Le figlie perdute della Cina
- Autore: Xinran
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2011
“Hai mai sistemato una bambina? Chiede insistentemente una contadina del villaggio alla giornalista Xinran, durante l’intervista.” (note di copertina)
Xinran, giornalista, scrittrice cinese, da anni residente a Londra, che durante la Rivoluzione culturale è stata costretta a vivere lontano da sua madre, ascolta la storia della contadina come centinaia di altre tristi storie della terribile fine di milioni di bambine in Cina. L’abbandono delle bambine appena nate è tuttora una pratica diffusa in questo paese complici la ristrettezza economica di molte famiglie contadine, una legge vigente da oltre trent’anni sulla pianificazione delle nascite, che ha imposto un figlio solo, meglio se maschio, ma anche il boom economico che ha diffuso una liberalizzazione dei costumi e un aumento di aborti clandestini.
Se nasci femmina in Cina, le tue possibilità di vita sono minime e sono legate solo all’adozione da parte di una famiglia occidentale, se sei riuscita a sopravvivere dopo essere stata abbandonata fuori di un ospedale o un orfanotrofio, chi non riesce muore di freddo, di stenti, o ancor peggio le è tolta anche quell’unica possibilità di vita, è soppressa alla nascita: affogata in una vasca, presa a calci, buttata da una rupe, strangolata, posta su un binario di treno.
Avere più di un figlio in Cina per molti anni significava perdere il lavoro, la casa, il diritto alle razioni alimentari, al servizio scolastico. A questo si aggiunge che da oltre duemila anni vige una legge che solo attraverso i figli maschi, il nome e la terra di proprietà del clan sono ereditati e la superstizione che abbandonare una figlia preserva in futuro la famiglia dalle disgrazie.
Tra le tante storie che Xinran ha ascoltato, dal 1989 al 1997 nel periodo che ha lavorato a Nanchino in una radio libera, e ha viaggiato per tutta la Cina, ne ha scelte dieci e le ha raccolte in “Le figlie perdute”, pubblicato dalla Longanesi nel 2011. Un libro testimonianza che denuncia apertamente all’occidente il gendercidio perpetrato in Cina e mantiene vivo il ricordo delle bambine cinesi agli orientali. Tra le storie raccapriccianti, quella di Waiter, una madre straziata dal dolore, che a ventidue anni studentessa universitaria si rende conto di essere incinta, senza essere sposata, subito è abbandonata dal ragazzo, ripudiata dalla famiglia, espulsa dalla scuola, non riesce ad abortire e dà alla luce aiutata da una dottoressa una meravigliosa bambina a cui dà il nome Mei, finiti i pochi soldi, e non trovando lavoro è costretta ad abbandonarla davanti a un orfanotrofio. Waiter non ritroverà più sua figlia e la sua vita sarà sempre oppressa dalla colpa di averla abbandonata.
In un’altra testimonianza, Xinran è a tavola con una famiglia contadina, che le offre frittelle di patate dolci e zuppa di amido, mentre la giovane nuora sta partorendo nell’indifferenza di tutti. La levatrice che la assiste butta il feto di sesso femminile in un secchio di acqua sporca, Xinran va per salvarla ma è bloccata dal poliziotto che la accompagna nel suo giro d’interviste e l’anziana suocera le spiega che le bambine in quell’angolo di Cina non contano, per loro non si ricevono razioni di grano, non si hanno pezzetti di terra, non si brucia incenso al tempio e aggiunge le loro madri hanno tutte lo strazio nel cuore.
Ci sono storie
- di levatrici che hanno ucciso o salvato bambine;
- di donne che tentano più volte il suicidio, come Kumer, perché non si perdonano e si chiedono sempre “ perché le mie figlie non hanno potuto vivere?";
- delle guerrigliere delle nascite, donne che si avventurano di città in città per trovare qualcuno che adotti le loro figlie e se non ci riescono le abbandonano;
- di orfanotrofi di un’intollerabile tristezza, dove sono racchiuse centinaia di bambine dimenticate dalla società.
La maggior parte delle donne in Cina, afferma Xinran, per un lunghissimo tempo ha desiderato solo due cose: non dare alla luce una bambina e non rinascere donna nella vita successiva. La giornalista riesce a ricevere le confidenze di tante cinesi ritrose per carattere, persone che non avrebbero svelato nulla del loro passato, entrando in empatia con loro grazie al suo tatto ma anche grazie all’aver imparato il loro stesso dialetto.
Xinran ha fondato nel 2004 The Mothers’ Bridge of Love, un’associazione che crea un ponte tra le madri cinesi e le orfane adottate da famiglie straniere.
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