiante, l’autore ha uno stile di scrittura tutt’altro che dimesso, proponendosi in maniera combattiva, decisa, a suo modo virile. La scienza e la politica non sono lavori facili, chi non è adatto lo dica subito e si ritiri nelle religioni o in ideali utopistici e campati per aria!
Nonostante si concentri sulla situazione politica dei primi decenni del secolo scorso, Weber traccia un quadro completo sociologico che tocca alcuni argomenti straordinariamente attuali, menzionando addirittura – con un imbarazzante anticipo – tematiche che ancora causano discussioni, come l’eutanasia. Un’analisi sociologica è superficiale se si limita ad analizzare i contenuti di un qualsiasi fatto, Weber analizza gli eventi nella loro essenza.
Certo, se Weber fosse vissuto ancora qualche anno, avrebbe potuto verificare che le sue previsioni sull’impossibilità di emergere da parte di capi carismatici, erano sbagliate!
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