La sorella nascosta
- Autore: Piero Orlandi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Il Novecento italiano visto attraverso le emozioni e il modo d’essere di due fratelli e due “sorelle”, coppie di generazioni successive (diventano tre con l’aggiunta dell’io narrante, Marcello).
La Storia nella storia di una famiglia, vicende collettive accanto a sentimenti privati. Guardando l’indice: un prologo nel 2007; capitoli tra il 2 e il 9 settembre 1963, da un lunedì all’altro; qualche giorno appresso; per finire con “in seguito”. Ecco il romanzo di Piero Orlandi dal titolo La sorella nascosta (Edizioni Pendragon, Bologna, gennaio 2024, collana Linferno, 362 pagine), secondo dell’architetto da poco ultra settantenne, alla seconda prova narrativa dopo racconti, poesie e Cosa volete sapere, uscita due anni fa.
Ha scritto anche saggi (sul paesaggio urbano, l’architettura del ’900, la fotografia) e anche in questo nuovo lavoro sono coprotagonisti il contesto ambientale, lo spazio geografico oltre a quello intimo dei pensieri, lo scenario esterno oltre al mondo interiore dei soggetti narrati.
Un romanzo a due velocità, quella incalzante della vita, delle città, della gente e quello circadiano dei protagonisti narranti, più lento e ragionato, scandito emotivamente dal battito cardiaco individuale, a volte irregolare.
I due ritmi diversi sono anticipati nel brevissimo contatto casuale con uno sconosciuto, in avvio. Marcello è preso dai suoi pensieri davanti a un civico di via Farini e deve scostarsi, per far passare un tale che lo guarda interrogativo, con l’atteggiamento sospettoso di chi si muove nel proprio territorio e sorprende qualcuno che non vi appartiene, domandandosi cosa l’abbia portato lì, se non sia un perditempo, un intruso, magari un malintenzionato.
Fatto sta che Marcello è letteralmente in un altro mondo, non quello reale di quel tizio, ma la dimensione metastorica propria di questo romanzo, quella in cui conduce con i suoi ricordi.
A spasso in centro per Bologna, si è ritrovato dove abitava Emma, l’insegnante di latino. Gli è sembrato anzi di vederla passare, ma non può essere.
È morta da anni, prima della madre. Un’abitazione luminosa, grande, piena di scale e di terrazzi sul tetto. Si ferma davanti, riconosce il cancello, cerca sui campanelli chi abbia sostituito Nocenti, ma deve scostarsi perché un signore ha fretta di entrare. Passando, quello lo squadra con aria irritata, indagatrice. Marcello si allontana, per evitare d’essere costretto a rispondere.
Camminando, decide di andare a riaprire la scatola degli oggetti di sua madre. Contiene anche quel diario che non ha mai avuto il coraggio di leggere. Gli faceva paura, ma è arrivato il tempo di farlo:
“Forse mi aiuterà ad avere coscienza della mia vita, come diceva lei con quelle frasi un poco enigmatiche, molto inquietanti. È ora di leggerlo e magari trascriverlo, mettendoci anche quel poco che so di lei e della sua famiglia”.
Apprende che Alda ed Emma si conoscevano, sebbene non si frequentassero, eppure nel 1963 sono diventate inseparabili, da quando la prima si è rivolta alla seconda, professoressa, per un parere sul futuro del figlio, alla fine delle medie. È tagliato per il classico? Può iscriverlo al ginnasio? Alda è madre di Marcello, moglie di Giovanni, figlia di Giuseppe, un ufficiale.
Emma - scrive Orlandi - non ha mai lasciato intravedere gran che della sua personalità, eppure ha sempre guardato nelle vite degli altri. Della sua, invece, la gente ignora quasi tutto. Alda non ha fatto eccezione fino ad allora, tuttavia da quel primo lunedì di settembre del 1963 cominciano a vedersi quasi tutti i giorni, all’improvviso e un po’ per caso, con grande naturalezza. Per Alda, la compagnia di Emma diventa di punto in bianco indispensabile.
Cancella tutti gli impegni o li sbriga in gran fretta, per poterla raggiungere ogni giorno, di mattina o di pomeriggio.
Nella settimana del romanzo e nel diario di Alda sono costanti i rimandi al passato, ai fratelli Carlo e Giuseppe, alla loro evasione consapevole dal poco che avevano nella famiglia rurale, retta dal papà allevatore. Carlo non è andato lontano, ha raggiunto Bazzano e n’è diventato sindaco. Giuseppe non sopporta il rapporto col padre e a diciotto anni e mezzo si arruola volontario nel 1894 nel Regio Esercito, impegnato nella guerra d’Abissinia. Fa carriera.
Nel 1918, tenente, lo vediamo entrare in un collegio femminile di Bologna e incontrare Emma Nocenti, adolescente di cui paga le rette di mantenimento.
Sempre nel diario, Alda ed Emma si scambiano la storia narrata da Orlandi nel romanzo, che prende spunto dalla sua vicenda familiare, Piero non lo nasconde.
Vi si ritrovano momenti chiave del fatidico secolo breve, il Novecento: il terremoto del 1908 a Messina e Reggio Calabria (Giuseppe è di stanza in Sicilia), le due guerre mondiali, vicende di Bologna e della provincia. Nel fissare i caratteri del fratello del nonno di Marcello, si è ispirato a Carlo Termanini, un prozio, militante del Socialismo storico e sindaco di Bazzano per un quindicennio, promotore di un grande sviluppo locale anche urbanistico.
Gli interessi dell’autore, aree urbane, paesaggio, vita di comunità, si fondono con la curiosità per lo sviluppo dei caratteri, l’emotività, l’identità dei personaggi.
Piero Orlandi è stato certamente un adolescente con gli occhi aperti nei primi anni Sessanta. Si coglie nei camei del costume-spettacolo di allora: nel ricordare Papa Giovanni XXIII, i film con Louis de Funès, Paola Pitagora nei panni di Lucia Mondella in TV, Rina Morelli in quelli della signora Maigret, il maestro Gorni Kramer che dirige l’orchestra il sabato sera, sempre sul piccolo schermo.
È il periodo tra le Olimpiadi di Roma e il maggio francese, il più bello e intenso per chi oggi ha superato i settant’anni.
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