La signora Gocà
- Autore: Marella Agnelli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2015
La signora Gocà è l’autobiografia di Marella Agnelli, dedicata agli anni giovanili della moglie dell’Avvocato, edita da Adelphi.
“La villa era stata occupata. Prima dai tedeschi, poi dai repubblichini e adesso c’erano gli sfollati, come li chiamava Gino, il giardiniere”.
La piccola Marella insieme al fratello maggiore Carlo e a quello minore Nicola, la sera, le luci accese, osservava con stupore attraverso le persiane socchiuse della dimora ai Cancelli, a Firenze, tutte quelle persone che erano assiepate in quelle che “un tempo erano state le nostre camere”. Ora la guerra finalmente era terminata, la famiglia di Marella composta dai genitori, il padre Filippo Caracciolo di Castagneto, dalla madre Margaret Clarke e dai tre figli, era alloggiata in una “casetta” un tempo colonica, dalle mura spesse come quelle di una fortezza, appartenente alla nonna materna Alice.
La famiglia si era ricostituita ma era inverno e faceva freddo, per qualche ora la sera veniva acceso il fuoco nel grande camino di quella che un tempo era stata la cucina. In questo camerone avevano trovato rifugio i libri della villa padronale, molti tomi, perché confluivano da tre diverse biblioteche, quella americana della nonna Alice, quella inglese della nonna di Filippo e quella italiana proveniente da un avo coltissimo, il principe pugliese Mele Bardossi. Questi volumi, disposti un po’ in scaffalature lungo i muri, un po’ ancora in casse, erano ispezionati con curiosità infantile dai rampolli Caracciolo fino a quando non avevano rivolto la loro attenzione al locale sopra il garage, dove avevano scoperto, in grandi armadi di legno, fotografie e lettere. Una serie di memorabilia che agli occhi di Marella, Carlo e Nicola risultavano quanto mai affascinanti, autentiche testimonianze di vite passate in luoghi diversi. Album e fotografie ingiallite dal tempo sul retro delle quali c’erano timbri di Chicago o New Orleans.
Si notavano “visi attoniti, inespressivi, forse duri e vestiti semplici che contrastavano con i sorrisi appena accennati, i pizzi, le perle, le parures, le calèches delle donne napolitane”. Un giorno però per conto suo, Marella aveva scovato un “bauletto di chagrin” messo in disparte che “non feci vedere subito ai miei fratelli”. Ricoperto da una pelle di pitone verde chiaro, il bauletto al suo interno conteneva pacchi di lettere tenuti insieme da nastri:
“La corrispondenza che si erano scambiati mia madre e mio padre fin dai loro primi incontri”.
Una grande emozione per la piccola Marella osservare la bella calligrafia regolare di suo padre, allora giovane militare nel Genova Cavalleria, dal viso di ragazzo. Filippo aveva conosciuto Margaret quando aveva compiuto diciotto anni, lei era più grande del suo spasimante che considerava con tenerezza come un ragazzino. Tanto più Margaret era lontana, la ragazza viaggiava spesso con la madre o con Mary la sua sorellastra, o se presente inaccessibile, tanto più Filippo si innamorava.
“Il desiderio contrastato crea la passione”.
Un matrimonio quello tra Filippo e Margaret appassionato e tormentato.
“Però non si lasciarono mai”.
L’autrice, nata a Firenze il 4 maggio 1927, collezionista e designer, attraverso cinque capitoli che corrispondono a cinque luoghi del cuore (I Cancelli, il castello di Ratzötz a Milan frazione di Bressanone in Trentino Alto Adige, Ankara in Turchia, il Roncaccio in Svizzera e lo swing di Roma liberata nel ’44), rievoca dalla “seppia evanescente” del passato una serie di personaggi jamesoniani ritratti con gusto ed evocativa nostalgia. “Esteti, colti, raffinati”, gli angloamericani Clarke, denominati con una cattiveria tutta fiorentina “anglobeceri”, nei ruggenti primi anni del XX Secolo, elevarono l’Italia e Firenze come loro patria di adozione.
Marella Agnelli, insuperata icona di stile, soprannominata The Swan, Il Cigno, dal fotografo Richard Avedon, in questo memoir torna al magico mondo dell’infanzia. A quando si pensa al domani, a “quando saremmo stati grandi”, a quel “futuro remotissimo, ma plasmabile e possibile”. Simbolo di quella magia, “il più bel gioco del mondo”: la Signora Gocà.
“Il gioco deve essere nato per conciliare il desiderio di Margaret di vederci al suo risveglio e quello di prendere il suo tè in pace”.
La signora Gocà
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