Laboratori critici. Given notes. Per Seamus Heaney
- Autore: Autori Vari
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Una rivista periodica di poesia è rivolta agli amatori, come accade a tutti gli altri generi di stampa specialistica che coinvolge i desideri, di tipo indotto oppure spontaneo, naturale, necessario. La poesia è un bisogno naturale, fa parte del nostro immaginare, creare connessioni mentali, affidarsi a intuito e visioni. Riunisce i tempi, è “qui e ora”, è memoria, ipotizza il futuro, scavalca la morte coltivando miti senza tempo. Dovremmo quindi “consumarne” tanta, ma ciò presuppone la libertà dello spirito, vagabondare nella bellezza, tenere desti i “perché”, lasciare spazio all’inutile, come voleva Oscar Wilde, nel senso che la poesia non genera un tornaconto monetizzabile.
La lettura di Laboratori critici - Rivista semestrale di poesia e percorsi letterari (Samuele Editore, anno III, 3° volume, pp. 144, maggio 2023) diretta da Matteo Bianchi, è un testo per i navigatori del mare in cui Dante sogna di trovarsi, trasportato “per incantamento”, in un vascello con gli amici Guido e Lapo e le donne, dove parlare d’amore, il legante necessario per vivere.
Il numero della rivista è dedicato quasi interamente a Seamus Heaney, premio Nobel 1995, il bardo irlandese scomparso dieci anni fa. Oltre ai redattori, hanno collaborato Irene De Angelis, Paolo Febbraro, Leonardo Guzzo, Andrea Longega, Michael Longley, Aldo Nove, Marilena Renda, Marco Sonzogni, Gian Mario Villalta.
Chi ha conosciuto l’irlandese, ha goduto della sua amabile propensione amicale, estroversione, affetto, generosità, sincera umiltà tipica dei grandi. Ne parla in questi termini Franco Buffoni, già suo studente a Cambridge nel 1986:
La sua poetica è profondamente intersecata a dati caratteriali di enorme disponibilità.
Quando Heaney seppe che il ragazzo era italiano, lo scelse come lettore personale di Dante, per imparare l’esatta sonorità degli endecasillabi in terzine. Ciò significa tornare felicemente al tempo arcaico della poesia orale, o a quella prima infanzia in cui il bambino identifica i suoni con le cose.
Di tale identificazione parola-mondo nella poesia e nelle traduzioni di Seamus si occupa Matteo Bianchi nell’editoriale.
Non posso non accostare questa unità ad alcuni versi di Borges, tradotti da Roberto Mussapi:
Ogni cosa è parola dell’Idioma / in cui qualcuno o qualcosa, notte e giorno, / scrive questo intreccio infinito / che è la storia del mondo. (La bussola)
Leonardo Guzzo si è occupato di ritradurre le traduzioni di Heaney dall’italiano all’inglese, nuovamente dall’inglese all’italiano. Sono testi di Dante, Pascoli, Luzi; Guzzo precisa che il traduttore, nelle numerose questioni relative allo stile, al lessico, al sentimento dell’autore, deve tenere sommamente conto dell’intenzione, farla sua, deve essere la sua. Sentirsi con lui a casa. Ed è appunto questo tema, Come a casa, On Home ground, il libro di Seamus Heaney con Pascoli tradotto e per noi ritradotto da Guzzo che Samuele Editore ha sfornato fresco di stampa.
Paolo Febbraro si interroga sul futuro dell’opera heanesiana. Verrà inghiottita dalla nostra decadenza? No, lei crede.
Alberto Fraccacreta centra il punto focale del nostro artista:
Il tema, forse par excellence, del poeta di Castledawson si innerva entro una simile prospettiva: trovare un aldilà confacente al proprio pensiero lirico (cfr. Heaney 2018) nel momento in cui si instaura il parallelo di origine modernista,
innescato da Eliot, con le forme e le strutture della classicità o anche solo del passato storico. North (1975) e Station Island (1984) sono lo sforzo di dedurre questo altrove nell’infera rivisitazione del lontano millenario e del tragico hic et nunc.
Ripetutamente vengono trattati i temi del rapporto con la natura, la campagna, assurte come simbolo di ciò che dura, a confronto con la morte e la dissoluzione continua degli eventi.
Accanto al più grande poeta irlandese della seconda metà del Novecento, si collocano Derek Mahon e Michael Longley. Se ne occupa Irene De Angelis. Longley è anche botanico e ornitologo, sa che se moriranno gli uccelli selvatici anche la nostra specie perirà. La trilogia dei poeti è caratterizzata da un misticismo inteso come unione con un fattore trascendente, ma essi non sono avulsi dalla realtà storica, dal doloroso trentennio di troubles, i guai, come viene eufemisticamente chiamata la lotta armata trentennale dell’Ulster per l’indipendenza dall’Inghilterra (1968-1999), contrassegnata da terrorismo ed estremismo, da cui il “triumvirato” prende le distanze.
Sul tema spinoso, Longley, l’unico dei tre ancora vivente, concede quattro poesie inedite al suo intervistatore, Daniele Serafini, una delle quali, Il funerale della lontra, probabilmente investita, di impatto emotivo molto forte, è metafora dei molti morti uccisi. Il povero animale è descritto con gli occhi vitrei aperti, le zampe contratte, icona di iperrealismo straziante. Del poeta è segnalata la silloge Il maestro del lume di candela e altre poesie (Oscar Mondadori).
Per passare ad altro, nella rivista non mancano diverse recensioni di poeti italiani e stranieri. Interessante la presentazione del libro dialettale Istà, “Estate”, del veneziano Andra Longega, a cura di Roberto Cescon.
Aldo Nove dialoga con Gisella Blanco sulla modernità di Elio Pagliarani e il suo libro La ragazza Carla nel quale l’autore, interprete di un io collettivo e nel contempo individuale, ambientato a Milano, metropoli industriale e mitteleuropea, mescola i generi letterari, poesia, prosa, cronaca, stralci filosofici (alla maniera di Joyce). È il classico flusso di coscienza”, non pensato da un singolo, vissuto quale stato sociale. È come una fotografia della città vista dall’alto.
Bianchi e Maria Borio si occupano delle forme poetiche del contemporaneo.
Chiude la carrellata una riflessione di Gian Mario Villalta sulle interrelazioni tra poesia ed economia, secondo lui non possibili (gli do ragione). Il poeta e critico affronta brevemente il tema spinoso della “Quarta rivoluzione industriale” di Schwabb, rivoluzione tecnologica che prevede il transumanesimo, l’interazione uomo-macchina. Constata la fine delle sovranità nazionali e la supremazia vampiresca della finanza globale. Che ne sarà del poeta, nel programmato futuro scenario robotico?
Intanto dovremmo rileggere in modo nuovo i classici, consiglia Villalta, per comprenderli nel linguaggio attuale e trovare una via d’uscita in cui la poesia non sia morta.
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