La verità sui femminicidi
- Autore: Giulio Cesare Giacobbe
- Genere: Psicologia
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa da un marito, un compagno, un fidanzato, un ex o uno stalker. Dal 2000 sono oltre tremilacinquecento, la maggior parte in ambito familiare e più della metà per mano del proprio partner o di chi lo è stato. Tutti pazzi? Tutti affetti dalla mentalità maschilista patriarcale che sopravvive ancora nella nostra società? Secondo il maresciallo Lazzini - comandante immaginario della stazione dei Carabinieri di Stilo in Calabria - c’è qualcos’altro, si aggiungono motivazioni diverse. A maggior ragione, è così anche per Giulio Cesare Giacobbe, che illustra la sua tesi in un testo tra il saggio e la narrativa, tra il romanzo e il trattato pratico di psicologia, La verità sui femminicidi, edito dal marchio torinese Pathos in prima edizione a settembre (2022, 172 pagine).
Ottantaduenne genovese, Giacobbe è un professionista dei processi psichici individuali e collettivi ed è allo stesso tempo un autore noto di lavori accademici e di testi divulgativi, anche ironici e spiritosi, da Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita, del 1999, riedito e diventato bestseller nel 2003 a Come diventare bella ricca e stronza (2006) e Come smettere di fare la vittima e non diventare carnefice (2008).
Nella prefazione di La verità sui femminicidi, lo scrittore torinese Alessandro Orofino invita a non sottovalutare questo contributo, offerto da uno specialista in psicologia alla compressione e terapia del fenomeno del femminicidio, sempre più dilagante nella nostra comunità.
Lasciando da parte generalizzazioni e rappresentazioni superficiali da salotti televisivi, è il caso di mettere a fuoco le origini psicologiche e gli aspetti caratteriali. È di fatto esemplare il caso raccontato nella componente narrativa del libro: capire per prevenire, cogliere in anticipo i segnali e i disturbi di alcuni uomini per evitare che finiscano per commettere un omicidio ai danni delle loro partner.
Partendo da un omicidio-suicidio, Giulio Cesare Giacobbe propone una visione alternativa attraverso le indagini di un brigadiere sull’omicidio di una donna e del figlio, uccisi dal marito e padre.
Il maresciallo di Stilo è perplesso: i femminicidi non sono pochi in Calabria, ma nel piccolo borgo del Reggino è di certo il primo. Incarica il trentaduenne brigadiere Domenico Tallarida di indagare a fondo, mettendo a frutto la sua abilità investigativa, dimostrata in un’inchiesta per omicidio brillantemente risolta, che gli ha fatto guadagnare la recente promozione.
Anche il graduato è perplesso, ma per le ragioni opposte: gli sembra un evidente omicidio-suicidio, ci sarebbe poco da scoprire. Erano separati. Il marito, barbiere, viveva altrove. Il duplice delitto è stato commesso con un rasoio affilato. Ma il superiore non la pensa affatto così. È convinto che ci sia molto altro. Innanzitutto, “ammesso e non concesso” che sia stato il marito, occorre capire perché lo abbia fatto, scoprire le sue motivazioni e le circostanze del delitto, andare a fondo nelle indagini, superando le apparenze.
Il bravo brigadiere indaga sull’assassino, sulla sua vita prima e durante il matrimonio, sui genitori, il lavoro, la moglie, il rapporto coniugale, quello con il figlio. Poi, grazie alla collaborazione di una cugina residente al Nord, il consulto con uno psicologo genovese (Giacobbe stesso) consente di sviluppare un’ipotesi sulle cause scatenanti dei femminicidi, di concepire una strategia di prevenzione per le forze dell’ordine e di pensare a una terapia.
Il femminicida è un bambino mai cresciuto, nonostante l’avanzare dell’età. Non ha mai elaborato la dipendenza dalla madre, alla quale è rimasto legato.
Non è un marito, resta un figlio, anche della moglie. Non è un padre, perché resta un bambino e non sono suoi figli, ma fratellini che “la mamma” preferisce a lui, che ama più di lui. Questo può scatenare un processo mentale di gelosia e punizione quando si convince che la madre lo abbia tradito. Un “per sempre bambino” vuole la sua mamma dalla quale dipende la sua vita. Senza la mamma non può sopravvivere.
Chiosare la quarta di copertina non vorrà certo dire spoilerare. I bambini di venti, trenta, quarant’anni, uccidono. Per vendetta. Per vendicarsi dal fatto di essere stati abbandonati dalla donna che hanno eletto a loro mamma. E per gelosia. Uccidono i loro stessi figli che ha preferito a loro. Perché non sono mai diventati padri, non lo sono in nessun modo, restano bambini bisognosi di affetto, che nessuno vuole amare e a cui non resta che morire o andare in carcere. Compiendo questa loro strage pareggiano i conti e sono felici.
Non vi sono assassini più felici degli autori di femminicidio.
Si tratta quindi non solo di assicurare un colpevole alla giustizia, ma di anticiparne le mosse, impedendogli di portare a termine la sua azione. E non è facile, perché la legge non consente di tenere i partner aggressivi o gli stalker effettivamente a distanza dalle loro vittime. Lo Stato interviene solo a delitto compiuto, non a reato minacciato. La giustizia non persegue severamente la minaccia, ma muoversi quando il reato è compiuto è troppo tardi.
Occorrerebbe perciò isolare in anticipo un “bambino” assassino, riconoscere i sintomi. Quali essi siano, è il senso di questo libro.
La verità sui femminicidi
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