La scomparsa di Majorana
- Autore: Leonardo Sciascia
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Adelphi
A metà strada tra la biografia, il romanzo e l’indagine giornalistica, Sciascia indaga sulla scomparsa di Ettore Majorana, un fisico realmente esistito e scomparso nel 1938, poco più che trentenne. Lo scrittore non è convinto delle conclusioni raggiunte dalla polizia, secondo le quali lo scienziato si sia suicidato, probabilmente gettandosi in mare; una conclusione cui si arriva da alcune lettere lasciate dallo scomparso, ma che non è mai stata suffragata dal ritrovamento del corpo. La scarsa fiducia di Sciascia nell’inchiesta si desume subito dal primo capitolo, in cui, leggendo tra le righe del burocratese e facendo attenzione alla scelta delle parole, lascia capire che la polizia e le personalità politiche coinvolte si sono arresi alla soluzione più facile, senza tenere conto della personalità e della vita di Majorana.
Perché Sciascia ha deciso di scrivere un libro su un fatto di cronaca apparentemente banale, come il presunto suicidio di uno scienziato? Perché questa personalità incarnava, ai suoi occhi, il dissidio tra scienza e responsabilità. Majorana, studioso e professore universitario brillante ma taciturno, sembra fosse un genio: Sciascia non è l’unico a descrivere il suo scribacchiare formule matematiche su qualunque supporto cartaceo, dai pacchetti di sigarette ai tovagliolini di carta; quello che lo rendeva misterioso, però, era il suo vivere ritirato e la sua tendenza a non lasciarsi andare a chiacchiere con colleghi e parenti. Non sembra che avesse amici, ma forse un’eccezione la si può trovare in un altro fisico, Heisenberg, che conobbe durante un viaggio di lavoro a Berlino. È dopo questo viaggio che Majorana si chiude in casa a scrivere per ore e ore, sia di giorno che di notte, ma i risultati di questo indefesso lavoro, se si escludono due brevi trattati scientifici, vennero probabilmente distrutti dallo stesso autore. Che cosa aveva studiato o scoperto in quel ritiro autoimposto? C’è un legame tra quei giorni e quelle notti di misterioso lavoro e la sua scomparsa? C’entrano qualcosa gli studi sull’atomo di quegli anni e l’incontro con Heisenberg, fisico che notoriamente si interrogava sulle responsabilità della scienza? Ci sono domande cui non si possono trovare risposte certe, ma Sciascia sente il bisogno di porre certe domande e di non lasciarle inespresse tra i fogli di un’inchiesta frettolosa.
L’unica a non porsi dubbi sulla scomparsa di Majorana fu sua madre, che nel testamento decise di lasciargli comunque la sua parte, per quando sarebbe tornato: talmente sicura che il figlio fosse vivo da restare sorda ai risultati della polizia, come se non fossero mai stati messi neri su bianco.
Sciascia non raggiunge simili livelli di certezza, ma lascia aperto il dubbio:
“Qualcuno qui, in questo convento, si è forse salvato dal tradire la via tradendo la cospirazione contro la vita; ma la cospirazione non si è spenta per quella defezione, il dissolvimento continua, l’uomo sempre più si disgrega e svanisce in quella stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.”
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