La tortura in Italia. Parole, luoghi e pratiche della violenza pubblica
- Autore: Patrizio Gonnella
- Anno di pubblicazione: 2013
Ci sono un uomo in catene e una cane dall’aria feroce che lo minaccia da vicino. C’è un altro uomo incappucciato, in piedi su uno sgabello basso, dei fili elettrici gli penzolano dalle mani, tra l’indifferenza dei militari attorno ha addosso qualcosa di macabro e di incongruo al tempo stesso, una specie di manto nero che gli avvolge il corpo (sembra una di quelle statue portate in processione nelle feste di paese). Comodo indignarsi per le torture di Abu Ghraib, pensare che l’ignominia perpetrata da uomini su altri uomini con la benedizione dello Stato in armi sia qualcosa di lontano, appartenga solo agli altri, alla condizione di guerra.
Il saggio che Patrizio Gonnella dedica alla pratica della tortura in Italia (“La tortura in Italia. Parole, luoghi e pratiche della violenza pubblica, DeriveApprodi, 2013), al contrario, non rimuove, non illude e nemmeno fa sconti: sposta il focus alle “nostre” latitudini, nel cuore di tenebra della “nostra” democrazia (tutt’altro che il migliore dei mondi possibili) e così sia. Chiamiamolo col suo nome l’interrogatorio dell’anarchico Giuseppe Pinelli prima del suo “volo” dal quarto piano della questura di Milano. Chiamiamole col loro nome le delazioni estorte a via di sevizie ai brigatisti in manette dal fantomatico Professor De Tormentis (col beneplacito del Generale Dalla Chiesa). Senza contare l’orrore clamoroso consumato in nome del “mantenimento dell’ordine pubblico” nelle aule-macelleria della Diaz, a Genova, luglio 2001. Come scrive Gonnella a pag. 12 del suo libro:
“La dignità umana non è riassumibile nella sola integrità fisica, psichica o psico-fisica. La dignità umana è il bene giuridico protetto dalle norme penali, laddove esistenti, che incriminano la tortura (…) La tortura degrada l’uomo a cosa, lo riduce a mezzo. La tortura è sempre finalizzata a strumentalizzare l’uomo in funzione investigativa o punitiva. La dignità umana non è riassumibile nella sola integrità fisica, psichica o psico-fisica. La dignità umana di diverso, di meno tangibile, di più complesso”.
E ancora più avanti, a pagina 32:
“Anche il carcere, e più in generale la privazione della libertà, con le sue regole, le sue imposizioni, le sue vessazioni quotidiane, le sue oggettive degradazioni e infantilizzazioni, anche quando è normale vita detentiva tende a ridurre l’uomo a mezzo”.
Nell’abisso legislativo italiano (che non contempla il crimine della tortura), le azioni di violenza subdola degli apparati polizieschi sul cittadino si alimentano e si consumano dall’ombra e nell’ombra; dimensioni parallele e sconosciute soltanto a chi non vuole/non sa/non può vedere, a chi si ostina contro ogni evidenza, in buona o malafede, a volgere lo sguardo dall’altra parte (quante anime belle in giro per l’ex Belpaese!).
Per questo e per molti altri motivi (primi fra tutti la lucidità e la scioltezza espositive) il pamphlet di Patrizio Gonnella sulla tortura in Italia si pone come "necessario": 28 capitoli-stazioni per indagare dal suo lato peggiore il concetto in sé di tortura, attraverso altrettante parole-cardine (Costituzione, Violenza, Indignazione, Impunità e spirito di corpo, etc.). Un’analisi coraggiosa e a tutto tondo, che interseca la violenza delle istituzioni, quella delle idee, delle leggi, degli abusi individuali. Il libro che non vedrete mai presentato nei salotti buoni delle tv di Stato e che DeriveApprodi manda in libreria come tassello ennesimo del suo nutrito catalogo contro-informativo. Quasi una bussola ideologica per anime nella corrente, per naviganti che hanno smarrito la rotta.
La tortura in Italia. Parole, luoghi e pratiche della violenza pubblica
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