La suspense
- Autore: Stefano Calabrese
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2016
La colonna sonora è cupa, la mdp procede bassa, rasente a pelo d’acqua. Il crepuscolo si estingue nell’oceano, sta facendo sempre più buio. Il pensiero giocoforza va allo squalo. “Sappiamo” che è in agguato da qualche parte negli abissi. Sappiamo che LUI c’è. La ragazza nuota goffamente: bracciate rigide da nuotatrice inesperta, teniamo il fiato per lei. Sono attimi sospesi, sono gli attimi della suspense cinematografica.
Salto di tempo e spazio: adesso ci sono una matrigna ed un figliastro. La prima lo desidera carnalmente, il secondo non ne vuole sapere, lei progetta di ucciderlo col veleno. Sfortuna vuole che la pozione finisca dove non dovrebbe e venga bevuta dal figlio naturale della donna. Dell’omicidio viene accusato il figliastro innocente, che rischia di grosso. Il lettore patteggia per lui, assiste all’evolversi dell’intreccio in punta di poltrona (“ce la farà?, non ce la farà?”), è presso che inevitabile. Se il climax ti ha preso, il fiato è corto, la suspense anche stavolta fa il suo dovere. Quest’ultimo episodio è tratto da “Le metamorfosi” di Lucio Apuleio, II secolo dopo Cristo, più o meno.
Tra cinema e letteratura (oggi come oggi anche spot televisivi e fumetti) la suspense si impone come espediente narrativo per eccellenza; tradotto in sintesi la condizione ansiosa di chi attende/teme/auspica che un fatto possa verificarsi o che una situazione incerta risolversi. Senza suspense, insomma, non c’è narrazione, oppure se c’è annoia quasi sempre. Di esempi sulla scia è pieno “La suspense” (Carocci, 2016) il saggio che Stefano Calabrese dedica proprio all’attrattore per antonomasia di lettori e spettatori; esplorandone tra teoria e prassi le funzioni neurocognitive che sollecita e le ricadute emozionali che produce.
Ma il volume di Stefano Calabrese non si esaurisce qui, nel senso che è tutt’altro che un saggio di neuroscienza applicata in senso univoco. Con la stessa puntualità con cui si addentra tra le connessioni neuronali della nostra mente, esamina infatti i meccanismi della “narrazione sospesa” di film e romanzi, attraversando, tra i tanti, Euripide e Stieg Larsson, il Polansky di “Chinatown”, l’immancabile Alfred Hitchcock, i capiscuola Poe, Conan Doyle, fino all’epigono Camilleri. Per provare come la suspense rappresenti un’onda comunicativa molto lunga: ha tracimato e continua a tracimare via media anche oggi. Per chiudere, in tal senso, con le parole dell’autore stesso:
“Se provassimo a sintetizzare per funzioni dominanti la storia della suspense in letteratura dovremmo dire che quando inizia, nel Settecento, ad agire come un operatore di significato negli intrecci romanzeschi (…), essa corrisponde a una funzionalità che oggi si è ulteriormente potenziata, poiché la lettura della mente e l’allertamento predittivo sono più che mai legati a strategie di sopravvivenza sociale o affettiva”.
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