Le bianche braccia della Signora Sorgedahl
- Autore: Lars Gustafsson
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2012
Raccontare la propria vita, le proprie origini, il mondo in cui siamo cresciuti non è mai semplice, ma attraverso la scrittura è possibile comprendere meglio se stessi, compiendo un cammino di analisi e di ricerca interiore che svolge un ruolo terapeutico e al tempo stesso ci permette di rivivere le esperienze, le emozioni, i ricordi che altrimenti andrebbero perduti.
Lars Gustafsson è uno degli scrittori svedesi contemporanei di maggior fama ed ha una formazione sia matematica che filosofica notevole, essendo stato docente di storia del pensiero europeo ad Austin negli Stati Uniti d’America per tanti anni, prima di tornare in Svezia. Il libro "Le bianche braccia della Signora Sorgedahl" (titolo originale dell’opera "Fru Sorgedahls vackra vita armar" pubblicato in Svezia nel 2008 ed in Italia nel 2012 da Iperborea con la traduzione di Carmen Giorgetti Cima realizzato con il sostegno del programma "Cultura" della Commissione europea) è un romanzo autobiografico e di formazione molto particolare perché non è caratterizzato da una trama lineare, in quanto la vicenda si svolge attraverso un susseguirsi di ricordi, pensieri filosofici e riflessioni, ma non per questo risulta meno affascinante.
Il racconto si apre con l’autore che ipotizza di non essere mai esistito, nel caso in cui i suoi genitori bloccati dal freddo e dalla neve, non avessero mai preso l’autobus che li avrebbe condotti in una sera di febbraio in una sala luterana per una riunione della Congregazione Missionaria Svedese di Vasteras, luogo del loro primo incontro. L’io narrante non viene esplicitamente identificato con Lars Gustafsson, ma le analogie con la vita dell’autore sono molto evidenti.
Lo scenario in cui è ambientata la vicenda è la città di Vasteras, in Svezia, capoluogo della provincia del Vastmnland, nel centro della nazione, a nord-ovest di Stoccolma, il 3 giugno del 1953 quando si verificò realmente una straordinaria grandinata, la più grande avvenuta in estate nella storia in quel territorio, ma che l’autore sceglie di collocare nel luglio del 1954, quando il protagonista ha diciassette anni.
Il ricordo dell’ albero delle pere cannella nel giardino della casa un tempo appartenuta al lattoniere Westerberg, in una strada vicina alla sua abitazione a Vasteras, è la prima immagine che conta veramente per ammissione dello stesso autore.
Questa è la descizione che ne fa:
"Quello che importa davvero è l’albero delle pere cannella. Con il suo meraviglioso profumo di primavera. E i suoi rami pesanti, carichi di quelle piccole pere color ruggine. Che - sbucciate con cura, cotte, conservate con il loro sciroppo con un pò di cannella in ogni vasetto-, potevano dare realmente l’idea di un paradiso. Che non se non esisteva in questo mondo, esisteva però in qualche altro mondo possibile. E se esisteva in qualche mondo possibile, era comunque pensabile qui. In effetti è di quel paradiso che parla questa storia."
Il ricordo di questo albero così particolare è reso vivo dal ritrovamento che il protagonista fa molti anni dopo, da adulto, di un ricettario di sua nonna Tekla, dove si descrivono le pere cannella e il loro utilizzo e ciò riporta alla sua mente il sapore di questo frutto così esotico al punto da non sembrare appartenenti a questo mondo. L’autore descrive questa nonna e la sorella anch’esse appartenenti ad un altro mondo, per la precisione ad un ordine diverso, un "ordine spirituale più antico" per una straordinaria devozione cristiana, in particolare per la Chiesa Pentecostale, che il protagonista, ripensando alla sua adolescenza, continua a far fatica a comprendere.
L’ io narrante è un anziano professore svedese in pensione che vive in Inghilterra, ad Oxford e ricorda la sua adolescenza e giovinezza trascorsa in un bilocale con balcone, un elegante appartamento d’epoca, risalente alla fine dell’Ottocento, al terzo piano in cima a Oxbacken nella città di Vasteras. E’ una casa conosciuta come "Il Paradiso", che un ruolo tanto importante ha giocato nella sua vita, pur non avendoci mai abitato.
La casa apparteneva in un primo momento allo zio Fritz, un fratello della nonna paterna, e successivamente a varie persone, tra cui il professore di un liceo di Vasteras, Sture Westerberg, padre di Folke e Robert due amici del protagonista, a cui l’autore dedica un intero capitolo del libro.
In seguito, il professore lascia l’appartamento che, dopo essere stato affittato da altre persone, viene acquistato dai coniugi Sorgedahl, che non hanno figli e sono entrambi ingegneri. La donna attrae subito il giovane protagonista, pur essendo più grande di lui di ben vent’anni e diventa per lui un pensiero fisso da quando si offre di ospitare nella propria casa il gruppo di amici di cui lui stesso fa parte, che si riuniscono periodicamente per ascoltare e suonare musica, leggere e parlare di libri.
L’autore arriva a pensare che questi ricordi, per quanto lontani, siano frutto della sua immaginazione dal momento che per cinquant’anni non ricordava più di questa donna. Il libro, pur se malinconico e caratterizzato da una visione disincantata dell’esistenza, è di rara bellezza, perché le suggestioni, le emozioni e i sentimenti raccontati sono unici e rendono la lettura affascinante.
I personaggi descritti assumono una connotazione ben precisa secondo le indicazioni dell’autore, che apertamente dichiara le sue preferenze per l’uno o per l’altro. Tra questi da ricordare il cosmologo inglese Stanley Gibbs, collega all’università di Oxford, il quale sostiene che tutto ciò che è possibile prima o poi deve realizzarsi e che il tempo non ha una sola dimensione, ma è pluridimensionale. L’autore condivide quest’idea e ritiene, facendo riferimento alla cosiddetta teoria del nastro di Mobius, che non necessariamente esistono nelle cose due lati, come tale nastro che ha un lato sia esterno che interno, proprio come la nostra vita, quindi l’uomo è immortale nel senso che non può mai abbandonarla perché è destinato a dimorare per sempre in essa.
La signora Sorgedahl è il personaggio che muove tutta la vicenda e si distingue non solo per la bellezza caratterizzata dai lunghi capelli rossi e dalle morbide e bianche braccia, ma anche dal livello culturale superiore alla media delle donne del suo tempo, essendo capace di costruire un generatore di una centrale energetica o comunque lavorando in un reparto dove si costruiscono tali macchinari. Sposata, ma probabilmente insoddisfatta del suo matrimonio, originaria di un cantone non precisato della Svizzera dove si parla italiano, ha ereditato il cognome dal marito, svedese, che viene descritto come una persona poco interessante.
Tra lei e il protagonista nasce una simpatia: il protagonista ricorda una serata in sua compagnia, in cui riesce ad avere un contatto fisico con lei, che tuttavia rimane isolato. Il giovane adolescente considera quella la prima vera donna per la quale ha provato un’emozione forte, un sentimento ben diverso da quello provato per Ingela la figlia del Fonditore, vicina di casa e sua coetanea, con la quale fa le sue prime esperienze.
I già citati zio Fritz, professor Sture Westerberg e nonna Tekla sono tutti legati alle case dove ha passato gli anni più importanti della sua infanzia e della sua adolescenza, descritte con ricchezza di particolari, luoghi indimenticabili per la loro atmosfera e i loro oggetti unici.
Molto bella è l’immagine dei libri in edizione antica e rilegati di vari scrittori svedesi conservati in una libreria di vetro nell’appartamento al terzo piano della casa "Il Paradiso", al tempo in cui era abitata dallo zio Fritz, in particolare quelli di poesie di Johan Olof Wallin, un arcivescovo luterano vissuto tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, noto in Svezia soprattutto per i suoi inni religiosi. Il protagonista si domanda come si sentisse l’autore di queste poesie nel buio della libreria senza che nessuno leggesse le sue opere.
L’opinione nel libro che il vecchio professore in pensione ha dei suoi genitori non è particolarmente buona anche dopo tanti anni. Il padre si insinuava, a giudizio del protagonista, troppo nella sua vita privata, per nascondere la mancanza di una propria. La madre, troppo presa dai suoi doveri e dai suoi racconti legati alla sua infanzia, viene criticata per non essersi mai interessata alla vita interiore di suo figlio, anche se egli ammette di essere forse troppo ingiusto nei suoi confronti.
Proprio i racconti della madre occupano diversi tra gli ultimi capitoli del libro e sono tra le parti più belle dell’opera come quello della misteriosa fanciulla che si offre di riparare un antico organo a canne dell’Ottocento della chiesa di Haraker. Il piccolo centro è insieme a Norrheden, dove si trova la fattoria dei genitori del ragazzo e Ramnas, e ad altre piccoli comuni o località del Vastmanland o altre province della Svezia affascinante cornice di un ambiente rurale d’altri tempi, ricco di gente semplice, ma di sani principi e di una straordinaria religiosità.
L’autore dichiara per bocca del suo narratore che non ha bisogno di tornare in Svezia e preferisce rimane all’estero.
"Mi muovo come un vecchio sciamano groenlandese che da tempo ha imparato l’utile arte di liberare l’anima dal corpo e di mandarla in giro per il mondo."
Inoltre sostiene:
"La Svezia è un paese straordinariamente arcaico dove i cambiamenti avvengono con una lentezza geologica."
Si tratta di un libro fuori dal comune in cui tra filosofi, musicisti e scrittori citati, si mescola la vita della gente comune nei ricordi giovanili forse un po’ struggenti, ma preziosi e speciali di un uomo anziano che ripensa alla sua vita in un concentrato di emozioni, riflessioni e sentimenti descritti mirabilmente.
Lars Gustafsson dimostra di essere un grande autore e indipendentemente che si sia in sintonia o meno con la sua visione della vita, il libro è un invito ad una riflessione sul valore dei ricordi e delle esperienze responsabili della formazione della nostra coscienza.
Le bianche braccia della Signora Sorgedahl (Narrativa)
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