Nella storia della letteratura troviamo poesie memorabili non dedicate ad amanti o muse ideali e irraggiungibili, ma ai figli, nucleo originario di un amore totale e irrazionale che sconfina nel mistero profondo della vita come ci ricorda Pablo Neruda rispondendo, da padre, all’enigmatica domanda: “Sai da dove vieni?”.
Non esiste mestiere più difficile di quello di genitore, lo sapeva bene Natalia Ginzburg che dedicò all’argomento un memorabile saggio, Le piccole virtù.
In poche righe Ginzburg riassumeva tutta la complessità dell’essere genitori, la difficoltà di trovare un equilibrio tra l’affetto e l’esempio, come mostra nell’accorato appello che inizia con l’enunciazione “I nostri figli”:
I nostri figli. Siamo là per consolarli se un insuccesso li ha addolorati, siamo là per fargli coraggio se un insuccesso li ha mortificati (...) siamo anche là per fargli abbassare la cresta se un successo li ha insuperbiti.
Natalia Ginzburg concludeva la sua dissertazione con una frase formidabile:
L’amore alla vita genera amore alla vita.
Le più belle poesie dedicate ai figli
Ciò che deve più stare a cuore ai genitori nell’educazione dei figli, sosteneva Ginzburg, è che non venga mai meno in loro l’amore per la vita. Questo amore, questo attaccamento, è stato narrato anche da altri scrittori e poeti. Kahlil Gibran, nel celebre brano I figli, riprendeva una teoria simile a quella espressa da Natalia Ginzburg: la scrittrice corsara si definiva un trampolino, un punto di partenza, ricordando che i figli “bisogna lasciarli germogliare quietamente fuori di noi”. Allo stesso modo la pensa Gibran, “i vostri figli non vi appartengono” dice, e usa la metafora dell’arco e delle frecce per descrivere il mestiere genitoriale: il genitore è semplicemente l’arco da cui viene scoccata la freccia, destinata ad andare lontano.
Nella poesia del filosofo bengalese Tagore, invece, attraverso la maternità viene indagato l’eterno mistero dell’origine della vita che si conclude in un universale inno all’amore.
Le lettere ai figli scritte dal poeta turco Nazim Hikmet e dal premio Nobel Rudyard Kipling sono, al contempo, testamenti spirituali e comandamenti di vita: il figlio viene visto come futuro, prosecuzione del proprio cammino e di quello dell’intera umanità.
Ada Negri, poetessa dimenticata del nostro Novecento, nella lirica Il bambino abbandonato ci ricorda che la maternità non è solo quella biologica e che la genitorialità è fatta, in primo luogo, di impegno e cura.
Strazianti le liriche di Giuseppe Ungaretti e Giosuè Carducci dedicate ai figlioletti scomparsi, Antonietto e Dante: ci rammentano che nella lingua italiana non esistono parole per definire un genitore che perde un figlio, si tratta di un evento così innaturale che non trova corrispettivo nel linguaggio, i più grandi poeti italiani, però, hanno trovato le parole per dirlo.
Ci sono vari modi di essere figli e vari modi di essere genitori, le poesie che seguono provano a raccontarli indagando le sfumature di un rapporto complesso come la vita. Alda Merini nella poesia dedicata al figlio mette in luce l’oscurità che pervade un rapporto profondo, intimo, esclusivo che tuttavia prevede una naturale separazione, un certo numero di silenzi, omissioni, segreti: “ti ho guardato a lungo, ma non ti ho mai conosciuto”.
Questi testi, queste poesie ci ricordano soprattutto una grande verità: che si rimane figli per sempre, a dispetto di ogni tentativo di emancipazione o allontanamento, non importa quanto siamo cresciuti o ci riteniamo adulti, c’è un amore cui non possiamo sfuggire e che lascerà una traccia in noi per sempre.
I figli di Kahlil Gibran
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa.
Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono.Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri.
Perché essi hanno i propri pensieri.Potete offrire dimora ai loro corpi,
ma non alle loro anime.
Perché le loro anime abitano la casa del domani,
che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.Potete sforzarvi di essere simili a loro,
ma non cercare di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati.
L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane.Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere.
Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo.
Maternità di Rabindranāth Tagore
Da dove sono venuto?
Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo
e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore, bambino mio,
tu eri il suo desiderio.Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
e mentre contemplo il tuo viso,
l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato
il tesoro del mondo nelle mie esili braccia?
Il figlio di Pablo Neruda
Sai da dove vieni?
… vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.Così venisti al mondo.
Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.
Così venisti al mondo.Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.
Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.
“Se”. Lettera al figlio di Rudyard Kipling
Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
l’hanno persa e danno la colpa a te,
se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell’attesa,
o essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
o essendo odiato, non dare spazio all’odio,
senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;Se puoi sognare, senza fare dei sogni i tuoi padroni;
se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo scopo,
se sai incontrarti con il Successo e la Sconfitta
e trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui,
o guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
e piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.(...)
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!
Testo e analisi qui: Le strazianti poesie di Rudyard Kipling dedicate alla memoria del figlio John.
A mio figlio di Alda Merini
Ti ho generato col solo pensiero figlio
e non sei mai sceso nel mio corpo come una buona rugiada.
Però sei diventato un’ape laboriosa, hai fecondato tutto il mio corpo
e a mia volta son diventato tuo figlio, figlio del tuo pensiero.Forse, quando morirò, partorirò tutta la dolcezza che mi hai messo nel primo sguardo
perché figlio, ti ho guardato a lungo, ma non ti ho mai conosciuto.
Figlio figlio mio sognato, figlio ti ho solo pensato
non sei mai sceso nel corpo come una buona rugiada
ti ho guardato a lungo, ma non ti ho conosciuto mai.
Forse la mia ultima lettera a Mehmet di Nazim Hikmet
Da una parte
gli aguzzini tra noi
ci separano come un muro
d’altra parte
questo cuore sciagurato
mi ha fatto un brutto scherzo
mio piccolo, mio Mehmet
forse il destino
m’impedirà di rivederti.(...)
Non ho paura di morire, figlio mio;
però malgrado tutto
a volte quando lavoro
trasalisco di colpo
oppure nella solitudine del dormiveglia
contare i giorni è difficile
non ci si può saziare del mondo
Mehmet
non ci si può saziare.Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure in villeggiatura
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all’uomo. Ama la nuvola la macchina il libro
ma innanzi tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che si spegne
dell’animale infermo
ma innanzitutto la tristezza dell’uomo.(...)
Tu, da noi, col tuo popolo
costruirai il futuro
lo vedrai coi tuoi occhi
lo toccherai con le tue mani. Mehmet, forse morirò
lontano dalla mia lingua
lontano dalle mie canzoni
lontano dal mio sale e dal mio pane
con la nostalgia di tua madre e di te
del mio popolo dei miei compagni
ma non in esilio
non in terra straniera
morirò nel paese dei miei sogni
nella bianca città dei miei giorni più belli.Mehmet, piccolo mio
ti affido
ai compagni turchi
me ne vado ma sono calmo
la vita che si disperde in me
si ritroverà in te
per lungo tempo
e nel mio popolo, per sempre.
Il testo completo qui: Forse la mia ultima lettera a Mehmet.
Giorno per giorno di Giuseppe Ungaretti
In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio...E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!...
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio...Passa la rondine e con essa estate,
E anch’io, mi dico, passerò...Ma resti dell’amore che mi strazia
Non solo segno un breve appannamento
Se dall’inferno arrivo a qualche quiete...
Il testo completo qui Giorno per giorno di Giuseppe Ungaretti.
Pianto antico di Giosuè Carducci
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
Il testo completo qui: Pianto antico di Giosuè Carducci.
Un bimbo abbandonato di Ada Negri
Se nel crocicchio d’una via deserta
o in mezzo al mondo gaio e spensierato
incontraste un bambino abbandonato,
pallido il viso e la pupilla incerta,
che d’una madre il bacio ed il consiglio
abbia perduto, e pianga su una bara
la memoria più santa e la più cara.
oh, portatelo a me!
.... Sarà mio figlio.
Io lo terrò con me, per sempre. A sera
gli metterò le sue manine in croce,
con lui, per lui dicendo a bassa voce
de’ miei anni più belli la preghiera.
La parola che eleva e che conforta
io gli dirò con placida fermezza;
la gelosa e veggente tenerezza
avrò per lui de la sua mamma morta.
Io gli dirò che la vita è lavoro,
gli dirò che la pace è nel perdono;
di tutto ciò che è giusto e grande e buono
farò nella sua mite alma un tesoro.
Mentr’io declinerò verso l’oblìo,
e avrò la cuffia e metterò gli occhiali,
ei salirà, lo spirito agl’ideali,
le braccia alla fatica e il cuore a Dio.
Ritratto della mia bambina di Umberto Saba
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi color del cielo
e dell’estiva vesticciola: «Babbo
– mi disse – voglio uscire oggi con te».
Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.
Il grande mistero della vita nella poesia di Umberto Saba infine si discioglie nella nuvola soave e impalpabile dell’infanzia, in due occhi trasparenti che hanno il colore del cielo. Il poeta paragona la sua bambina alle cose immateriali, per natura “leggere e vaganti”, e attraverso le sue metafore ci ricorda ciò che sono innanzitutto i figli per i genitori: “promesse”.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le più belle poesie dedicate ai figli: da Neruda a Ungaretti
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia News Libri Storia della letteratura Kahlil Gibran Pablo Neruda Giuseppe Ungaretti Umberto Saba
Lascia il tuo commento