La ricetta del dottor Wasser
- Autore: Lars Gustafsson
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2017
I romanzi di Lars Gustafsson si prestano a interpretazioni fratte. C’è l’evidenza della storia principale ma c’è anche il sotto-testo sottile, frastagliato, prossimo alle profondità intellettuali più di quanto non appaia a prima vista. Succede solo nei libri dei grandi romanzieri, ai romanzieri dotati di shining, di sguardo altro e acutissimo: Lars Gustafsson lo è stato senza dubbio. Il suo ultimo “La ricetta del dottor Wasser” (Iperborea, 2017) conferma l’assioma, parola per parola.
La trama è riassumibile in una manciata di righe (un oscuro manovale di un altrettanto oscuro paesino del Västmanland, per una serie di fortuite circostanze “ruba” l’identità a un promettente luminare della scienza medica e va avanti così – da impostore – per il resto della vita).
Sui significati denotativi del romanzo si potrebbero invece spendere reiterate riflessioni, inerenti per esempio ai concetti di etica, senso ontologico. E di identità, naturalmente. Con “Il fu Mattia Pascal” ci aveva del resto già pensato Luigi Pirandello: sempre ammesso che esista, il senso della vita risulta spesso sfuggente, possibile rintracciarlo in una rivoluzione esistenziale (uno scambio di vite) che rappresenti il grado zero e insieme un potenziale punto di ripartenza. Per dirla con le parole del finto professor Wasser del romanzo, ormai ottantenne e in sede di bilancio:
“La vita un senso non ce l’ha, però glielo si può dare. Forse è quel che ho fatto”.
Editato poco prima della morte di Gustafsson, “La ricetta del dottor Wasser” è un racconto parabolico acutissimo, che rovescia le fratture intrapsichiche pirandelliane (anche in “Uno, nessuno e centomila”) moltiplicando all’ennesima potenza le risorse vitalistiche di un io plastilinico, adattabile, coeso alla vita (propria o dell’altro?). Al punto da far sì che l’io-narrante si reinventi seduttore, conferenziere, luminare dei disturbi del sonno e persino campione di concorsi di enigmistica, da gommista a lavavetri all’ospedale di Uppsala che era. Metafora di una vita in cui la menzogna è assurta alla vita stessa. O se non altro alla sua rappresentazione. L’anima dite?, una mera contingenza. Nell’efficace traduzione di Carmen Giorgetti Cima, il romanzo è da non perdere.
La ricetta del dottor Wasser
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