Le guerre d’Italia 1494-1559
- Autore: Marco Pellegrini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2017
Francia o Spagna, basta che se magna. Alla fine però fu la seconda ad aggiudicarsi gran parte dell’Italia, dopo un mezzo secolo abbondante di conflitti nella penisola del XVI secolo. Marco Pellegrini, docente di storia moderna e rinascimentale nell’Università di Bergamo, affronta il braccio di ferro tra iberici e transalpini che incendiò il Bel Paese fino ad oltre metà del 1500, nel volume “Le guerre d’Italia 1494-1559”, pubblicato a settembre 2017 dalle edizioni il Mulino di Bologna, nella collana Le vie della civiltà (pp. 264, euro 19,00).
Dalla fine del secolo precedente fino alla pace di Cateau-Cambrésis, gli eserciti di Madrid e di Parigi sciamarono in terra italica, scatenando una interminabile scia di battaglie, coi sovrani pro tempore alla testa (in particolare Carlo VIII e Francesco I per la parte gigliata, Carlo V d’Asburgo per quella imperiale). Furono le “guerre horrende”, come le ha chiamate Niccolò Machiavelli per i disastri che provocarono e lo spargimento di sangue di soldati e civili. Finirono per cambiare il volto geopolitico dell’Italia, sopprimendo Signorie e Repubbliche (Firenze e Siena su tutte), mettendo in difficoltà il Papato e ridimensionando i possedimenti di Venezia. La Serenissima si disimpegnò in un complicato valzer di scontri, alleanze e neutralità, rimettendoci però il controllo delle città pugliesi e arretrando sul confine lombardo.
La pace conclusa nel 1559 sancì il dominio spagnolo nel Mezzogiorno e quel largo cinquantennio di eventi definì l’assetto dell’Italia per i tre secoli a venire, fino addirittura al Risorgimento, con l’intermezzo napoleonico a cambiare tutto perché tutto tornasse com’era.
Carlo VIII aveva solo ventiquattro anni - era salito sul trono a tredici - quando decise di impegnare tutte le risorse del Regno di Francia per riconquistare il Sud d’Italia, vantando diritti per i Capetingi fondati sulla discendenza da Maria Valois, la nonna paterna, figlia del re di Napoli Luigi D’Angiò e regina consorte dal 1422 al 1461 di Carlo VII, consacrato sul trono da Giovanna d’Arco.
Uno degli aspetti sorprendenti era che né l’uno né l’altro dei Regni contendenti poteva vantare un’identità statale consolidata, entrambi erano stati sovrani neonati.
La Francia era passata nel giro di pochi dalla condizione di Paese invaso a quella di invasore, avendo completato un rapido e straordinario rafforzamento del proprio apparato amministrativo e militare. La guerra dei cent’anni, che l’aveva affrancata dalla dominazione inglese, si era conclusa vittoriosamente solo nel 1453.
Quando ci si riferisce alla Spagna, poi, occorre rammentare che si allude all’allora recente unione dinastica di Castiglia e Aragona, i maggiori Stati cristiani dei cinque in cui era divisa la penisola iberica medioevale. Col matrimonio, i rispettivi sovrani Isabella e Ferdinando assunsero nel 1496 il titolo di Re cattolici per privilegio papale. Prima avevano dovuto affrontare lunghe guerre civili e la campagna di Reconquista del Sud in mano ai “mori”, per cui uno degli obiettivi più perseguiti nella la loro sovranità congiunta era stato il rafforzamento di un numeroso esercito nazionale, reclutato con la coscrizione obbligatoria di una quota costante della popolazione.
Il conflitto per l’Italia non fu però solo il frutto di un desiderio di espansione, nacque sulla base dell’ostilità tra visioni confliggenti dell’Europa e del suo futuro, tanto di natura politica e religiosa che in relazione al mondo al di là del vecchio continente, uno scenario che si andava allargando alle nuove terre scoperte oltre Atlantico.
Al di là delle battaglie, con alterne vicende, favorevoli infine agli stendardi iberici, chi pagò uno scotto pesante furono gli italiani, in armi e non, soldati di ventura, contadini o abitanti di città, rocche e castelli. La strategia di aggressione totale adottata dalle armate transalpine divenne la proverbiale “furia franzese”, un modo sanguinario di condurre la guerra che non risparmiava la popolazione civile, sulla quale i guerrieri infierivano col proposito di seminare il terrore. Quanto ai combattenti nemici, l’univa sorte degli sconfitti era lo sterminio: alla fine di una battaglia vinta non si facevano prigionieri da riscatto e non si lasciava vivo nessuno, tanto meno i feriti.
In tema di sofferenze delle popolazioni, non va dimenticato che il nerbo delle armate imperiali era costituito dai Lanzichenecchi, mercenari tedeschi, luterani in terra cattolica, soldati di mestiere sanguinari, avidi di bottino e di violenza. Non a caso, nel corso di queste guerre in Italia si consuma il tremendo Sacco di Roma, nel 1527. Tra morti e profughi la popolazione della Città Eterna perse trentamila unità, sul totale stimato allora in cinquantamila.
Un’ultima annotazione: dal travaglio del conflitto, Casa Savoia uscì con le ossa sane, tutto sommato. Il Piemonte le venne restituito. I germogli del nostro Paese non vennero recisi. Buon per noi posteri.
Le guerre d'Italia 1494-1559
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