La storia di Santa Claus
- Autore: Gerardo Cioffari
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
Dai Saturnali ai magi, da San Nicola a Babbo Natale, “La storia di Santa Claus” (Centro Studi Nicolaiani, Bari, 2010, pp.128, s.i.p.). Al netto di divagazioni fantasiose (e ce ne sono tante!) ecco per intero l’itinerario storico che ha trasferito il portatore di doni per eccellenza dalle comunità cristiane mediterranee alla civiltà occidentale, anglosassone e protestante. A risalire agilmente l’intero lungo percorso culturale, tra una religione e un’altra, tutti i continenti e svariate decine di secoli, è un monaco domenicano, Padre Gerardo Cioffari, o.p. (sta per ordo predicatorum, Ordine dei predicatori), in un volume fresco, brillante, informato e decisamente approfondito, pur nella sua brevità. Edito nella collana Studi Nicolaiani della basilica che custodisce il santo vescovo di Myra, rivela nella confezione e nella veste grafica di uscire dalle tipografie della casa editrice barese Levante.
Parlare di storia, quando ci si occupa di Santa Claus, perde significato, finendo col designare i suoi opposti: la leggenda, la favola, il racconto fantasioso. Ognuno infatti interpreta questa figura come preferisce, fa notare l’autore. È dalla curiosità colta di mettere un punto fermo che nasce il suo impegno a ricostruire, sulla base di testimonianze manoscritte e di eventi storici poco conosciuti, la trasformazione popolare di San Nicola. Dalle figure antiche di Saturno, di Strenna (antenata della Befana) e dei Magi è attraverso il vescovo greco e olivastro di Mira all’epoca di Costantino il Grande che si arriva all’ultimo cambio d’abito, che lo vede assumere l’aspetto e i panni del vecchio Santa Claus e del nuovo Babbo Natale.
Nell’arco di ben 2500 anni, le caratteristiche di uno passano all’altro, trasformandosi, ma conservando delle costanti praticamente immutate: i doni portati ai bambini - e non solo - e, da due secoli, la silhouette ampia ma tutt’altro che sgradevole del simpatico vecchio tondetto con la barba bianca.
Si muove dai Saturnalia, le feste popolari che nell’antica Roma si celebravano il 17 dicembre, nel ricordo del tempo felice di Saturno (padre di Giove ma anche divinità etrusca), che nell’antico Lazio faceva convivere uomini e donne in pace e armonia, non c’erano padroni e schiavi, ricchi e poveri, tutti vivevano in un eden olimpico. Un’età dell’oro, dono del dio pagano.
Proprio sotto la suggestione ancestrale di Saturno & co., la “decostruzione” della figura del Santo operata dal mondo protestante del Nord Europa non è riuscita a sradicare la memoria dell’uomo dei doni (troppo briosa, troppo generosa), sebbene pian piano l’abbia separata del tutto da quella del Santo.
Dalla Licia (oggi Turchia mediterranea) che lo vide agire Nicola nel IV secolo d. C., il culto passò a Bari, dove vennero trasferite le spoglie del vescovo dei miracoli. Dall’estremo Sud dell’Europa si estese al resto del continente, raggiungendo la Scandinavia ma perdendo per strada i connotati strettamente religiosi. Furono gli Olandesi a farlo arrivare nel Nuovo Mondo, a Nuova Amsterdam, l’attuale Manhattan. Qui avvenne la metamorfosi del nome. I coloni Orange lo chiamavano Sinterklaas, pronunciando a modo loro una già precedente storpiatura sassone (Santa Klaus) del latino San Nicolaus. Ma in America del Nord le radici della lingua erano anglofone e fu così che Sinterklaas tornò Santa Claus.
Nel passaggio, perse però l’identità di Santo e la ricorrenza. Portava ancora doni, ma non più il 6 dicembre, perché l’integrazione nella società protestante aveva modificato i connotati di santo del calendario cattolico. La consegna dei doni slittò in avanti, al solstizio d’inverno, celebrato dai popoli pagani e celti del Centro Europa. E finì per coincidere col Natale cristiano. Nacque Father Christmas, Babbo Natale.
Persa la santità, guadagnò in compenso una slitta, perché il 25 dicembre è in pieno inverno e delle terre del sole il buon vecchio era salito molto su in Europa, verso le latitudini nordiche innevate. E visto che una slitta è trainata da quadrupedi: perché non renne? Almeno due. Fosse rimasto mediterraneo, "Don Natale" avrebbe montato un carretto, indossando una coppola. Donner e Blitzen sarebbero state Tuonere e Lampu o qualcosa del genere.
Come si è arrivati al vestito di panno rosso bordato di pelliccia bianca? Per una campagna commerciale della Coca Cola, che nel 1931 adottò il buon vecchio barbuto come testimonial pubblicitario per diffondere la bibita tra i bambini e gli adolescenti. Era una figura già popolare e amata, lo conoscevano come portatore di doni. Prese i colori, bianco e rosso, della Compagna di Atlanta, leader nella vendita di bevande analcoliche.
Abbiamo visto il passato. Conosciamo il presente. C’è da chiedersi quale futuro aspetti Babbo Natale. Tuttavia, non sarebbe facile rispondere, se non usando tanta fantasia. Una cosa, per padre Gerardo Cioffari, è certa: Santa Claus è immortale e sempre vincitore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La storia di Santa Claus
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