Le donne della notte
- Autore: Marlon James
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Frassinelli
- Anno di pubblicazione: 2016
Marlon James è un nome nuovo tra i romanzieri ma farà parlare tanto di sé. Non occorre essere dei talent scout per scommettere su di lui, basta sfogliare il romanzo che lo ha proposto all’attenzione mondiale: “Le donne della notte”, pubblicato in Italia da Frassinelli a ottobre 2016 (pp. 442, euro 20,00). Uscendo in edizione inglese nel 2009, seguiva un non facile esordio narrativo, con “Il Diavolo di John Crow” (edito in Italia da Baldini & Castoldi, 2008) che prima di uscire nel 2005 aveva collezionato un’ottantina di rifiuti da parte degli editori. Terzo romanzo di Marlon James in sequenza cronologica è poi il premiato “Breve storia di sette omicidi” (Frassinelli, 2015), quello della definitiva consacrazione.
Insegna inglese e scrittura creativa nell’Università del Minnesota. E fin qui niente di insolito per uno scrittore. Ma che dire della sua origine giamaicana, così eccentrica rispetto al cliché del classico autore di lingua anglosassone? E dell’abbondante chioma acconciata alla maniera rasta? Va detto che la capigliatura non stona affatto con l’incarnato afro. Discende dagli schiavi di colore che lavoravano per i coloni britannici approdati sulle isole caraibiche. È nato a Kingston, nel 1970 e vive tra il luogo d’origine, l’ateneo dove lavora e New York.
Marlon James scrive bene, dannatamente bene, con una incisività che deriva anche dal voler denunciare senza piagnistei la condizione penosa dei suoi antenati, rapiti in Africa, deportati attraverso l’Atlantico, costretti a subire una condizione subumana che li privava della stessa natura umana. Le donne addirittura erano due volte schiave, come manodopera non retribuita e come oggetto sessuale.
Questo scrittore fisicamente solido e mentalmente motivato è uno tosto, va diritto allo scopo, non evita espressioni forti e racconta storie dure, situazioni senza misericordia, vicende di schiavitù in cui la pietà è morta prima di nascere e la solidarietà è un’eccezione, non la regola.
“Ogni giorno della vita di uno schiavo è colorato di rosso”.
Perché ogni giorno per uno schiavo può essere un giorno di sangue, sotto i colpi di frusta, di staffile, di scure.
Lilith è l’unica nata nella piantagione nel 1785, ha la pelle più scura della mezzanotte ma gli occhi verdissimi. Nascendo, ha ucciso la madre, morta maledicendo la figlia e il padre. Troppo il sangue perso nel parto e il dolore sofferto. E quella piccola mamma nera non aveva ancora quattordici anni.
Appena nata, le altre donne guardavano con paura quelle pupille che illuminavano la stanza. L’avrebbero abbandonata nella selva, ma il sovrintendente della Tenuta Montpellier l’ha affidata a Circe, l’unica schiava che non lavora e vive in una capanna non di fango ma di legno (i suoi compiti sono diversi…).
Lilith cresce agile e forte, molto più veloce e risoluta dei maschi, li batte in tutti i giochi, anche quando fanno a botte. È sveglia, anche troppo per una negretta scura come la pece, ma con le gambe troppo lisce e i capelli troppo lanosi per una schiava e due labbra piene e occhi che sembrano rubati a una bianca.
A quattordici anni, arriva l’età in cui i bimbi dei bianchi non giocano più con quelli dei neri e le bambine non stanno più con i maschi. Solo adesso Lilith impara cosa significa essere neri e schiavi. Vorrebbe non crescere, restare bambina, ma il corpo è suo nemico.
Nella tenuta, ci sono trentatrè neri per ogni bianco, troppi da controllare, così i padroni hanno incaricato quattro o cinque schiavi di fare i guardiani e di farli rigare. È gente che si sente al disopra e vanta ogni diritto sugli altri poveri neri, soprattutto sulle donne. Uno di questi tipi, Paris, raggiunge Lilith per violentarla ma lei gli rovescia addosso un paiolo di tè bollente e lo finisce a colpi di machete. Tocca alle schiave più anziane e meno occupate risolvere il caso, fanno sparire il corpo e nascondono la ragazza in cantina.
Tutti la cercano, ma il segreto regge. Impara anche a leggere, grazie ad un raro libro, custodito dalla volitiva Homer (in quella tenuta era abituale dare agli schiavi nomi di origine omerica).
Riesce a scampare alle ricerche e finisce per essere associata ad una setta, una sorellanza di schiave, tutte unite da un tratto fisico comune, un legame la cui origine non si farà fatica a comprendere ed ha a che fare con qualcuno in quella piantagione.
Sono unite nel più stretto segreto, ma dopotutto innocue agli occhi di Lilith, che medita una ribellione. A Santo Domingo, sempre nelle Indie Occidentali, i neri si sono rivoltati, hanno ucciso, incendiato e uno di loro, L’Ouverture, si è messo a comandare su tutta l’isola. E i britannici hanno rinforzato il contingente di soldati in Giamaica, sono arrivate altre giubbe rosse, un intero reggimento è accampato a venti miglia dalla tenuta Montpelier.
Anche per questo, la rivolta di Lilith dovrà superare ogni altra, dovrà essere una rivoluzione! E lo sarà: un’esplosione di violenza omerica.
Le donne della notte
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